Il “pogrom Pillay” contro lo stato ebraico e chi ne difende le ragioni
Analisi di Anne Bayefsky, da Israele.net
Anne Bayefsky
Una sedicente “Commissione d’inchiesta” delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto-bomba che lancia un attacco senza precedenti contro Israele e coloro che lo difendono, compresi singoli individui e organizzazioni non governative “in tutto il mondo”. Si tratta di un plateale tentativo di allargare la portata globale dell’impresa, già altamente controversa, avviata nel maggio 2021 dal Consiglio Onu per i Diritti umani su iniziativa degli stati islamici e senza alcun sostegno da parte occidentale. L’ampiezza e la portata del mandato della “Commissione d’inchiesta”, il suo enorme budget e l’assenza di una qualunque data di fine mandato ne hanno fatto un’operazione senza precedenti. Tutt’altro che senza precedenti, negli ambienti delle Nazioni Unite, è stata invece la nomina di commissari con noti precedenti anti-israeliani, in flagrante violazione delle regole delle Nazioni Unite che richiedono imparzialità, indipendenza e obiettività. Anche dopo la nomina, tutti e tre i membri della Commissione (la presidente Navi Pillay, Chris Sidoti e Miloon Kothari) si sono distinti nello svilire le vittime ebree di antisemitismo, favorendo un’ulteriore diffusione del fenomeno. Alla presentazione del loro primo rapporto, nel giugno 2022, Sidoti disse al Consiglio Onu per i diritti umani che “le accuse di antisemitismo vengono lanciate qua e là come riso a un matrimonio”. In un podcast online del luglio 2022, Kothari ha affermato che “la lobby ebraica” controlla i social network, e ha suggerito che Israele venga buttato fuori dall’Onu. La presidente Pillay ha difeso entrambi. Nel presentare il secondo rapporto all’Assemblea Generale, nell’ottobre 2022, Pillay ha snobbato le accuse di antisemitismo dicendo che “vengono regolarmente sollevate come un diversivo” (come se questo bastasse ad esentarla dal discuterle nel merito). Protetta dalle Nazioni Unite per qualsiasi conseguenza del suo vergognoso comportamento, la “Commissione d’inchiesta” ha proceduto a convocare una serie di incontri segreti con individui e gruppi anonimi e una serie di “udienze” perlopiù riservate, in preparazione del terzo rapporto, che è stato pubblicato la scorsa settimana. Il processo d’elaborazione di questo terzo rapporto ha del kafkiano. Pillay ha dichiarato alla WebTV delle Nazioni Unite che era “pronta ad ascoltare voci alternative”, ma che non poteva esimersi dal trarre conclusioni negative (contro Israele) per la loro “assenza”. Ma tutte le udienze e le riunioni si tenevano solo su invito, e le voci alternative sono rimaste tagliate fuori. Dei 127 soggetti ascoltati, solo 24 sono stati identificati e sono tutti attori o enti che attaccano uniformemente Israele, compresi i pochi ebrei fatti sfilare davanti alle telecamere. Il rapporto afferma di aver ricevuto e preso in considerazione solo 21 notazioni. Ma io e altri abbiamo inoltrato più di 5 milioni di notazioni, che Pillay ha pubblicamente denigrato in una conferenza stampa definendole “tutte pro-Israele” (come se questo fatto in se stesso le squalificasse). Il rapporto spiega che la “Commissione d’inchiesta” si è inventata una nuova regola che esclude le notazioni inviate prima del novembre 2022, quindi le nostre erano state inviate troppo presto per il terzo rapporto. Ma in precedenza Pillay aveva affermato che le nostre notazioni erano arrivate troppo tardi per essere lette e prese in considerazione per il secondo rapporto. Un vero e proprio “comma 22”. Il rapporto che emerge da questa Corte truccata non attacca solo Israele, ma anche tutti i suoi “supporter” non governativi che devono essere “urgentemente” ritenuti “responsabili delle [presunte] violazioni dei diritti umani”. Premettendo di “non essere un tribunale”, gli inquirenti affermano di aver “accertato crimini di guerra” e “gravi violazioni del diritto umanitario internazionale” guarda caso solo da parte israeliana. Per poi concludere il tutto con un appello ad accelerare il procedimento penale internazionale (contro Israele). L’unica attenzione critica che gli inquirenti dedicano a quella che chiamano “l’autorità de facto a Gaza”, ovvero l’organizzazione Hamas riconosciuta a livello internazionale come terrorista, e all’Autorità Palestinese riguarda il trattamento riservato ad altri palestinesi. Non una parola sul modo in cui si