Xi e Putin: altro che piano di pace Analisi di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 22 marzo 2023 Pagina: 7 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «La guerra travestita da pacifismo»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 22/03/2023, a pag7, l'analisi di Fiamma Nirenstein, dal titolo "La guerra travestita da pacifismo"
A destra: Putin e Hitler in un fotomontaggio
Fiamma Nirenstein
Nella storia comunista la parola “pace” ha a che fare con l’idea di un nuovo ordine internazionale, in cui ciò che è desiderabile è parte di una strategia di dominio. Di questo si è avuto una prova sfolgorante con la visita e i colloqui fra Xi Jinping e Putin, dove è stato messo in vetrina il pretestuoso progetto di pace fra Russia e Ucraina per segnalare che il padrone di casa tradizionale del pianeta, gli USA, stanno declinando e che i suoi nemici si sono alleati per batterlo. Ha ragione Nikky Haley, l’ex ambasciatrice all’ONU, quando su Wall Street Journal spiega che se la Russia vince, anche il suo migliore amico che l’ha sostenuto dall’inizio (non parliamo dei conflitti antichi fra Mao e Stalin) vince la guerra del secolo, quella per superare gli USA militarmente, economicamente e culturalmente. I due insieme promettono questo, altro che piano di pace. Forse Zelensky dimostra preoccupazione e non credulità quando dice (se è vero) che “il fatto che la Cina ha cominciato a parlar dell’Ucraina è molto buono”. Ma si può scommettere, e il leader Ucraino non può non sospettarlo, che nelle riunioni di questi giorni si è parlato molto di armi cinesi alla Russia, di quanto serva a un’effettiva vittoria, semmai manchi il successo sul terreno; ed è certo molto utile per Putin la proposta della Cina di rimuovere ogni sanzione, perché, dice Xi, ripropone la mentalità della guerra fredda… Putin al suo “caro amico”, come i due si sono chiamati, ha certo lasciato la porta aperta, nei cortesi colloqui, all’idea della sua pace,e non stupirebbe sapere che hanno parlato anche della “pace” prevista per Taiwan da Xi.
Putin con Xi Jinping, manca solo l'Iran
La pace della Cina è una “guerra di posizione”, che si svolge all’insegna della parola più abusata del nostro tempo. Una pace in guerra. Un modo di mandare in confusione il mondo Occidentale che crede nella pace. Ed è una sua grande trovata. Mentre si sdipanava in tutto il mondo che cerca la sua strada (che dire, Kazakistan, Pakistan, Maldive..) la strategia per rimpiazzare gli USA come superpotere con la Belt and Road Project (Xi la definì:“migliori collegamenti, crescita economica, vita migliore per tutti”) e gli americani cercavano una contrapposizione mondiale senza riuscire a trovarla,ecco che Xi scopre il ruolo di pacificatore. Conflitti impossibili? Chiedete alla Cina. E così, mentre il medio oriente viene abbandonato dagli Stati Uniti, la rivoluzione iraniana non trova il supporto necessario, gli USA e con l’Europa guarda imbelle l’uranio ormai, sul bordo della bomba,il 10 marzo scorso Xi Jinping ha mediato un accordo per ristabilire relazioni diplomatiche fra Iran e Arabia Saudita, i grandi nemici, il leader del mondo sciita e di quello sunnita. Questa pace da un calcio agli USA che, dopo la botta infertagli da Obama, avevano recuperato con gli Accordi di Abramo. Una chiave della vicenda è nelle immagini di Biden in Arabia Saudita il 22 luglio e quelle di Xi il 22 dicembre. Riad si è ritenuto il miglior interlocutore degli USA da quando Mohammed Bin Salman (MBS) nel 2017 ha assunto la seconda posizione nel reame. Biden, dopo l’assassinio di Kashoggi, nonostante MBS abbia più volte promesso buone intenzioni per il futuro andando a Canossa, non ha mai mancato di fare una bandiera del suo disprezzo per il principe violando tutti i principi dell’onore arabo. Poi è venuta la contesa sul petrolio, e la visita, al contrario di quella Xi, trionfale, è stata nervosa, depressa mentre MBS voleva una difesa dai missili dallo Yemen finanziati dall’Iran, e la promessa che la bomba atomica degli ayatollah sarebbe stata fermata. Xi ha fermato per ora i Houti, mentre non contesta l’Iran né per i diritti umani né per l’uranio arricchito, ma con la forza della Cina promette un bastione per i sauditi mentre fa accordi sul commercio, il petrolio, la tecnologia. Hamas, la Jihad Islamica, gli Hezbollah, hanno espresso grande soddisfazione per questa “pace”. Di fatto, la presenza Cinese non è certo un deterrente al terrorismo e all’incitamento islamista. Se questo danneggerà anche gli accordi di Abramo, e distolga i sauditi dalla possibilità di unirvisi, è difficile dire. Israele è un bastione di sicurezza e tecnologia che ha un valore a sé. Certo le scandalose tappe dell’abbandono dell’Afghanistan nel 2021 e il seguito di episodi di debolezza, fino al pallone cinese che per giorni ha spiato l’America, devono aver portato una ventata di buon umore ai pacifici interlocutori seduti al Cremlino in questi due giorni.