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La Stampa Rassegna Stampa
09.12.2022 In Russia il signore della guerra
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 09 dicembre 2022
Pagina: 23
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Il signore della guerra»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/12/2022, a pag.23 con il titolo "Il signore della guerra" il commento di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI
Anna Zafesova

Is Today's Russia a Relic of the Past? | Perspectives on History | AHA

C'è qualcosa di simbolico nel fatto che un ex tenente dell'ex Armata Rossa diventato un mercante d'armi internazionale venga scambiato con una campionessa di basket afroamericana e lesbica. Probabilmente la scelta di trasformare Britney Griner in una pedina di scambio è stata dettata soltanto dalla relativa facilità di arrestarla, visto che giocava in Russia: il giornalista esperto di servizi segreti russi Andrey Soldatov descrive infatti come comune la prassi di Mosca di imprigionare occidentali da barattare poi con connazionali detenuti all'estero. Eppure anche a livello di immagine è una scelta che la propaganda non mancherà di sfruttare, presentando la campionessa americana come il simbolo dell'Occidente "depravato" da respingere, mentre la patria accoglie nel suo abbraccio un vero uomo, un militare, un patriota che teneva un ritratto di Vladimir Putin nella sua cella e che vendeva armi a terroristi e guerriglieri che volevano uccidere americani, perché, diceva loro, «abbiamo gli stessi nemici». I modelli della Russia oggi sono personaggi come Evgeny Prigozhin, il fondatore del "gruppo Wagner" che recluta detenuti per la guerra in Ucraina e manda mercenari in Libia e Ciad, o il leader ceceno Ramzan Kadyrov che guida battaglioni che inneggiano alla jihad e i cui critici uccisi potrebbero ormai riempire un cimitero. Ma se questi personaggi assomigliano spesso ai cattivi di un film di serie B con Steven Seagal – non a caso un altro degli ospiti preferiti di Putin, che gli ha concesso anche un passaporto russo e un posto d'onore alle parate in piazza Rossa – Viktor Bout può aspirare a una parte in una delle serie di James Bond. Figlio di una bibliotecaria e di un meccanico - anche se nulla può essere affermato con certezza nella vita di un uomo che ha viaggiato il mondo con almeno cinque passaporti e alias - di Dushanbe, la capitale del Tagikistan, ucraino (o, secondo altri, moldavo) di nascita, è il tipico prodotto del colonialismo sovietico, che ha trascorso l'infanzia alla periferia di un impero fatiscente e ha considerato la carriera militare come la più ovvia opportunità di farsi strada nella vita. Una scuola di cadetti a Kazan, poi la leva e infine il prestigioso Istituto della Bandiera Rossa della Difesa, la fucina degli agenti dello spionaggio militare Gru e dei "consiglieri" che Mosca mandava in tutto il mondo a fare le sue guerre per procura. Bout però era arrivato troppo tardi: l'Urss si stava sgretolando, e dopo qualche missione in Mozambico e Angola come traduttore dal portoghese, l'ambizioso tenente maggiore si licenzia a soli 24 anni. Dall'esercito porterà via la moglie Alla, conosciuta a una riunione del partito comunista e trasformata in proprietaria di boutique eleganti dalla Germania agli Emirati, e una intricata rete di molteplici e misteriosi contatti. Mark Galeotti, esperto americano di intelligence russa, non dubita che Bout abbia come minimo attinto dai contatti con il Gru, circostanza dimostrata anche dall'insistenza che la Russia ha mostrato per quindici anni nel volerlo liberare. Ma i contatti non bastano a spiegare quel formidabile risultato imprenditoriale che ha portato l'ex tenente a muovere una flotta di 60 aerei in giro per il mondo, e a rendersi interlocutore indispensabile di governi, dittatori, terroristi, guerriglieri e perfino dell'Onu. Poliglotta - parla inglese, francese, portoghese, arabo e farsi, oltre a una serie di dialetti africani -, Bout ha girato il mondo raccogliendo rottami dell'ex impero sovietico, mettendo insieme, tra aerei dismessi e piloti disoccupati, una potenza logistica internazionale, che trasportava qualunque cosa, dai fiori e polli surgelati ai Kalashnikov e ai missili. Un autentico «Lord of War», come si intitola il film del 2005 con il personaggio impersonato da Nicholas Cage che si ispira chiaramente a Bout, anche nell'essere completamente spregiudicato: in Angola, vendeva armi ai ribelli di Unita dopo averli combattuti insieme all'esercito sovietico, in Afghanistan lavorava con i taleban come con Massoud e il governo di Kabul, e in Bosnia forniva armi ai leader musulmani che combattevano il grande alleato russo Milosevic. Nelle interviste ha sempre negato di essere un mercante di armi, insistendo di essere soltanto un imprenditore della logistica. In Africa però lo chiamavano "Sanction Buster", l'aggira sanzioni, ed è stato avvistato con il dittatore della Liberia Charles Taylor ed esponenti di Hezbollah e Al Qaeda (ha sempre negato sia i traffici in "diamanti insanguinati" che i contatti con Bin Laden). Per molti anni è rimasto imprendibile: già nel 2000 l'Onu citava un suo schema di fornitura di armi all'Angola con «partenza da Burgas in Bulgaria per portare armi prodotte in loco con certificati falsi di destinazione verso il Togo». Altri itinerari passavano da Paesi arabi (il socio principale di Bout era siriano e la base delle operazioni era negli Emirati), e l'impero si alimentava dalle rimanenze dei magazzini bellici dell'Est Europa come dalla rete di ex clienti del comunismo internazionale in Africa e Medio Oriente, senza dimenticare Asia e America del Sud. Ora sembra destinato a una carriera politica: è già stato invitato a consultare la Duma sulle relazioni internazionali. Probabilmente lo aspetta anche una medaglia, se non altro come premio per aver taciuto per tutti i 10 anni trascorsi in una prigione americana, dove ha fatto yoga e si è lamentato della mancanza del latte di soia: il "mercante di morte" è un convinto vegetariano.

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