comportano verso gli israeliani. Il rapporto formula “raccomandazioni” a Israele sul trattamento dei palestinesi, mai l’inverso. Il rapporto nomina specificatamente le vittime palestinesi (e israeliane) di presunti crimini israeliani, ma non nomina una singola vittima israeliana di un crimine palestinese. Il rapporto non è stato in grado di individuare un singolo terrorista o organizzazione terroristica palestinese: vede solo degli israeliani colpevoli di “averli ingiustamente etichettati come ‘terroristi’”. Gli unici bambini che contano per il rapporto sono i bambini palestinesi che sarebbero lesi dal fatto che gli israeliani ne hanno arrestato o colpito i genitori: non una parola su atti ed eventuali crimini commessi da quei genitori. Non una parola sui bambini palestinesi usati come scudi umani e come bambini soldato. Non una parola sulle vittime palestinesi degli indiscriminati attacchi missilistici palestinesi che mancano l’obiettivo di colpire ebrei. Non una parola sui minorenni palestinesi attivamente coinvolti nel terrorismo. Non una parola sui bambini israeliani. Il rapporto non trova nessun segnale di antisemitismo palestinese: vede solo degli ebrei, presunti galoppini del governo israeliano, che avrebbero scorrettamente “ridefinito l’antisemitismo”. Ecco dunque tre inquisitori, nessuno dei quali ebreo né vittima di antisemitismo, che proclamano dal piedistallo delle Nazioni Unite di sapere cosa si debba catalogare come antisemitismo meglio degli ebrei che dell’antisemitismo sono vittime. Il rapporto definisce “protesta legittima” le campagne profondamente discriminatorie BDS per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele che mirano espressamente a ridurre in rovina lo stato ebraico sul piano politico ed economico. Gli inquirenti lamentano che Israele abbia ingaggiato una “guerra giuridica”, e lo fanno in un rapporto che culmina con un appello alla Corte Penale Internazionale perché lanci una guerra-lampo giuridica contro Israele. Il rapporto accusa Israele di perseguire “una strategia di delegittimazione e riduzione al silenzio della società civile”, ma non dice una parola sulle strategie ufficiali di delegittimazione dell’Autorità Palestinese, come la promozione dell’antisemitismo e i pagamenti di vitalizi a terroristi e loro famigliari, né sulla Carta di Hamas che esorta al genocidio degli ebrei. E non dice una parola sulla massima strategia perseguita da 75 anni dei palestinesi per ridurre al silenzio: uccidere ebrei. Gli inquirenti affermano che i palestinesi devono fronteggiare “un chiaro tentativo di cancellare la loro identità, cultura e storia”, dopo aver riassunto quella “storia” come la catastrofica creazione di uno stato ebraico mediante un atto criminale di “pulizia etnica”. Nessuna menzione della vera storia di cancellazione: tremila anni di tentativi di cancellare il legame del popolo ebraico con la sua patria ancestrale; la cancellazione delle popolazioni ebraiche dalle terre arabe; il perdurante tentativo di cancellare gli ebrei colpevoli d’aver voluto realizzare l’autodeterminazione ebraica in Terra di Israele. Gli inquirenti attaccano coloro che li criticano definendoli parte di una “ben organizzata campagna diffamatoria”, mentre loro per primi ingaggiano una ben organizzata campagna diffamatoria volta a calunniare individui e organizzazioni che non si adeguano disciplinatamente a “criticare la politica israeliana” e “sostenere i diritti dei palestinesi”, con ciò intendendo chiunque osi mettere in discussione la “narrativa palestinese”, intrisa di falsità e perniciosa istigazione. Il rapporto accusa Israele di perseguire “l’occupazione permanente”. Se non fosse che notoriamente Israele se n’è andato dalla striscia di Gaza e da porzioni (concordate) della Cisgiordania, oltre che da tutto il Sinai, dal Libano meridionale e da parte del Golan, e ha offerto più volte ulteriori ritiri (con creazione di uno stato palestinese), regolarmente respinti da parte palestinese. Mentre il rifiuto del negoziato e del compromesso è un vero e proprio marchio di fabbrica palestinese. La “Commissione d’inchiesta” vuole far credere d’aver prodotto “legittime critiche alle politiche e azioni israeliane”. In realtà, quello che ha prodotto è una delle più veementi e faziose aggressioni al diritto del popolo ebraico a una propria patria, in quello che si potrebbe definire il “pogrom Pillay”.
(Da: Jerudsalem Post, jns.org, 8.6.23)