Xenofobi, antisemiti e a caccia di consensi: AfD cresce in Germania Commento di Paolo Valentino
Testata: Corriere della Sera Data: 07 luglio 2023 Pagina: 14 Autore: Paolo Valentino Titolo: «Xenofobi, antisemiti e vincenti. Il boom dell’AfD spaventa la Germania»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/07/2023, a pag.14 con il titolo 'Xenofobi, antisemiti e vincenti. Il boom dell’AfD spaventa la Germania' l'analisi di Paolo Valentino.
La diga ha ceduto due volte in meno di un mese. La prima a Sonneberg, pittoresco centro della Turingia, fin lì famoso solo per la produzione di orsacchiotti di pelouche, dove il candidato di AfD, Robert Sesselmann, è stato eletto sindaco di un importante consiglio distrettuale con quasi il 53% dei voti. La seconda la scorsa settimana a Raguhn-Jessnitz, un villaggio di 10 mila abitanti in Sassonia-Anhalt, che si è scelto un borgomastro del partito di estrema destra nazionalista. In entrambi i casi, è stato inutile il tentativo di tutte le altre forze politiche di sbarrarle la strada, facendo convergere i loro voti sul candidato alternativo. Piccole nelle loro dimensioni, le due vittorie elettorali di Alternative für Deutschland producono già un impatto enorme sulla politica tedesca. Non solo perché le danno per la prima volta concreti poteri amministrativi, a Sonneberg anche quello di accogliere o meno i migranti, ma anche perché segnalano qualcosa di molto più profondo. I sondaggi nazionali dicono che, se si votasse domenica, AfD avrebbe il 21% dei consensi, seconda solo alla Cdu-Csu (in calo, con un vantaggio di soli 5 punti) e davanti al partito del cancelliere, la Spd, accreditata del 19%. Di più, in Turingia, Brandeburgo e Sassonia, i Länder dell’Est dove il prossimo anno si rinnovano i Parlamenti regionali, il partito è dato al primo posto, intorno al 30%. Nel panorama variegato e in movimento dell’estrema destra in Europa, AfD è un caso a parte. In primo luogo, perché siamo in Germania, dove ogni rigurgito ultranazionalista evoca i fantasmi della Storia: «Una scelta pericolosa», ha definito il voto in Turingia Charlotte Knobloch, presidente della comunità ebraica di Monaco. Secondo perché, mentre altrove si assiste a svolte vere o presunte in senso moderato, nella Repubblica Federale il successo nelle urne coincide con una inquietante radicalizzazione, fatta di xenofobia, odio anti islamico e sconfinamenti neppure tanto velati nell’antisemitismo. Un nome per tutti, quello dell’ex insegnante di Storia Björn Hocke, leader della Turingia e vero centro del potere interno, che nei suoi discorsi attinge regolarmente al vocabolario delle SA naziste. Al punto che, come avviene già per AfD nel suo Land, è anche personalmente nel mirino dell’Ufficio per la protezione della Costituzione, che vuole metterlo sotto sorveglianza in quanto potenziale pericolo per la democrazia. L’ascesa di AfD getta letteralmente nel panico la classe politica tedesca, che ribadisce senza eccezioni il rifiuto totale a ogni alleanza o accordo, ma non sa andare oltre. La Süddeutsche Zeitung parla di «disperazione» e «capitolazione». I partiti democratici si danno a vicenda la colpa di quanto succede. L’idea di mettere fuori legge Alternative für Deutschland, rilanciata da alcuni esponenti della Cdu e dei Verdi, tradisce una totale assenza di proposte e progetti da offrire agli elettori, in apparenza sedotti dalle sue illusorie e pericolose ricette, ma che in realtà esprimono soprattutto protesta e preoccupazione. Sul banco degli imputati per il successo di AfD è infatti in primis la coalizione del semaforo guidata da Olaf Scholz, lacerata al suo interno e protagonista di decisioni impopolari e cervellotiche in tema di risparmio energetico, come quella che avrebbe obbligato tutte e famiglie tedesche entro breve tempo a sostituire gli scaldabagni con costose pompe di calore. Modificata in corsa, la legge è stata ieri dichiarata incostituzionale dalla Corte di Karlsruhe, perché troppo affrettata e non discussa adeguatamente nel Bundestag. Ad alimentare ulteriormente paure e insicurezza, il ritorno dell’inflazione, eterna ossessione tedesca; la contrazione dell’economia tecnicamente già in recessione e l’aumento del numero di immigrati a livelli mai visti dal 2015. «Noi abbiamo aggravato le ansie delle persone», ammette il leader della Spd Lars Klingbeil. Che poi il populismo estremista di AfD voli alto soprattutto nelle regioni dell’Est, è l’ennesima conferma della profonda faglia che spacca la Germania, più di 30 anni dopo la riunificazione. «La gente dell’Est — dice Klaus Dörre, che insegna Sociologia economica all’Università di Jena — si sente tre volte sottovalutata: come soggetti economici, come Ossies e come persone». È sull’insicurezza, la rabbia e il senso di esclusione sociale innescati dalla guerra in Ucraina e dalle sue conseguenze economiche, che AfD ha puntato le sue carte nei Land dell’ex Ddr. «Penso — dice Bodo Ramelow, premier della Turingia e unico governatore della Linke — che occorra ridefinire lo spirito dell’unità della Germania, portando con noi i tedeschi dell’Est, invece di alimentare l’impressione che sparliamo o peggio ridiamo di loro».
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