Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/10/2022, a pag. 17, l'articolo di Andrea Marinelli, Guido Olimpo dal titolo "Ora Khamenei loda l’efficacia dei suoi droni: le bugie di Teheran che invia altre armi e addestratori in Crimea".
Hitler e Putin: maestro e allievo
Teheran mentiva sapendo di mentire. Appena due giorni fa, gli ayatollah negavano qualsiasi coinvolgimento nella crisi in Ucraina. Ora è la Guida Suprema Ali Khamenei a rivendicare con orgoglio l’efficacia dei mezzi venduti alla Russia: sono il frutto dell’élite iraniana e portano onore alla nazione, ha scritto. Il post dell’ayatollah sui social segue la conferma del prossimo invio di altre armi: alcuni funzionari iraniani hanno confidato all’agenzia Reuters che il 6 ottobre è stata siglata un’intesa per fornire ancora droni e missili a medio raggio all’Armata. Contemporaneamente l’intelligence americana, citata dal New York Times, ha rivelato che la teocrazia ha schierato istruttori della Guardia della rivoluzione in una base in Crimea per aiutare l’Armata a risolvere problemi tecnici nell’uso dei velivoli senza pilota. Inizialmente i russi avevano inviato personale in Iran per l’addestramento ma, sotto la spinta delle necessità, è stato deciso di effettuare il training direttamente nella penisola occupata, anche se lontano dal fronte. E chissà che non ve ne siano in Bielorussia, dove è stata segnalata la presenza di droni.
Le tecnologie
I mullah negli ultimi anni hanno sviluppato un grande arsenale di questi sistemi, grandi e piccoli, nonché missili a corto, medio e lungo raggio: spesso si tratta di «copie», elaborazioni di modelli stranieri — russi, cinesi, occidentali — che vengono poi ricreati localmente. Pezzi che hanno a volte suscitato perplessità tra gli analisti, dubbi che ieri lo stesso Khamenei ha sbeffeggiato per prendersi il merito: dicevano che erano dei photoshop e invece… ne hanno paura. Il loro impiego ha avuto un impatto, come ammettono a Kiev. Non disponendo di riserve infinite di missili, sparati a migliaia sulle città ucraine, i russi si sono affidati ai droni kamikaze iraniani per portare avanti la propria campagna di terrore, effettuando raid contro infrastrutture civili e strategiche. Teheran ha già spedito al Cremlino centinaia di velivoli ricognitori Mohajer-6 e soprattutto di Shahed 136, mezzi che volano a 185 chilometri orari e hanno un raggio d’azione attorno ai 1.800 chilometri. Sono lanciabili da camion, con testate esplosive da 36 chilogrammi che deflagrano all’impatto e — soprattutto se utilizzati a sciame, cioè in grande numero — restano una minaccia concreta per le aree urbane, i depositi e le centrali elettriche.
Moneta di scambio
Il successo degli Shahed è legato in particolare alle esperienze fatte dagli iraniani in passato nelle azioni contro bersagli in Arabia Saudita e lungo le rotte del petrolio, raid sferrati usando come punti di partenza Iraq e Yemen. Ha funzionato ieri, lo ripetono oggi e domani in Ucraina. Gli effetti possono essere pesanti, il costo per abbatterli — 223 da metà settembre, dicono ucraini — è sproporzionato rispetto al prezzo del drone stesso (20-50 mila dollari a seconda del tipo), un conto al quale si aggiungono le distruzioni per milioni di dollari. Sono le «armi della vendetta», ha spiegato nei giorni scorsi l’esperto Tiger Roloway. La collaborazione fra Mosca e Teheran è antica ma è stata riverniciata di fresco dalle esigenze contingenti, è ormai lontana l’epoca khomeinista di presunta equidistanza dall’Est e dall’Ovest. Ci sono altre priorità. Il Cremlino aveva bisogno di aiuto militare, visto che in otto mesi di guerra ha dato fondo alle scorte; la Repubblica islamica incassa dai russi valuta (forse anche tecnologia o aerei caccia) e si ritaglia uno spazio lontano dai suoi confini guadagnandosi futuri crediti magari in vista di prove difficili. Inoltre porta i suoi «consiglieri» all’estero, i militari insegnano e, al tempo stesso, studiano. Una lunga marcia dalle acque calde del Golfo a quelle del Mar Nero. Non è poco, anche se rischia conseguenze.
Le misure di Bruxelles
A Bruxelles, ha rivelato infatti Politico Europe, l’Unione europea si sta preparando a imporre sanzioni nei prossimi giorni verso cinque individui e tre entità iraniani, che si vanno ad aggiungere a quelle già comminate lunedì contro la polizia della moralità che sta reprimendo nel sangue le proteste contro gli ayatollah. Altre ripercussioni si potranno avere nel complesso negoziato per resuscitare l’accordo sul nucleare del 2015. Evidentemente gli eredi di Khomeini hanno imboccato la via del confronto.
Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante