Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/06/2023, a pag.18, con il titolo "Ammiro il coraggio delle donne iraniane come in Israele si lotta per la libertà" l'intervista di Serena Riformato.
Noa
C'è un'immagine di Leonard Cohen che la cantante israeliana Noa, al secolo Achinoam Nini, utilizza per spiegare il proprio attivismo per i diritti umani: «C'è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce». E ce n'è un'altra, biblica, che unisce musica e salvezza e dà il nome al festival da lei ideato che si terrà ad Arona sul lago Maggiore dal 22 al 25 giugno: "L'arca di Noa" per «traghettare in mondo turbolento e spaventoso ciò che amiamo: cultura, musica, valori, solidarietà».
La Stampa da mesi tiene i riflettori accesi sull'Iran. Qual è il suo messaggio per le donne iraniane? «Sono una convinta sostenitrice dell'importante battaglia che stanno portando avanti le donne iraniane. Dovrebbero ricevere ovunque supporto e incoraggiamento. E da israeliano non ho niente contro l'Iran. I problemi non sono mai fra due popolazioni, ma fra governi e persone che cercano di approfittare delle paure della gente per guadagnare potere e ricchezze».
Crede che le proteste delle donne iraniane possano ribaltare il regime? «Non so, non so nemmeno cosa accadrà in Israele ed è casa mia. Quello che posso dire è che hanno la mia ammirazione e il mio supporto e continuerò a interessarmene ed essere partecipe, così come vorrei che il resto del mondo fosse partecipe della mia battaglia. Quando c'è una battaglia di quel tipo in qualsiasi parte del mondo dobbiamo aprire gli occhi, dobbiamo esserne consapevoli, perché se possiamo pensare "quello è un problema loro, non nostro", ma non è vero. Non sai mai quando la tua vita al sicuro può cambiare. Anche qui in Italia, ovunque».
Nel suo Paese migliaia di persone protestano da ormai ventidue settimane contro il governo di Netanyahu. Qual è la situazione? «In Israele il nostro governo, democraticamente eletto, sta cercando di uccidere la democrazia. Stanno utilizzando il sistema che li ha legittimati per assicurarsi un potere senza limite e sopprimere i diritti di una parte di popolazione, fra cui le donne che i gruppi ultra-ortodossi vorrebbero rimandare in cucina come nei secoli più bui dell'umanità. Ma sono in corso anche cambiamenti positivi».
Quali? «Innanzitutto il colpo di stato dittatoriale è stato fermato, o almeno rimandato. Credo che il governo sappia di non avere più il sostegno della popolazione. Quello che è necessario è che ora questo esecutivo cada. Non ci può essere alcun compromesso, sono dei criminali. Abbiamo un vero problema in Israele: la nostra democrazia è veramente debole. Quello che sta succedendo però porta anche a discutere una serie di aspetti che non vogliamo vedere: cosa vogliamo fare con i gruppi ultra-religiosi non integrati nella società? Poi: cosa facciamo con la Palestina? Quanto a lungo possiamo ignorare il problema? La maggior parte degli israeliani non vuole vedere il problema».
La sollevazione popolare basterà a invertire il corso degli eventi? «Le proteste stanno avendo un impatto, ma non è ancora abbastanza, dobbiamo continuare finché non si apre una crepa».
Le donne iraniane, le donne israeliane sono al centro delle proteste in corso. «Le donne sono sempre le più esposte in ogni conflitto, sono sempre le prime a rimanere ferite. E poi c'è un dato: anche le società più evolute hanno una lunga strada da percorrere per l'uguaglianza fra i sessi. Però non sono fra coloro che ritengono che le donne in politica vadano sempre bene o abbiano sempre ragione. Fra i politici israeliani, alcune donne sono le peggiori».
Perché ha chiamato il suo festival "L'arca di Noa"? «È legato anche all'idea del diluvio. Anche oggi navighiamo un mondo turbolento, spaventoso. L'arca è il luogo in cui proteggere ciò che amiamo. Cultura, musica, valori, solidarietà. E traghettarli al sicuro attraverso la tempesta».
In Europa soffia un vento di estrema destra. «Non solo in Europa. Le persone sono spaventate: hanno paura di perdere la propria identità, hanno paura di perdere quello che hanno perché il mondo sembra essersi fuso in un unico globo, per questo la gente chiede confini, muri. Il problema non sono le persone che votano a destra, ma i leader che approfittano delle loro paure. Lo vedo in Israele. Il dolore della gente è come un mare di lacrime. Ma a solcare questo mare ci sono i pirati, non la guardia costiera. E cercano di rubare, fare del mare, uccidere la speranza».
Giorgia Meloni è uno di questi pirati? «Amo l'Italia e voglio credere che Giorgia Meloni farà bene all'Italia».
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