Polonia: Russia Stato terrorista Paolo Valentino intervista il premier polacco Mateusz Morawiecki
Testata: Corriere della Sera Data: 09 febbraio 2023 Pagina: 13 Autore: Paolo Valentino Titolo: «'Per la Polonia come per l’Europa sconfiggere Putin è ragion di Stato'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/02/2023, a pag.13 con il titolo 'Per la Polonia come per l’Europa sconfiggere Putin è ragion di Stato' l'intervista di Paolo Valentino.
Il premier polacco Mateusz Morawiecki
«Se tutti i Paesi avessero reagito con la stessa rapidità e determinazione della Polonia, oggi saremmo molto più vicini alla vittoria dell’Ucraina». Lo dice il premier polacco Mateusz Morawiecki, in un’intervista esclusiva al nostro giornale. Cinquantaquattro anni, alla guida del governo di Varsavia dal 2017, Morawiecki è uno dei leader di Diritto e Giustizia, il partito di destra nazionalista fondato dai fratelli Jaroslaw e Lew Kaczynski. Signor primo ministro, la Germania ha finalmente dato il via libera alla fornitura dei suoi Leopard 2 all’Ucraina e autorizzato gli altri Paesi che li hanno a farlo. Dopo gli Usa e il Regno Unito, Berlino è il più grande fornitore di aiuti militari e finanziari a Kiev. Eppure, lei ha dichiarato che in Europa, in particolare in quella Centrale e Orientale, c’è una crescente sfiducia verso la Germania, a causa della sua politica verso l’Ucraina. Perché? «Meglio tardi che mai. Apprezzo l’aiuto della Germania all’Ucraina, ma dobbiamo anche mantenere le dovute proporzioni. Berlino dichiara più aiuti di quanti ne dia effettivamente. E non difenderemo l’Ucraina con le sole dichiarazioni. Anche se la Germania fornisse all’Ucraina quanto dichiara, sarebbe comunque una goccia nell’oceano delle necessità. Da uno dei Paesi europei più forti bisogna pretendere di più». Il cancelliere Scholz motiva la relativa cautela tedesca sia con il peso della Storia, sia con la necessità che gli alleati occidentali evitino ogni passo che possa portare a un ampliamento del conflitto e a uno scontro diretto tra Russia e Nato. «Il cancelliere ripeteva anche che non volevano procedere da soli, ma al contempo la Germania stava diventando un’isola solitaria in mezzo ai Paesi sempre più impegnati nell’aiuto all’Ucraina. Ritardare le consegne delle armi va contro gli interessi dell’Europa e fa sentire il Cremlino più sicuro di sé. Ma non così tanto da attaccare i Paesi della Nato. La Russia sa benissimo che in tale scontro non avrebbe alcuna possibilità». Lei pensa che il cancelliere Scholz abbia ancora un’idea sbagliata di Putin? «A quasi un anno dall’aggressione contro l’Ucraina, dovrebbe essere chiaro a tutti che ritornare allo stato di prima della guerra è impossibile. In Germania erano convinti che fosse possibile distogliere Mosca dalle sue aspirazioni imperiali attraverso lo scambio commerciale e allo stesso tempo che non bisognasse “infastidire l’orso”. Entrambi gli assunti si sono rivelati un fallimento. Per la Russia, le risorse energetiche svolgono la stessa funzione dei carri armati: sono strumenti per conquistare e rendere dipendenti. Vorrei credere che l’invio dei Leopard in Ucraina da parte del governo tedesco sia la prova di una svolta nella percezione della Russia e che la Germania continuerà a cooperare con la Polonia per garantire all’Europa sicurezza e stabilità. Se vogliamo che vinca la pace, non dobbiamo soccombere alla propaganda russa della paura». Crede che occorrerà fornire a Kiev anche i caccia F-16? Sia il cancelliere Scholz che il presidente americano Biden si sono detti contrari. «L’Ucraina ha il nostro pieno sostegno, anche a lungo termine. La Polonia ha già fornito a Kiev un’enorme quantità di attrezzature militari. Per quanto riguarda gli aerei da combattimento, la decisione dipende dalla Nato. Al momento, non ci sono accordi al riguardo. Tuttavia, come ha detto il presidente della Conferenza per la Sicurezza Wolfgang Ischinger, non dovremmo escludere nulla, altrimenti rafforziamo solo Mosca». Alcuni analisti sostengono che la Polonia voglia approfittare della crisi ucraina per spostare il centro di gravità europeo verso