Gli ayatollah non cedono Commento di Fabiana Magrì
Testata: La Stampa Data: 07 dicembre 2022 Pagina: 2 Autore: Fabiana Magrì Titolo: «Conti bancari bloccati, botte e torture gli ayatollah non cedono alle proteste»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/12/2022, a pag.2, con il titolo "Conti bancari bloccati, botte e torture gli ayatollah non cedono alle proteste" il commento di Fabiana Magrì.
Fabiana Magrì
Comincia a intravvedersi più chiaramente il disegno sotteso alle affermazioni sull'abolizione momentanea della polizia morale e sulla revisione della legge che impone il velo obbligatorio alle donne, rilasciate da funzionari del potere iraniano alla vigilia della mobilitazione e degli scioperi iniziati lunedì in tutto il Paese. Tali dichiarazioni, da molti osservatori internazionali definite fin da subito «ambigue o vaghe», appaiono sempre più orientate a uno svecchiamento del piano statale noto come «Efaf (castità) e Hijab (velo)» allo studio della commissione Cultura del parlamento iraniano, che andrà nella direzione di «misure punitive più moderne e precise contro l'abbigliamento improprio». Dalle piazze, gli attivisti continuano a denunciare il drastico aumento, dall'inizio delle proteste, della violenza contro le donne tanto nelle strade quanto nelle carceri. Oggi, nella giornata nazionale dello studente, è atteso, in una delle università del Paese, un intervento del presidente Ebrahim Raisi, che ieri ha annunciato la scarcerazione dell'86% delle persone arrestate nel Kurdistan. È stato Hossein Jalali, membro del Consiglio islamico e della Commissione culturale, ad annunciare, interrogato dal quotidiano riformista Shargh e da Bbc Persian, le prime novità nei provvedimenti da mettere in pratica, nelle prossime settimane, riguardo all'uso del velo in pubblico, obbligatorio nella Repubblica islamica fin dalla sua fondazione nel 1979. Al posto delle pattuglie di agenti in divisa verde e delle poliziotte con il chador nero della Gasht-e Ershad, è allo studio un sistema di notifiche tramite sms e altre forme di messaggistica. Dopo gli avvertimenti, si passerà alle punizioni per le donne senza hijab. E, promette Jalali, «il costo da pagare sarà più alto», portando come esempio la nuova misura del blocco dei conti bancari intestati a chi viola la legge. «Non ci sarà alcun ritiro dal piano dell'hijab - ha chiarito e precisato il funzionario iraniano - perché significherebbe il ritiro della Repubblica islamica». Nei video diffusi sui social media dagli attivisti, anche ieri si sono viste immagini di dimostrazioni anti governative perlopiù pacifiche, serrande dei negozi abbassate e gruppi di donne e uomini gridare slogan contro la Guida suprema Ali Khamenei, nella capitale Teheran e in altre città come Kuzaran, Karaj, Mashad, Rasht, Shiraz e Arak. Ma, in alcune occasioni, i manifestanti hanno appiccato il fuoco in mezzo alla strada per bloccare il traffico e hanno lanciato oggetti contro gli edifici. Si sollevano sempre più forti anche le denunce di abusi e violenze contro le ragazze arrestate nelle manifestazioni e incarcerate. Il Comitato delle Donne, uno dei gruppi del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, denuncia la morte di almeno 26 donne giustiziate in Iran dall'agosto 2021, quando Raisi è entrato in carica, una media di 15 all'anno per un macabro record mondiale di esecuzioni. Il comitato del CNRI riporta casi e testimonianze di torture, aggressioni, isolamento, violenze sessuali e somministrazione di pillole abortive, riservate alle donne nelle carceri. Un'attivista iraniana per i diritti umani, Narges Mohammadi, ha pubblicato un lungo post su Instagram, lo scorso 3 dicembre, in cui esorta il relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Iran, Javaid Rehman, a indagare sulle aggressioni sessuali nei confronti delle detenute. «Aggredire le donne nei centri di detenzione fa parte del programma di repressione del governo», ha scritto Mohammadi che ha subito il trattamento in prima persona, durante un periodo di detenzione nella prigione di Evin a Teheran, la stessa in cui è stata trattenuta l'italiana Alessia Piperno. Dopo aver sporto denuncia, racconta l'attivista, invece di ricevere giustizia è stata condannata a due anni e mezzo di carcere e 80 frustate.
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