Terroristi palestinesi? No, “esecutori con targa palestinese”
Analisi di Alan Baker, da Israele.net
Alan Baker
Tor Wennesland
Le recenti dichiarazioni pubbliche rese dal diplomatico norvegese Tor Wennesland, rappresentante delle Nazioni Unite con sede a Gerusalemme, prima e durante i combattimenti del 9-13 maggio tra Israele e il gruppo terroristico di Gaza Jihad Islamica Palestinese, tradiscono un atteggiamento di crescente ostilità, negativo e prevenuto nei confronti di Israele. Un atteggiamento che appare persino più estremo del livello standard di pregiudizio, evidentemente considerato accettabile, che Israele è abituato a subire dalle Nazioni Unite e dai suoi alti funzionari. Wennesland, un ex studioso di divinità, filosofia e sociologia presso la Scuola di Teologia, Religione e Società ad Oslo, si fregia dell’interminabile e complicato titolo di “Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite per il Processo di Pace in Medio Oriente e Rappresentante Personale del Segretario Generale presso l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e l’Autorità Palestinese e Inviato presso il Quartetto” (Onu, Usa, Ue, Russia ndr). Nelle sue dichiarazioni alle Nazioni Unite, così come nei suoi tweet quotidiani, Wennesland è particolarmente esplicito nel condannare Israele e nell’adottare quasi totalmente una narrativa palestinese parziale e unilaterale. Wennesland non nasconde la sua faziosità anche quando cerca di rendere minimamente conto, con poche e vaghe parole, della violenza e del terrorismo palestinese. Che si trattasse di Israele che sedava i violenti tumulti palestinesi alla moschea di al-Aqsa durante la festa del Ramadan all’inizio di aprile, o delle limitazioni per pervenire il rischio di incendi prescritte da polizia e vigili del fuoco israeliani al numero di fedeli (con candele accese ndr) ammessi per la Cerimonia della Luce Sacra dentro la chiesa del Santo Sepolcro il 15 aprile, Wennesland ha sempre scelto di condannare Israele in modo nettamente unilaterale e prevenuto. Il giorno stesso dell’avvio parte di Israele dell’operazione “Scudo e Freccia”, lo scorso 9 maggio, Wennesland ha dichiarato: “Sono profondamente allarmato dagli sviluppi a Gaza dopo che Israele ha lanciato questa mattina un’operazione militare contro i membri del movimento palestinese della Jihad Islamica. Gli attacchi aerei israeliani all’interno di Gaza hanno provocato l’uccisione di 13 palestinesi … Condanno la morte di civili negli attacchi aerei israeliani. E’ intollerabile”. Wennesland deve aver dimenticato, o ha deliberatamente scelto di ignorare, il fatto che pochi giorni prima, il 2 maggio, nell’arco di 24 ore l’organizzazione terroristica palestinese Jihad Islamica aveva lanciato 104 ordigni dalla striscia di Gaza contro i centri abitati israeliani. Allo stesso modo, non ha menzionato e men che meno condannato il lancio intenzionale e indiscriminato di 70 razzi dalla striscia di Gaza verso la popolazione israeliana tra gennaio e aprile. Nessuno si aspetta che qualcosa di realmente positivo, per non dire di equilibrato o neutrale, provenga da una qualsiasi fonte dell’Onu. Tuttavia ci si potrebbe aspettare che l’alto funzionario il cui vasto incarico pretende di includere il “coordinamento del processo di pace in Medio Oriente” faccia almeno qualche tentativo di prendere atto in modo franco e schietto della realtà all’interno della quale è chiamato a operare. Ci si potrebbe aspettare che un così alto funzionario delle Nazioni Unite dimostri un briciolo di senso della realtà e di concretezza riguardo a ciò che accade nell’area, e che perlomeno tenti di comportarsi con l’imparzialità e la neutralità richieste dalla Carta delle Nazioni Unite e norme annesse. È inammissibile che un funzionario di tale livello possa sistematicamente e superficialmente condannare Israele per il fatto di condurre azioni militari e di polizia in risposta ad aggressioni e violenze manifestamente terroristiche, e allo stesso tempo sottovalutare e minimizzare la gigantesca opera di istigazione all’odio e alla violenza contro Israele e contro gli ebrei ampiamente documentata ai massimi livelli della dirigenza palestinese e all’interno della società civile palestinese. Ed è altrettanto inammissibile che Wennesland ignori o minimizzi il costante impegno profuso dai palestinesi nel pianificare, organizzare, finanziare ed effettuare indiscriminati attacchi con razzi e missili contro i centri della popolazione civile israeliana, nonché la loro propensione a incoraggiare e attuare atti di terrorismo individuale ogni volta che sono aizzati dal capriccio o dalla necessità di dare uno scossone alla regione. Un esempio particolarmente mortificante e offensivo dell’ipocrisia e della doppia morale delle Nazioni Unite, Wennesland l’ha offerto il 23 aprile quando, presentando il suo rapporto al Consiglio di Sicurezza, ha avuto la faccia tosta di sminuire cinicamente e quasi schernire lo spietato attentato del 7 aprile che ha visto l’assassinio a sangue freddo per mano di terroristi palestinesi della moglie e due giovani figlie del rabbino Leo Dee. Dovendone per forza riferire, Wennesland ha affermato a denti stretti: “Due sorelle anglo-israeliane, la più giovane una ragazza di 15 anni, sono state uccise in un attacco con armi da fuoco in Cisgiordania per opera di esecutori in un’auto con targa palestinese” (perpetrators in a car with Palestinian plates). Siamo qui di fronte a un caso da manuale delle subdole circonvoluzioni verbali che questi alti funzionari dell’Onu sono pronti a usare pur di non dire la verità e chiamare il terrorismo palestinese col suo nome. Alla luce del suo chiaro pregiudizio contro Israele in violazione Carta dell’Onu e delle sue regole interne, che richiedono ai funzionari di esercitare i più elevati standard di efficienza, competenza e integrità e di non permettere alle loro opinioni e convinzioni politiche e religiose di incidere negativamente sui loro doveri ufficiali e sulla loro integrità, indipendenza e imparzialità, sarebbe forse opportuno che l’Onu riesaminasse l’operato di Tor Wennesland, lo richiamasse e lo rispedisse a Oslo ad occuparsi di divinità e filosofia.
(Da: Jerusalem Post, 6.6.23)