Est e forgiare un nuovo equilibrio geopolitico, con Varsavia alla guida, che prenda il posto della tradizionale leadership franco-tedesca dell’Ue. È così? «Consideriamo la guerra in Ucraina soprattutto una minaccia esistenziale per la Polonia e per tutta l’Europa. Se la Russia la vince, tutte le analisi geopolitiche possono essere gettate via. La Polonia non ha scelto il luogo in cui si trova sulla carta geografica, ma comprende perfettamente la responsabilità che questa posizione comporta. Sconfiggere la Russia è una ragion di Stato sia polacca che europea». Perché è contrario all’idea di colloqui con il Cremlino? Prima o poi, è con il nemico che occorre negoziare per porre fine a una guerra. «Con i terroristi non si tratta. E la Russia è diventata oggi uno Stato terrorista. Bombardamenti quotidiani di città, attacchi a obiettivi civili, stragi di donne e bambini: la portata dei crimini di guerra della Russia è semplicemente mostruosa e fin quando ciò non avrà fine, non c’è nulla di cui parlare. E un’altra condizione per riportare la Russia nel gruppo degli Stati civili è la de-putinizzazione. Ma sono i russi stessi a dover smantellare questo sistema quasi totalitario creato dal presidente Putin. Allora ci sarà la speranza di un futuro diverso per le relazioni Russia-Ue». Pensa che la guerra debba continuare fino alla sconfitta totale della Russia? E ci sarà ancora posto per Mosca nella futura architettura della sicurezza in Europa? «La Russia può ritirarsi da questa guerra già oggi. I russi e le élite russe dovrebbero finalmente accorgersi che quella che la propaganda di Putin chiamava “operazione speciale” è di fatto una missione suicida per la Russia. C’è posto per la Russia nel mondo, ma non può essere una Russia imperiale, la Russia di Putin. La Germania è tornata nel gruppo dei Paesi civili dopo Hitler. Questo processo non è stato facile, ma ha avuto successo. Questo percorso non è chiuso neanche per la Russia». Ancora in dicembre lei ha detto che il suo governo e quello guidato da Giorgia Meloni condividono la stessa posizione in Europa: entrambi sono contro i diktat della burocrazia europea e in favore di un’Europa delle patrie. Eppure, le prime mosse di Meloni sembrano piuttosto seguire la tradizionale linea italiana dell’integrazione e della solidarietà su temi come il debito comune, l’immigrazione, il diritto d’asilo. È quello che si aspettava? «Né io, né il presidente del Consiglio Meloni siamo politici anti-Ue. Dirò qualcosa che potrebbe sorprendere, ma non ci sono forze politiche più pro-Ue di quelle che oggi criticano le fossilizzate istituzioni europee. Vediamo che l’Europa ha intrapreso un percorso di separazione dalle proprie tradizioni, che non porta da nessuna parte. La Brexit dovrebbe far riflettere tutti. L’Ue non è di proprietà dei burocrati di Bruxelles. L’Ue appartiene alle nazioni che la compongono. E dobbiamo fare di tutto affinché i cittadini abbiano maggiore incidenza sulla direzione verso cui sta andando l’Europa. Solo così la proteggeremo dal disgregamento». La Polonia è stata formalmente accusata dalla Commissione europea e dal Parlamento di violare i principi dello Stato di diritto, che sono alla base dell’Unione. Cosa avete fatto concretamente per correggere queste violazioni? E cosa pensa del meccanismo che consente la sospensione dei pagamenti di bilancio a un Paese membro che viola lo Stato di diritto? «Io vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Eppure, la situazione è molto migliore. Siamo d’accordo con la Commissione europea sul 95% delle questioni, solo alcune sfumature sono ancora oggetto di controversia. Dopotutto, si tratta più di politica che di Stato di diritto. Su questa vicenda si sono accumulate tante incomprensioni, spesso dovute alla cattiva volontà di politici ostili alla Polonia. È ora di darci un taglio. La Polonia sta dimostrando solo buona volontà in questa vicenda. Abbiamo a cuore la cooperazione e l’unità in Europa. C’è una guerra alle nostre porte. Non abbiamo bisogno di lotte interne. Il nemico è all’esterno».
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