Riprendiamo dalla STAMPA di oggi 07/03/2023 a pag.12, con il titolo "Per i cristiani va sempre peggio, la destra religiosa non ci parla" l'intervista al patriarca vaticano Pierbattista Pizzaballa, di Paolo Griseri e Andrea Rossi
Due disinformazioni:
la prima politica di Paolo Griseri, ex Manifesto poi alla Stampa, la spiegazione per non stupirsi se scrive ".. il governo di Tel Aviv"
la seconda, Pizzaballa, che farebbe bene a interessarsi ai cristiani in fuga dai territori palestinesi, una realtà che 'Sua Beatitudine Reverendisima' si guarda sempre dal citare.
Paolo Griseri, ex Manifesto, poi La Stampa
L'Occidente non ci dimentichi. Quello di Pierbattista Pizzaballa, carismatico patriarca latino di Gerusalemme è molto più di un appello: è un grido disperato in una situazione «che va rapidamente aggravandosi». Nella sede del patriarcato Pizzaballa riceve una delegazione dell'opera diocesana pellegrinaggi di Torino, da decenni impegnata nelle iniziative di solidarietà con i cristiani di Terra Santa.
Si avverte molta preoccupazione tra i cattolici dì Gerusalemme. Quale elemento vi spinge al pessimismo?
«Non si tratta di pessimismo o ottimismo. La speranza non va mai perduta. Ma la situazione sta rapidamente peggiorando. Noi cristiani siamo diventati recentemente oggetto degli attacchi degli estremisti della destra religiosa israeliana. Sono entrati nel luogo della flagellazione e hanno danneggiato un crocifisso. Nella città vecchia sono stati coperti i simboli bizantini perché avevano le croci. Episodi, certamente. Ma indicativi di un clima».
Non è sempre stato così?
«La situazione è peggiorata recentemente». Il governo di Tel Aviv che cosa vi risponde? «IL governo attuale di Israele non ama i cristiani. Si sta spostando sempre più a destra, ma è una destra religiosa, che considera i non ebrei come una realtà non necessaria. Questo governo israeliano non è interessato a parlare con noi. Parliamo con funzionari di terza fascia, i vertici non ci incontrano. Abbiamo la sensazione che i politici considerino il rapporto con noi un problema. Parlare con i cristiani non è apprezzato dagli elettori dei partiti religiosi».
Questo perché i cristiani sono una minoranza?
«Questo perché il criterio dell'identità religiosa si radicalizza sempre più. Le società europee sono orientate all'integrazione; quella israeliana, come molte in Medio oriente, alla coesistenza tra diverse identità. Questo significa che la confessione religiosa è decisiva a prescindere dalle convinzioni personali. Sulla carta di identità ciascuno deve comunque indicare una confessione religiosa anche se è ateo. Questo investe. Le scuole, per fare un esempio, sono solo per ebrei e musulmani. I cristiani non ne hanno. Le dobbiamo organizzare noi».
Quale potrebbe essere il ruolo del Vaticano per venirvi incontro?
«Siamo in costante contatto con Roma. Certo sarebbe molto importante se il Vaticano fosse più assertivo. Anche se mi rendo conto che in questo momento le priorità sono quelle della guerra in Ucraina».
E la comunità internazionale?
«Oggi la questione israelo-palestinese e il Medio Oriente sono secondarie. E Israele sta dimostrando ampiamente che, nonostante le pressioni americane, decide autonomamente. Non ci sono le condizioni per un dialogo, c'è sfiducia totale. Parlare non ha senso bisogna prima creare gesti che riportino fiducia e leadership non screditate e con visione».
Nella società israeliana sale la protesta, le piazze si riempiono ogni settimana.
«Sì ma sono minoritarie. Questo governo rappresenta la maggioranza della società israeliana. La destra è divisa al suo interno ma solo per ragioni che hanno a che vedere con il peso della religione nella società. Però la traiettoria è chiara: gli ebrei religiosi crescono del 4% l'anno, i laici decrescono del 4%. È chiaro che nella società e alle urne avranno sempre più peso».
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