L'odiosa violenza di quelle parole Commento di Elena Loewenthal
Testata: La Stampa Data: 20 marzo 2023 Pagina: 7 Autore: Elena Loewenthal Titolo: «L'odiosa violenza di quelle parole»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/03/2023, a pag.7, con il titolo 'L'odiosa violenza di quelle parole', l'analisi di Elena Loewenthal.
Elena Loewenthal
Fabio Rampelli
Secondo il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, se due persone dello stesso sesso chiedono il riconoscimento «e cioè l'iscrizione all'anagrafe di un bambino che spacciano per proprio figlio, significa che questa maternità surrogata l'hanno fatta fuori dai confini nazionali». Di fronte a un pensiero e a un linguaggio del genere il primo impulso è quello di sgranare gli occhi per la brutalità, per lo scatto di spietata indifferenza verso tutto ciò che significa la genitorialità: cura, fatica, responsabilità, ma soprattutto un amore che non è un cristallo inerte ma cresce e cambia e si fa giorno per giorno. E che ben poco se non nulla a che vedere con l'accertamento di un Dna condiviso. La genitorialità, cammino bello e difficile come nessun altro, chiede innanzitutto un rispetto assente in quelle parole pronunciate, con una disinvoltura che sconfina nella volgarità. Di fronte a quella frase tutti i genitori, uomini e donne, eterosessuali o gay, non possono non indignarsi. Che bisogno ci sarà mai di usare parole del genere? Si può pure non essere d'accordo su un'idea di genitorialità che non sia strettamente legata al genere e all'orientamento sessuale di chi è padre o madre, si può pure. Ma perché lanciare parole del genere, come se per una categoria di persone stabilita dalle preferenze sessuali essere padre o madre fosse, a prescindere da qualunque altra circostanza, un atto criminale pari a quello di smerciare stupefacenti? Espressione di un disprezzo totale, tanto incontenibile quanto incomprensibile, parole del genere offendono tutto ciò che significa diventare ed essere un genitore.Ma le parole del vicepresidente della Camera, onorevole Fabio Rampelli, non solo la malaugurata uscita di un impulso irrefrenabile. Sono anche il fragile segno di una battaglia contro i mulini a vento, una specie di involontaria bandiera bianca. Perché la società progredisce, la famiglia cambia. Essere genitori resta un dono incalcolabile, e finalmente questo dono è, o sta diventando – non senza ostacoli e incidenti di percorso – per tutti. Uomini e donne, eterosessuali o gay. Non c'è nulla da fare, non c'è santo che tenga, per fortuna: dalle battaglie per i diritti non si deve né si può tornare indietro. Verrà un giorno, forse meno lontano di quanto non ci si aspetti e di quanto l'onorevole Rampelli non speri, in cui il sesso e l'orientamento sessuale dentro la famiglia non saranno più una questione politica. Anzi, non saranno più nessuna questione.
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