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Il Giornale Rassegna Stampa
11.02.2023 E' odio antiebraico
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 11 febbraio 2023
Pagina: 5
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Auto sulla folla: due morti. E'la nuova Intifada»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 11/02/2023, a pag.12, l'analisi di Fiamma Nirenstein, dal titolo "Auto sulla folla: due morti. E' la nuova Intifada" 

PM Netanyahu Appoints Fiamma Nirenstein as Ambassador to Italy | Prime  Minister's Office
Fiamma Nirenstein

Ogni volta è un nuovo sguardo nella perversione della natura umana, qualche giorno fa il terrorista ha aspettato per ammazzarle le persone che escono dalla preghiera e ne ha ucciso 7; il giorno dopo, il 29 gennaio un ragazzino di 13 anni ha sparato a sua volta su un padre e un figlio usciti dal tempio; ed oggi un cittadino arabo israeliano di 31 anni, Hossein Karake, padre di tre figli, si è annidato col motore acceso di fronte a una fermata dell’autobus nel quartiere dei Ramot, e quando la folla gli è sembrata abbastanza fitta, allora con una sgassata ha lanciato l’auto addosso a un bambino di 6 anni Israel Pelay e l’ha ucciso, a suo fratello di 8 anni, in fin di vita, a uno studente di 19 anni sposato da due mesi, morto, e a altri 5 rimasti feriti fra cui il padre dei bambini. Due poliziotti gli hanno imposto invano di uscire dall’auto e nello scontro l’hanno ucciso. Harake viveva a Issawiya 25mila abitanti, un sobborgo di Gerusalemme est, un mondo di circa 300mila persone per la maggioranza arabe; aveva quindi documenti e targa che gli consentivano libera circolazione come agli altri terroristi che hanno ammorbato la capitale in questi mesi. Ma vi abitano anche le decine di migliaia che lavorano nelle banche, negli ospedali, negli uffici, sugli autobus, nei super… Un puzzle impossibile che non consente una chiusura generica né un attacco di sicurezza, come invece il ministro alla sicurezza interna Itamar Ben Gvir è sembrato suggerire promettendo una nuova operazione “Muro di Difesa” come quello con cui Sharon mise fine alla seconda Intifada. Ma non è la stessa cosa: Gerusalemme è la capitale d’Israele,Israele confusa e sofferente e si domanda cosa fare, i falchi e le colombe sembrano ripetere ambedue idee fruste: fra i terroristi ci sono ricchi e poveri, colti e ignoranti, il suggerimento sociale è vuoto, e quello politico che accusa Hamas anche di più. È sempre più evidente che il Fatah di Abu Mazen coltiva la stessa cultura dell’incitamento dei terroristi più riconosciuti, fra i palestinesi, il 58 per cento rifiuta la soluzione di due stati, il 70 per cento non vuole tornare a parlare senza precondizioni, il 73 crede fermamente che il Corano prevede la distruzione di Israele.

Hamas Praises Jerusalem Terror Attack - ABC News

L’Iran e la Turchia, l’uno sul fronte sciita che vede sempre più convertiti e affezionati alla sua promessa di distruggere Israele, e l’altro sul fronte della Fratellanza Musulmana vecchia sodale di Hamas e dotato di una visione Ottomana di Gerusalemme islamica e imperiale, sono ormai presenti in molte forme e in molti luoghi, mentre la grande rete dei testi scolastici e delle tv palestinesi affiancata da al-Jazeera che è il vero motore internazionale della lettura palestinese che vede Israele come un estraneo e finanzia Hamas e le sue armi. Da 22 anni l’Autonomia Palestinese non permette elezioni, si permette qualsiasi violazione dei diritti umani nel silenzio e soprattutto nel finanziamento internazionale, Abu Mazen si sostiene sulla politica di finanziamento dei terroristi uno a uno, con stipendi fino a 3000 dollari al mese, uno stipendio megalattico per l’Autonomia palestinese, nel mentre un patto di sicurezza con Israele, violato ogni giorno, lo protegge dall’odio di Hamas e lo copre come “moderato”. Gli arabi israeliani si abbeverano di questo messaggio, il terrorista viene festeggiato anche da loro la sua memoria santificata, dolci vengono distribuiti anche adesso in memoria dell’eroico Shahid. L’anno passato così Israele ha avuto 31 morti, 129 sono stati feriti, gli attacchi a fuoco per le strade che dimostrano l’ormai vasta diffusione di armi è salita a 300 agguati. Quest’anno già 8 sono stati uccisi, e centinaia di attacchi sono stati scoperti. Le risposte ci sono state, l’esercito agisce in difesa per catturare terroristi che avevano colpito o che stavano per colpire, e i morti palestinesi sono causati da conflitti a fuoco. Netanyahu l’ha detto più volte: “Attenzione, l’aria in questo periodo è incandescente” e William Burn l’ha appena minacciato “Siete a un millimetro dall’Intifada”.Ormai Israele di fatto c’è dentro fino al collo, non ancora con i numeri spaventosi dei morti dal 2001 al 2003, quando le strade furono sommerse dal sangue di 1500 innocenti. Ma ormai è chiaro che non si tratta di “lupi solitari”. Al contrario, mai il terrore ha potuto contare su una rete connessa sia nella cultura genocida, per cui un ebreo morto è oggetto di gioia popolare a Gaza, nella West bank, ma anche a Gerusalemme est e persino in certi ambienti beduini. Gli attacchi se non pianificati in anticipo, sono tuttavia preparati da: una cultura di massa che delegittima l’esistenza di Israele, da una vasta distribuzione di armi, e anche dalla continua promessa che Israele verrà distrutto, e che gli ebrei verranno uccisi. Si chiama antisemitismo.

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