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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.04.2023 Un altro falco il nuovo ambasciatore russo a Roma
Cronaca di Fabrizio Caccia

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 aprile 2023
Pagina: 13
Autore: Fabrizio Caccia
Titolo: «Interferenze politiche e querele ai giornali. Ma al posto di Razov arriva un altro falco»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/04/2023, a pag.13, con il titolo "Interferenze politiche e querele ai giornali. Ma al posto di Razov arriva un altro falco", la cronaca di Fabrizio Caccia.

L'attacco dell'ambasciatore russo a La Stampa - La Stampa
Sergei Razov

ROMA Il «gradimento» italiano ormai al lumicino. La misura da tempo era colma. Così Mosca ha deciso, l’ambasciatore russo in Italia, Sergei Razov, 70 anni, dopo 10 anni se ne va, lascia l’incarico. Troppi veleni, troppe polemiche. Dall’inizio del conflitto in Ucraina è stato un crescendo di scontri durissimi coi governi italiani, da Draghi a Meloni. Rapporti sempre più tesi. Quattro volte in pochi mesi, l’anno scorso, Razov fu convocato alla Farnesina da Ettore Sequi, segretario generale del ministero degli Esteri. Il nostro ambasciatore lo mise in guardia: inaccettabili le continue dichiarazioni «calunniose» contro media e giornalisti italiani, accusati di fare disinformazione e propaganda anti Russia («Provo rammarico e anche vergogna per questa caccia alle streghe», diceva lui); gravissime anche le sue esternazioni contro i politici italiani, dei quali metteva in dubbio «la moralità». Eppure, l’inquilino di Villa Abamelek non si è mai fermato: durante i primi giorni del conflitto querelò il giornale La Stampa e il giornalista Domenico Quirico (querela poi archiviata dal tribunale). L’ultima offesa l’ha rivolta al Corriere della Sera giusto una settimana fa, definendo «una pasquinata diffamatoria» il commento di Danilo Taino intitolato «Ecco perché Putin minaccia tutti noi». E allora il vaso è traboccato: «La metamorfosi di un diplomatico in esponente politico non è contemplata, in nessun Paese europeo», la conclusione a cui si è arrivati da parte italiana. La sua permanenza in Italia non era più sostenibile. Il 2 giugno scorso non passò inosservato neppure il suo mancato invito al Quirinale per la Festa della Repubblica. Era la prima volta. Adesso la decisione è stata presa, anche se dalla sede diplomatica di via Gaeta si tiene a precisare che «le nomine degli ambasciatori vengono ufficializzate dal decreto presidenziale (di Vladimir Putin, ndr) e ad oggi non è stato pubblicato sul sito del Cremlino alcun decreto». Ma è solo questione di giorni. Razov potrebbe avere giusto il tempo di festeggiare i suoi 10 anni a Roma, dove arrivò a maggio del 2013, prima del passaggio di consegne. È stato un falco, Razov. Con i suoi continui tentativi di interferire, seminare zizzania, spaccare le maggioranze: come quando fece sapere con un post su Fb di aver pagato i biglietti per il viaggio del 29 maggio scorso di Matteo Salvini a Mosca (poi annullato, con la restituzione completa della somma). Il rischio, però, è che si passi da un falco all’altro. Il successore designato, l’attuale direttore del Primo dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, Aleksey Paramonov, 61 anni, già console a Milano, nominato nel 2018 Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica e nel 2020 Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia (in entrambi i casi con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi) non scherza. Un anno fa in un’intervista Paramonov definì l’Italia «uno dei Paesi più ostili», minacciando «conseguenze irreversibili» in caso di adesione al sistema di sanzioni contro Mosca. Anche Razov è sempre andato all’attacco: «Abbiamo teso una mano di aiuto agli italiani e ora qualcuno vuole mordere questa mano», disse sulle sanzioni, ricordando la collaborazione tra medici russi e italiani ai tempi del Covid (sulla missione sanitaria di Mosca allo Spallanzani, però, drizzò le antenne il Copasir). E anche dopo il primo invio di armi italiane in Ucraina, l’ambasciatore non fu da meno: «Ci preoccupa che saranno utilizzate per uccidere militari russi». Goffissimi poi i suoi tentativi negazionisti, ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta: «In Ucraina non c’è stata annessione, solo adesione». Oppure: «La Russia non sta attaccando i civili nella città di Mariupol o altrove». Un’escalation fino ai giorni nostri, con la lettera al vetriolo al ministro della Difesa Guido Crosetto e l’accusa di discriminare i cittadini russi in Italia: «Difficile credere nella sua sincerità, signor ministro, non è Mosca a non volere il dialogo...». E ora si dice che, dopo Razov, presto cambieranno le cose anche in via della Conciliazione, con l’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Aleksandr Avdejev, 76 anni, dato verso l’addio dopo 10 anni di servizio. Sebbene papa Francesco ne abbia sempre tessuto le lodi apertamente, considerandolo un uomo-chiave per far cessare la guerra in Ucraina. Quindi, almeno per lui, intoccabile.

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