Roger Waters (Pink Floyd) antisemita Commento di Assia Neumann Dayan
Testata: La Stampa Data: 07 febbraio 2023 Pagina: 26 Autore: Assia Neumann Dayan Titolo: «Faida nei Pink Floyd. La moglie di Gilmore accusa Waters: sei antisemita»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/02/2023, a pag.26, con il titolo "Faida nei Pink Floyd. La moglie di Gilmore accusa Waters: sei antisemita" il commento di Assia Neumann Dayan.
Roger Waters
Polly Samson, moglie di David Gilmour, ieri ha scritto un tweet: «Sfortunatamente Roger Waters sei antisemita fino al midollo. Sei anche un apologeta di Putin e un bugiardo, un ladro, un ipocrita, uno che elude le tasse e canta in playback, un misogino, un invidioso patologico, un megalomane. Ne abbiamo abbastanza delle tue cazzate». È forse un test di Rorschach sulla gravità dei crimini di cui ci si può macchiare? È peggio essere antisemita o evasore fiscale? Peggio misogino o invidioso patologico? O, più probabilmente, è peggio di tutto essere il cantante dei Pink Floyd e cantare in playback? Gilmour e Waters litigano da una vita, è cosa nota, quale gruppo non ha mai litigato, forse solo i Maneskin, ma pure qui ci sono dei dubbi. Waters ha sempre tenuto posizioni equivoche sulla guerra contro l'Ucraina, ma non è chiaro perché proprio ieri Polly Samson abbia aperto il suo cuore a tutta la popolazione mondiale. Waters lo scorso anno aveva scritto una lettera a Olena Zelenska in cui le diceva che «il massacro serve solo agli interessi degli estremisti in Occidente e in Ucraina», che suo marito avrebbe preso «decisioni totalitarie e antidemocratiche» e che insomma se l'erano un po' cercata questi nazionalisti ucraini. Zelenska aveva risposto che «Waters dovrebbe chiedere la pace al presidente di un altro Paese», e quindi lui aveva scritto una lettera a Putin sul suo profilo Facebook che inizia così: «Caro Presidente Putin, da quando la Federazione Russa ha invaso l'Ucraina il 24 febbraio scorso ho cercato di usare la mia piccola influenza per incoraggiare un cessate il fuoco e trovare una soluzione diplomatica che risponda alle esigenze di sicurezza sia dell'Ucraina che della Federazione Russa». Le due date che poi avrebbe dovuto fare in Polonia, in seguito, sono state cancellate. Waters ha rilasciato pochi giorni fa un'intervista alla Berliner Zeitung dove, oltre alle solite posizioni filoputiniane -dice che si scrive con una ragazza ucraina, lei gli ha scritto che non ci sono i nazisti in Ucraina, ma Waters non è mica convinto, lui nei tranelli non ci cade - aggiunge: «Gli israeliani stanno commettendo un genocidio. A mio avviso, Israele ha il diritto di esistere fino a che è una vera democrazia. Fino a che nessun gruppo, religioso o etnico, gode di più diritti di qualsiasi altro. Ma sfortunatamente questo è esattamente ciò che sta accadendo in Israele e in Palestina». Non sottovaluterei i rimasugli antisemiti che in questi ultimi tempi stanno tornando in cronaca: dai deliri di Kanye West, agli attentati, agli insulti a Elly Schlein, ai vaneggiamenti su Soros. L'antisemitismo è sempre lì, non ci facevamo più caso, ma c'è sempre, e ammazza la gente. Da tutto questo delirio viene fuori chiarissima una cosa: conoscere le opinioni personali degli artisti apre scenari morali. Spesso, sarebbe meglio non sapere niente: non voglio dire di togliergli i social, dargli un ufficio stampa che magari gli dia una pacca sulla spalla e ci parli un attimo, levargli il telefono, carta, penna, fax, però a volte vorremmo continuare a vivere senza sapere proprio tutto quello che passa per la testa degli artisti. Bisogna smettere di ascoltare i Pink Floyd perché Waters dice che Israele sta compiendo un genocidio? Bisogna andare a bruciare The Wall perché Waters pensa che gli ucraini siano dei nazisti? Sono piuttosto convinta che separare l'arte e l'artista sia la cosa migliore che possiamo fare, ed è migliore delle altre opzioni perché è difficilissimo. Sono idee funeste e pericolose le sue, e ogni volta che un inarrivabile genio delude le aspettative il tonfo ha un suono spaventoso e fa ancora più rumore. Waters non ha ancora risposto a Polly Samson, ma potrebbe anche farlo: può essere che finisca a fare un monologo sulla libertà di espressione, sull'equivocare le idee altrui, ed è una linea che si assottiglia sempre di più quella tra la verità, il verosimile e la malafede. Infondo, lui ha scritto sia a Zelensky che a Putin. Infondo, non ha parlato di «ebrei» ma di «israeliani». La percezione della sua opera - monumentale, di portata storica, dal valore pressoché inestimabile - cambierà? No, ma quello sull'uomo sì, e la storia non perdona quasi mai.
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