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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.02.2023 Putin, torture e saccheggi
Intervista di Greta Privitera

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 febbraio 2023
Pagina: 4
Autore: Greta Privitera
Titolo: ««Ho visto torture e saccheggi Non volevo uccidere, per questo sono scappato»»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 19/02/2023, a pag. 4, con il titolo «Ho visto torture e saccheggi  Non volevo uccidere,  per questo sono scappato» l'intervista di Greta Privitera.

Konstantin Yefremov, l'ex militare russo confessa:
Konstantin Yefremov

Testa rasata, occhi di ghiaccio, accende la sigaretta con quella che sta per spegnere. Ne fuma una dietro l’altra Konstantin Yefremov, 33 anni, nei cinquanta minuti in cui ci parla via video. Ufficiale a capo di un’unità di sminamento della 42a divisione fucilieri dell’esercito russo, dice di sentirsi in trappola: «Il mio destino è la morte. Per il mio Paese sono un traditore».

Aiutato dal gruppo di attivisti Gulagu.net, è scappato dalla Russia e si trova in una località segreta. Il suo racconto di torture, saccheggiamenti e amici uccisi, stride con il canto degli uccelli in sottofondo. Per quanto ha combattuto in Ucraina? «Da fine febbraio a maggio».

Dove si trovava? «Ero in Crimea, il 27 febbraio mi hanno mandato con la mia squadra di venti persone a Bilmak, vicino a Melitopol. Facevamo la guardia a un quartier generale».

 Immaginavate che sarebbe iniziata la guerra? «No, l’abbiamo capito il 24 febbraio. Pensavamo fossero le solite minacce di Putin. Bombardavano e marchiavano i mezzi con la lettera Z. Ho chiesto di lasciare l’esercito».

Ma poi è rimasto. «Non ho avuto altra scelta. Sono andato dal mio comandante per comunicargli che volevo partire. Mi ha chiamato traditore. Ho consegnato la pistola e ho provato a lasciare Melitopol, volevo tornare in Russia e dimettermi ufficialmente. Mi hanno fatto sapere che ero ricercato dalla polizia militare e che mi avrebbero arrestato».

Era l’unico contro la guerra dei suoi? «No, lo eravamo quasi tutti. La maggior parte di noi si è arruolato perché povero. Vengo da un villaggio del Caucaso, nel 2013 sono entrato nell’esercito per aiutare mia madre. Nessuno dei miei voleva uccidere gli ucraini, abbiamo amici e parenti che vengono da lì».

Come si fa a combattere contro un popolo amico? «È devastante. Sappiamo che stanno solo difendendo le loro case, noi le invadiamo».

I dati dicono che a febbraio sono morti 824 soldati russi al giorno, il numero più alto dall’inizio della guerra. Lei ha perso qualcuno in battaglia? «Sì, sette persone della mia squadra durante un’esplosione. Erano amici».

Ha mai ucciso? «No».

La maggior parte di noi si è arruola-to perché povero. Vengo dal Caucaso, nel 2013 sono entrato nell’esercito per aiutare mia madre Ha mai torturato? «No, ma ho visto torturare. Ho assistito a quelle di tre uomini, tra cui un cecchino. Il comandante ha preso una mazza di legno e gliela picchiava sulle dita, sulle ginocchia, gli ha rotto il naso e i denti. Quando beveva faceva anche peggio».

Cioè? «Ha sparato alle mani e ai piedi di un prigioniero».

Dopo il massacro di Bucha si è detto che i soldati russi erano sempre ubriachi. «Non solo i ragazzini impreparati, i graduati sono perennemente ubriachi. Scorre alcol a fiumi, è una situazione fuori controllo».

Quindi è vero che ci sono molte persone non addestrate alla guerra? «Sì, la maggior parte sono soldati che non sanno combattere. Ci sono tassisti, panettieri, gente comune».

Nessuno dei miei voleva uccidere gli ucraini, abbiamo amici e parenti che vengono da lì. Sappiamo che loro stanno solo difendendo le loro case Ha mai visto saccheggi? «Decine di volte. I militari entrano nelle case e rubano di tutto: oggetti di valore, televisori, tappeti, cibo. Alcuni addirittura le macchine».

Che cosa è impossibile immaginare da qui? «La violenza è immaginabile, è difficile capire chi crede alla propaganda di Putin: è il diavolo».

Come è scappato? «A fine maggio mi trovavo in una zona di campagna e con altri sette compagni abbiamo deciso di andarcene. Avevamo degli amici tra i comandanti che non ci hanno denunciati. Una volta in Cecenia ho scritto una lettera di dimissioni, mi hanno chiamato disertore e sono stato licenziato. Con la mobilitazione parziale di settembre non ero comunque al sicuro: volevano che tornassi a combattere. Mi sono nascosto finché un’associazione mi ha aiutato a espatriare. Per quello che sto denunciando rischio la morte».

 Dove si trova ora? «In un Paese delle Americhe. Ho chiesto asilo agli Stati Uniti, ma nessuna risposta».

Come sta? «Sono fisicamente stanco di avere paura. La notte sogno i miei amici uccisi».

Che cosa pensa di Zelensky? «Questa guerra è la storia di un comico che diventa un presidente e di un presidente diventato un comico».

Come vede il futuro? «Non so quando, ma l’Ucraina vincerà. Chiedo scusa al popolo ucraino, so che si libereranno del nemico e allo stesso tempo libereranno noi dal dittatore».

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