Navalny, processo a porte chiuse: l'oppositore di Putin rischia 30 anni Cronaca di Giuseppe Agliastro
Testata: La Stampa Data: 20 giugno 2023 Pagina: 18 Autore: Giuseppe Agliastro Titolo: «Navalny, processo infinito»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/06/2023, a pag.18, con il titolo 'Navalny, processo infinito' l'analisi di Giuseppe Agliastro.
Giuseppe Agliastro
Aleksey Navalny
«Non stiamo seguendo il processo», dicono dal Cremlino. Ma ai più la matrice politica dei guai giudiziari di Aleksey Navalny appare di una ovvietà disarmante. Le imputazioni rivolte al rivale numero uno di Vladimir Putin si moltiplicano, si sommano le une alle altre. Il nuovo processo iniziato ieri vede l'oppositore accusato nientemeno che di «estremismo»: un'accusa per la quale rischia ben 30 anni di reclusione. Il tribunale di Mosca che si occupa del caso ha subito ordinato che le udienze si svolgano a porte chiuse. Ma mentre il regime di Putin preme sempre più sull'acceleratore della repressione politica, Navalny e i suoi alleati sono tornati a sfidare il Cremlino e hanno annunciato una campagna contro l'invasione dell'Ucraina. «Condurremo una campagna contro la guerra. E contro Putin. Proprio così. Una campagna lunga, testarda, estenuante, ma di fondamentale importanza, in cui metteremo le persone contro la guerra», ha dichiarato il team di Navalny sui social. L'udienza ieri non si è svolta neanche in tribunale. Navalny e i suoi avvocati sono intervenuti in collegamento video dall'IK-6 di Melekhovo: il carcere di massima sicurezza a 250 chilometri da Mosca dove il dissidente è rinchiuso ingiustamente. I giornalisti non sono stati fatti entrare in aula e hanno potuto seguire via video solo l'inizio del processo. Poi il tribunale ha annunciato che le udienze sarebbero proseguite a porte chiuse. «Nessuna vergogna, nessuna coscienza, nessun onore», ha commentato duro il padre dell'oppositore. Navalny aveva i capelli corti e indossava la divisa da detenuto, ma soprattutto è apparso evidentemente dimagrito in questo processo che tanti temono serva al Cremlino per scrivere un'altra terribile pagina di repressione. Di quella stessa repressione che pare perseguitare Navalny anche in carcere, dove il dissidente denuncia di essere continuamente rinchiuso in un'angusta cella di rigore con i pretesti più assurdi. «Non possiamo escludere che lo stiano avvelenando lentamente», aveva detto un paio di mesi fa il suo avvocato sostenendo che avrebbe perso ben otto chili in 15 giorni. In Russia c'è una legge bavaglio che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni sull'esercito che dovessero essere ritenute «false» dalle autorità: uno strumento con cui il regime di fatto proibisce ogni critica contro la crudele invasione dell'Ucraina. Navalny però sostiene che la campagna contro la guerra possa comunque essere portata avanti con le «nuove tecnologie», comprese le app di messaggistica che il governo non riesce a controllare, e ha invitato esperti di informatica, sociologi e politologi ad aderire alla sua iniziativa. «Nessuno tranne noi poteva partecipare a questa lotta per i cuori e le menti dei nostri cittadini, quindi dobbiamo farla e vincere», ha detto ancora colui che per anni è stato il trascinatore delle proteste anti-Putin e con la sua Fondazione Anticorruzione ha più volte messo in imbarazzo il cerchio magico del presidente russo. Sia il team di Navalny sia la sua fondazione sono stati bollati come «estremisti» due anni fa dal Cremlino. L'oppositore - ora imputato assieme al suo collaboratore Daniel Kholodny - era stato arrestato alcuni mesi prima, nel gennaio del 2021, non appena aveva rimesso piede a Mosca da Berlino, dove era stato curato per un avvelenamento che aveva fatto temere per la sua vita e per il quale si sospettano i servizi segreti russi. Dopo una condanna a due anni e mezzo di chiara matrice politica, Navalny ha subito un'altra condanna a 9 anni per un'altra accusa di «appropriazione indebita» ritenuta inventata di sana pianta per colpirlo. L'oppositore sostiene che presto il regime di Putin potrebbe accusarlo ingiustamente pure di «terrorismo», un'imputazione per la quale è previsto il carcere a vita.
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante