Riprendiamo da LA LETTURA/ Corriere della Sera, del 9/10/2022, a pag.9, con il titolo "Quanti complici aiutano Putin", Chiare Lettere ed. la recensione di Federico Rampini
Una ottima recensione, invita a leggere un libro che aiuta a capire il mondo in cui viviamo
Bill Browder Federico Rampini
Oggi è diventato quasi un luogo comune affermare che le sanzioni adottate dall’Occidente allo zar. La sua voce merita di essere ascoltata, visto che da dieci anni Putin gli dà la caccia, ha tentato di farlo deportare a Mosca, e in un vertice con Donald Trump chiese la sua testa nell’ambito di uno scambio di spie. Browder crede all’utilità delle sanzioni, soprattutto quelle ad personam, che colpiscono gli oligarchi sequestrando i loro beni e vietandone l’ingresso nei Paesi occidentali. Non perché s’illuda che quei miliardari abbiano qualche potere di pressione su Putin. Al contrario è convinto che ne siano succubi, ricattabili e incapaci di sfidarlo. La ragione per cui Browder crede alle sanzioni è un’altra. «Gli oligarchi — sostiene — sono i custodi della sua ricchezza personale, che lui non può o non vuole intestarsi. Quando un oligarca vale 20 miliardi di dollari, la metà sono soldi di Putin. Sanzionare gli oligarchi non gli farà cambiare i suoi piani, però gli toglie ricchezze con cui finanzia le sue guerre». È la storia di Browder a rendere il suo parere autorevole. Questo finanziere anglo-americano di 58 anni fu uno dei più brillanti investitori occidentali in Russia nell’epoca «selvaggia» della transizione dal comunismo al capitalismo. Tramite il suo fondo Hermitage Capital Management ebbe un ruolo nelle privatizzazioni, come azionista di minoranza. Ivi compreso nel colosso Gazprom. Proprio perché i veri padroni erano altri — gli oligarchi, appunto — lui vide da vicino i metodi di gestione delle grandi imprese russe: le ruberie sistematiche ai danni degli azionisti e dello Stato, l’evasione fiscale e la frode, la corruzione, il falso in bilancio. Browder interpretò la parte dell’azionista militante, il socio di minoranza che denuncia, chiede trasparenza, esige pulizia nell’interesse di tutti. Ebbe libertà di manovra fino al 2003. In quell’anno Putin fece arrestare e incarcerare Mikhail Khodorkovsky, all’epoca il più ricco degli oligarchi: un segnale di svolta, l’inizio di una fase in cui i grandi capitalisti venivano asserviti al potere politico, oppure cadevano in disgrazia e potevano pagare con la vita. Browder fu espulso dalla Russia nel 2005. In seguito gli uffici di Hermitage furono presi d’assalto dalla polizia. Le prove che vi erano custodite sulla corruzione di oligarchi, politici, funzionari pubblici, vennero usate per fabbricare una montatura contro Browder. Il suo legale di fiducia, il russo di origine ucraina Sergei Magnitsky, fu arrestato dagli stessi ufficiali di polizia che lui aveva accusato di corruzione. Detenuto per un anno senza essere mai incriminato, il legale morì alla vigilia della scarcerazione, con ogni probabilità ucciso dagli agenti di custodia. Ebbe inizio allora la crociata politica di Browder, di cui questo libro è l’ultima testimonianza. Il finanziere riuscì a sensibilizzare opinioni pubbliche, media e Parlamenti, negli Stati Uniti e poi in tutto l’Occidente. Il risultato fu il Magnitsky Act, legge varata negli Stati Uniti nel 2012, poi il Global Magnitsky Human Rights Accountability Act del 2016. Normative analoghe sono state adottate anche in diversi Paesi europei. È la prima legislazione di vasta portata che consente di colpire con sanzioni ad personam coloro che sono colpevoli di gravi abusi contro i diritti umani, e corruzione. L’efficacia di Browder spiega l’accanimento di Putin contro di lui, la caccia all’uomo raccontata in Sfida allo zar e anche nel libro precedente, Red Notice: Scacco al Cremlino (Baldini Castoldi Dalai, 2016) . La gestazione dei due Magnitsky Act e la loro applicazione sono vicende istruttive. Barack Obama fece di tutto per non firmare la prima delle due leggi, dovette piegarsi nel dicembre 2012 su pressione del Congresso, e comunque incollò la legge anti-abusi ad un provvedimento che normalizzava le relazioni economiche con la Russia. Obama credeva ancora nell’utilità dei rapporti d’affari con Mosca. L’arrivo di Trump segnò altre indulgenze verso Putin, e anche in questo caso solo la pressione del Congresso impedì che venissero sabotate le sanzioni. In quanto all’applicazione del Magnitsky Act globale, da parte delle autorità americane ed europee, è rimasta perlopiù inesistente fino alla guerra in Ucraina. Il tema di Sfida allo zar è proprio questo: le sanzioni funzionano poco o male, anche perché i complici di Putin sono in mezzo a noi. Il libro si legge come un thriller, racconta soprattutto la battaglia che ha opposto Browder alla società russa Prevezon, sul suolo americano. Usando gli stessi fondi accumulati attraverso le frodi che Magnitsky aveva scoperto e denunciato, la Prevezon ha condotto la sua offensiva dentro il sistema giudiziario Usa per svuotare le sanzioni. Nel frattempo le autorità russe cercavano di demolire l’immagine di Brodwer attraverso campagne di diffamazione. Non tutti i russi lo considerano un nemico della patria. Il dissidente Boris Nemtsov definì il Magnitsky Act come «la legge più filo-russa mai varata negli Stati Uniti», perché con le clausole anticorruzione consentiva di proteggere il popolo russo dalle rapine dei politici e degli oligarchi. Ma Nemtsov è stato assassinato nel 2015. La narrazione di Browder ha gli ingredienti di un romanzo di spionaggio: avvelenamenti, testimoni scomodi che muoiono cadendo da una finestra o per un improvviso malore. La recente catena di morti «misteriose» nell’entourage di Putin ha arricchito la casistica. I personaggi più inquietanti che affollano Sfida allo zar sono, teoricamente, dei nostri. È una galleria di ritratti dei complici di Putin che in Occidente hanno cercato di impedire le sanzioni, di proteggere gli oligarchi. Alcuni di loro sono tuttora in grado di aiutare Mosca a evadere le sanzioni usando prestanome, società intestate ad altri, finanza clandestina. In questa fauna c’è di tutto: politici, finanzieri, avvocati, giornalisti. L’establishment in Europa e negli Stati Uniti è infiltrato di complici dell’autocrate. Le loro motivazioni sono variegate: dalla pura e semplice avidità, a un radicato sentimento anti-occidentale. La potenza delle reti di sostegno a Putin è provata dall’episodio in cui Browder viene arrestato e detenuto dalla polizia di Madrid, perché la Spagna esegue un mandato di cattura spiccato da Mosca e trasmesso attraverso l’Interpol. Se la pratica fosse proseguita fino all’estradizione, questo libro non esisterebbe.
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