Le parole del dialogo Commento di Elena Loewenthal
Testata: La Stampa Data: 06 marzo 2023 Pagina: 13 Autore: Elena Loewenthal Titolo: «Perché occorre ritrovare le parole del dialogo»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/03/2023, a pag.25, con il titolo 'Perché occorre ritrovare le parole del dialogo', l'analisi di Elena Loewenthal.
Elena Loewenthal
«Continueremo come sempre e sempre più a promuovere i valori della democrazia, della tolleranza e del pluralismo indicati nella Costituzione». Le parole del professor Di Mario, dirigente del liceo Carducci di Milano, sono tanto ineccepibili quanto necessarie. Dovrebbero peraltro essere ovvie, ovunque e più che mai dentro la scuola, che non è un luogo comune ma qualcosa di ben di più, di ben più speciale. E invece, a quanto pare di questi tempi non lo sono affatto, ovvie: c'è bisogno di ribadirle, ripeterle, mandarle a memoria. Quelle parole sono infatti l'altra faccia di un mondo in cui appendere davanti a uno scuola uno striscione che chiama la violenza e la raffigura con le facce della premier Meloni e del ministro Valditara a testa ingiù è considerato un gesto politico. Di protesta, rivolta, denuncia, mentre altro non è se non una manifestazione di violenza ottusa e incosciente. «Oggi abbiamo ricevuto un danno, doloroso», continua il preside, chiamando in causa quel circuito banale che «banalizza la stessa lettura della realtà». Parole che Valditara ha fatto bene ad elogiare, aprendo quel dialogo con la scuola che forse andava aperto qualche giorno fa di fronte a gesti di Firenze non meno violenti ed insensati che rappresentano un vulnus per tutti, fuori e dentro la scuola. C'è davvero qualcosa di malato, e di vuoto, in questo linguaggio fatto di aggressioni fisiche e parole fuori luogo: tutto è inammissibile, tutto va rifiutato. Non lo si può più tollerare. Ha ragione ancora una volta Di Mario: quello di questa violenza, fisica o verbale che sia, è un linguaggio vecchio e incagliato in stereotipi che dovremmo tutti, e più che mai gli studenti delle nostre scuole, esserci lasciati alle spalle. È il sintomo di un fallimento o quanto meno di una battuta d'arresto dell'educazione, della memoria storica coltivata come valore primario, del rispetto dell'altro da sé e prima ancora del libero confronto di idee come matrice della nostra identità. Le proteste studentesche di oggi sembrano negare tutto questo, rifiutarlo come fosse un bagaglio superfluo, in nome di una violenza tutta fatta di vecchi e insopportabili stereotipi. È compito della scuola, dunque, ma anche della politica e della società in senso lato, fare in modo di seppellire definitivamente queste bestialità e ritrovare le parole per un dialogo degno di tale nome.
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