I droni contro l’Iran, un aiuto per Zelensky Analisi di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 31 gennaio 2023 Pagina: 15 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Il ruolo di Teheran, vassallo dello Zar»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 31/01/2023, a pag. 15, l'analisi di Fiamma Nirenstein.
Fiamma Nirenstein
L’Iran adesso promette vendetta, mentre a poche ore dall’attacco a Isfahan altri due obiettivi sono stati colpiti: due convogli di camion carichi di armi iraniane per gli Hezbollah al confine fra la Siria e l’Iraq sono stati distrutti. Lo schiaffo è potente. Probabilmente si prepara una risposta. Ma gli ayatollah non potranno uscire dai binari senza il permesso del loro alleato, Putin, che ormai è anche il loro boss. Chiunque ha attaccato le strutture che producono armi, velivoli, uranio arricchito per l’Iran ha collocato la questione delle armi iraniane in un punto centrale dello scenario mondiale. Se si dovesse aprire un fronte diretto della guerra anche in Medio Oriente, si disegnerebbe come la scena di una guerra mondiale guerreggiata dalle due parti oggi in conflitto sulla scacchiera internazionale, quella della Russia con l’Iran e quella Occidentale. È stata un’operazione grandiosa l’attacco di droni, probabilmente lanciati da una cellula nella zona e attribuito a Israele, alla struttura militare nella città di Isfahan, nel cuore dell’Iran, un centro grande e difeso. I droni suicidi “quadcopter” sono piovuti diritti contro la struttura che produce, sembra, i missili ipersonici che possono arrivare fino a Gerusalemme, o a Kiev!
Volodymyr Zelensky
Oggi Zelensky deve sentirsi finalmente spalleggiato sul serio e Putin è probabilmente inchiodato al telefono con gli ayatollah o con il primo ministro iraniano Raisi che lo tempestano di domande sul prossimo passo. E intanto l’incontro di ieri fra il segretario di Stato americano Anthony Blinken a Netanyahu a Gerusalemme ha certo preso una strada molto più vivace e fattiva dei soliti incontri amichevoli e tuttavia un po' ripetitivi fra Stati Uniti e Israele. Era stato Blinken poche ore prima a dichiarare improbabile un ritorno all’accordo sul nucleare cui Biden aveva puntato, e ad affermare che ogni ipotesi strategica è aperta, ovvero anche la guerra. Quello che ha portato a capire che un accordo con gli ayatollah era un’illusione, è stato certo la sua collaborazione con Putin, poi il dispiegamento della vera natura del regime con la repressione di massa di queste settimane, i cinquecento e più morti, ragazzi, donne e bambini, per le strade, le impiccagioni medievali, disumane; ma anche la sfacciata gestione iraniana della trattativa a Vienna col P5+1, la ripetizione delle menzogne all’IAEA sull’uranio arricchito. E allora mentre l’orizzonte occidentale diventava sempre di più quello di un fronte tutto unito, dagli USA all’Europa ai Paesi sunniti aperti al dialogo, contro la Russia dell’aggressione all’Ucraina e i suoi amici, mentre la Cina e anche la Turchia restano perplessi, l’Iran ha compiuto in maniera definitiva il salto strategico: è una scelta costosa, e gli ayatollah devono averla fatta perché ormai stretti all’angolo dall’insurrezione. Fornendogli i droni, si sono messi sotto l’ala di Putin. Per la Russia il vantaggio è stato grosso: senza quelle armi, si dice che avrebbe già perso. È la scelta di sottomissione che a suo tempo ha compiuto Assad in Siria, o che hanno fatto la Bielorussia e il Kazakistan: hanno scelto la protezione di Putin, dalla sua parte e ai suoi ordini. Ma è anche naturalmente una scelta che dona all’Iran una dimensione strategica molto più larga di quella tradizionale della conquista sciita del mondo islamico e della vittoria apocalittica del “Mahdi” il profeta sciita, sull’Occidente. È anche per Putin un legame intrigante, che può portarlo a mettere in atto quelle minacce a Israele che ha sempre lanciato quando minacciava: “Restate neutrali, noi siamo qui sul confine siriano con le armi puntate”. Ma Israele stavolta un passo l’ha fatto, e molto più importante come del resto avviene da tempo, delle parole di solidarietà. L’ambasciatore israeliano in Germania Ron Prosor l’ha detto al giornale Berliner Morgenpost: “Noi aiutiamo a battere l’invasione russa, anche se dietro le quinte, e molto di più di quello che si sappia”.