Taiwan: la Cina è responsabile Commento di Paolo Salom
Testata: Corriere della Sera Data: 12 aprile 2023 Pagina: 9 Autore: Paolo Salom Titolo: «Via alle manovre Usa-Filippine. Taiwan accusa: Cina irresponsabile»
Riprendiamo oggi, 12/04/2023, dal CORRIERE della SERA, a pag. 9, con il titolo "Via alle manovre Usa-Filippine. Taiwan accusa: Cina irresponsabile", l'analisi di Paolo Salom.
Paolo Salom
Vladimir Putin con Xi Jinping
Cala il sipario sulle esercitazioni «a fuoco vivo» di jet e navi cinesi intorno a Taiwan. Si alza un’altra cortina sulle «più vaste manovre congiunte» nelle relazioni tra Stati Uniti e Filippine. Ieri è stato dato il via a un’operazione di addestramento denominata Balikatan-Tagalog, ovvero «spalla a spalla». Fino al 28 aprile, oltre 17 mila soldati tra Marine americani, filippini e australiani, in coordinamento con una flotta di navi da battaglia, jet e postazioni missilistiche, daranno vita a uno scenario dove gli alleati affrontano un pericolo comune e riportano la pace nell’area strategica a cavallo tra Pacifico e Mar cinese meridionale. Inutile fare troppe supposizioni su chi sia il «cattivo» che verrà rimesso al suo posto. Tanto è vero che Pechino, dopo aver mostrato i muscoli intorno all’isola ribelle, e aver dichiarato lunedì scorso il termine delle esercitazioni di attacco a quella che considera una propria provincia da «riportare all’ordine», ha deciso di lasciare un certo numero di navi e aerei a spasso per lo Stretto che separa i due avversari. Cosa che è stata subito rilevata dalle autorità di Taipei. La presidente di Taiwan Tsai Ing-wen, inoltre, ha criticato la Cina per il comportamento «irresponsabile» che ha riportato la tensione alle stelle, non solo tra i due rivali. «In qualità di presidente, rappresento il mio Paese nel mondo», ha detto Tsai. Chiarendo che le sue visite all’estero, comprese le tappe negli Usa (il motivo della rabbia cinese), «non sono nuove e sono ciò che la gente si aspetta. Tuttavia, la Cina sta usando le manovre militari per creare instabilità a Taiwan e nell’area e non è, questo, l’atteggiamento responsabile di una potenza regionale». La questione in effetti ha provocato, a cascata, polemiche e recriminazioni, anche nel lontano Occidente. Il presidente francese Macron, dopo aver incontrato Xi Jinping a Pechino — in un viaggio a due con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen — ha sollecitato un diverso atteggiamento dell’Europa, che dovrebbe, a suo dire, «sganciarsi» dalla dipendenza dagli Stati Uniti per non rischiare di diventarne «un vassallo». Parole accolte con gioia dagli ospiti cinesi ma capaci di irritare le cancellerie del Vecchio Continente, in particolare per il ruolo di preminenza in una futura difesa comune che Parigi vorrebbe assumere sin da ora. Washington ha voluto invece evitare polemiche dirette e ha lanciato messaggi per «calmare le acque», affidandoli a un anonimo funzionario del Pentagono. Poi però non ha rinunciato a flettere i muscoli dando il via alle operazioni in concerto con l’esercito e la marina delle Filippine. Vero che operazioni di questa portata sono programmate con grande anticipo. Ma non è un caso che gli Stati Uniti prendano ogni spunto possibile per mostrarsi in un’area del mondo considerata «vitale» per i commerci del mondo. E difatti le frizioni sul destino del Mar cinese meridionale, che Pechino considera «acque interne» in contrasto con norme e consuetudini internazionali (e prese di posizione dell’Onu), restano appese alla forza militare che gli Usa sono in grado di far transitare, ogni volta indispettendo il Dragone. Dopo alcuni anni di freddezza con le Filippine, il recente addio al potere a Manila di Duterte, buon amico della Cina, ha comunque riportato le lancette in favore di Washington, come le esercitazioni in corso dimostrano. Un punto a favore di Xi Jinping, in questo Risiko asiatico, lo mette a segno il presidente brasiliano Lula, da oggi in visita ufficiale a Pechino.
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