Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/01/2023, a pag. 2, con il titolo "Madri, figli, amiche: tutte le vite stroncate dal missile su Dnipro", l'analisi di Andrea Nicastro.
Andrea Nicastro
In Italia sono le 14.30 di sabato quando al comando del 52° Reggimento Shaikovka dell’aviazione russa un colonnello dà l’ordine ai bombardieri di sganciare. È il via alla seconda ondata di attacchi missilistici del giorno. Dal 24 ottobre è la decima volta che il Cremlino tenta di azzoppare le infrastrutture energetiche ucraine per lasciare i civili al buio e al freddo. Questa volta l’attacco non prevede alcun drone. Solo ordigni potenti, veloci, difficili da intercettare.
14.31 Un missile Kh-22 si stacca dalle ali del bombardiere nello spazio aereo della provincia russa di Kursk e inizia il suo volo verso un obbiettivo a Dnipro. Pochi secondi e il missile rompe il muro del suono. È un ordigno sovietico, pensato per affondare una portaerei. Pesa 5,5 tonnellate e trasporta una testata convenzionale da una tonnellata. In quel momento, a Dnipro 400 chilometri in territorio ucraino, Olga Korenovskaya approfitta del bel sole per far giocare il figlio al parco. Ha appena salutato il marito Mikhail che è tornato con la spesa a casa nel grande condominio in Lungofiume Vittoria 118. Non si rivedranno più.
14.32 Anastasia Shvets, è a casa, al settimo piano dello stesso palazzo. Ha 23 anni, due grossi tatuaggi sulle cosce e un anello al naso. Da quando in settembre il suo ragazzo è stato ucciso al fronte non è più la stessa. Anche questo sabato non è voluta uscire. Eppure c’è tanta gente in centro anche se i saldi non sono ancora cominciati. I genitori sono restati a casa per farle compagnia, caso mai avesse voglia di sfogarsi un po’. Nastya , come la chiamano gli amici, si è chiusa in bagno per stare da sola. Lo fa spesso. Come scriverà sul suo account Facebook, i genitori sono in cucina.
14.33 Davanti allo stesso condominio di nove piani sul Dnipro, camminano due amiche. Sono Olga Usova e Iryna Solomatenko. Sono dentiste, sono state assieme su un autobus attrezzato a studio dentistico vicino alla prima linea. Iryna ha due figli, all’inizio della guerra era scappata in Polonia, ma poi è rientrata. Olga ha un bimbo di tre anni. È profuga da Donetsk, dal 2014 quando i filorussi presero il controllo della capitale del Donbass. Le due amiche stanno andando nella palestra dove a volte fa lezione anche Mykhailo Korenovsky, maestro della Federazione pugilistica ucraina. Il coach, in quel momento è a casa in Lungofiume Vittoria 118.
14.34 Una donna, di cui non si conosce il nome, non è nella sua cucina al quinto piano del palazzo. Ha sistemato un piatto di mele sul tavolo. Le ha scelte al mercato gialle in modo che stiano bene col colore dei mobili. Fosse rimasta ad osservare la sua composizione sarebbe sopravvissuta.
14.34 Rusana Babkina invece sta per salvarsi perché è lontana da casa. Abita al pian terreno di Lungofiume Vittoria con la nonna, la sorella più grande e la mamma. Fra pochi secondi nove piani di cemento armato le schiacceranno. Sono profughi di Mariupol. Padre e madre, entrambi militari, hanno combattuto sino all’ultimo nell’Azovstal e fatti prigionieri alla fine dell’assedio. In autunno la mamma è stata scambiata con soldati russi e ha ripreso servizio. Sabato marcava visita, a casa, perché influenzata. Il padre è ancora prigioniero. Rusana ha appena chiamato casa: «la nonna stava friggendo i panzerotti (chebureki), la sorella puliva e la mamma si sentiva meglio».
14.35 Il missile supersonico K-22 si abbatte sul condominio. L’esplosione sventra l’edificio, polverizza decine di vite. Altri muoiono schiacciati in 72 appartamenti o sul marciapiede come le due dentiste Iryna e Olga. Inabitabili altre 290 case. Iniziano i soccorsi.
15.05 Anastasia Shvets riesce a liberarsi dalla porta del bagno che si è ritrovata addosso, ma che l’ha anche protetta. Non trova i pantaloni. Guarda la voragine davanti a sé: è là dove dovrebbero esserci la cucina e i suoi genitori. La ragazza si accuccia su quel che resta del pavimento. È tutto coperto da macerie, dietro ha una vasca da bagno rovesciata, sulla sua testa oscillano travi di cemento armato. Anastasia si tappa la bocca con le mani. Anche un grido, pensa, può smuovere qualcosa. Un’ora dopo, i pompieri riescono a salvarla. La famiglia di Rusana è scomparsa così il pugile, il marito di Olga e tanti altri. Il conto per ora è 30 morti, 42 dispersi, 73 feriti. Tutti in gran parte già colpiti dalle conseguenze della guerra come ogni ucraino.
Ieri, con le immagini della strage su tutti i siti, i soccorritori che ancora sentivano sms e voci provenire da sotto le macerie, il miracolo di Olga Korenovskaya, salvata dopo 20 ore tra le macerie, ormai con il corpo a 31 gradi, ma viva, il portavoce della Difesa russa ha finalmente parlato del bombardamento di sabato. «È stato un attacco perfettamente riuscito alle strutture di comando e controllo nemiche e alle infrastrutture energetiche», ha detto. Della strage del condominio di Dnipro non una parola, neppure l’odiosa formula del «danno collaterale». Così come non un cenno all’ospedale di Kherson, bombardato ieri, dove sono stati distrutti anche gli uffici della Croce Rossa e ferite due persone. D’altra parte, assicura il presidente russo Putin «tutto procede come programmato» e l’Operazione in Ucraina ha assunto «una dinamica positiva».
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