Iran criminale: la storia di Nika Commento di Viviana Mazza
Testata: Corriere della Sera Data: 05 ottobre 2022 Pagina: 17 Autore: Viviana Mazza Titolo: «L’ultimo sfregio a Nika che cantava senza velo. La musica diventa arma per sfidare il regime»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/10/2022, a pag.17, con il titolo 'L’ultimo sfregio a Nika che cantava senza velo. La musica diventa arma per sfidare il regime' l'analisi di Viviana Mazza.
Viviana Mazza
Nika Shakarami
Nika Shakarami è un’adolescente che si diverte con gli amici: capelli corti, senza velo, tutta vestita di nero in pantaloni sportivi e ampia t-shirt, nel video diffuso sui social dopo la sua morte, prende il microfono e, ridendo, canta una vecchia canzone d’amore del 1968, che tutti gli iraniani sanno a memoria, tratta dal film Soltane Ghalbha (Re di cuori). «Una parte del mio cuore mi dice di andare, andare. L’altra parte mi dice di restare, restare». Nika è scomparsa il 20 settembre, durante le proteste contro il regime a Teheran. Il suo corpo è stato identificato dieci giorni dopo dalla zia, nell’obitorio di un centro di detenzione, ma l’agenzia di Stato Tasnim dichiara che è stato ritrovato per strada. Il 2 ottobre, il giorno in cui avrebbe dovuto celebrare il suo diciassettesimo compleanno, Nika è stata portata senza vita a Khorramabad, nell’Iran occidentale, con l’ordine alla famiglia di seppellirla in silenzio, senza funerale. Ma poi gli agenti hanno «rubato» il cadavere per seppellirla in un villaggio più piccolo, ed evitare che la sua tomba diventasse un luogo di pellegrinaggio. Nika cantava per divertimento, non per protesta. Ma anche il divertimento può essere una forma di protesta. Nel film Hit the Road, recente debutto di Panah Panahi, figlio del maestro Jafar Panahi oggi in prigione, una famiglia in auto ascolta ad alto volume vecchie canzoni dell’Iran pre-rivoluzionario. «La società attuale è contraria a questo tipo di musica, quindi è importante ascoltarla — ci disse il giovane Panahi — e le famiglie iraniane, quando vanno in vacanza, lo fanno sempre». Le proteste di questo autunno iraniano, piccole e decentrate ma imperterrite, giorno e notte, da oltre due settimane, hanno canzoni nuove come colonna sonora: più di tutte Per... di Shervin Hajipour, che elenca i motivi per cui il popolo combatte («Per poter ballare in strada, Per il timore nell’attimo di un bacio, Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle..»). L’autore è stato arrestato 24 ore dopo averla condivisa, ma le ragazze ora la cantano a scuola. «Un amico in Iran mi dice che in auto ce l’hanno tutti in loop a palla, è una gara a chi la mette più ad alto volume», racconta Saeed, che con Leila e Pejman è uno dei tre membri di Bowland, band iraniana di Firenze. Ma ci sono anche le vecchie canzoni di protesta, come quella scelta dai Bowland per accompagnare un loro video con le immagini delle manifestazioni. «Assomiglia a Bella Ciao, parla di partigiani e di rivolta contro la dittatura. Si chiama Sar oomad zemestoon (l’inverno è finito)». Fu cantata nelle strade durante la rivoluzione del 1979 e poi durante il Movimento verde nel 2009. «È finito l’inverno, la primavera è in fiore», dice il testo. Ma l’inverno non è mai finito. I Bowland hanno sempre evitato di parlare di politica, è più semplice se vuoi tornare in Iran; ora per la prima volta si espongono con la loro musica «per dare voce a chi sta combattendo», spiega Leila. Inclusi i ragazzini dell’età di Nika. «Le proteste nelle scuole sono una cosa che non si era mai vista — nota Pejman — Sono veramente coraggiosi». «Fanno ciò che avremmo voluto fare noi ma non avevamo le palle», aggiunge Saeed. Un’altra vecchia melodia ritornata su Instagram è Shab Navard (Chi cammina nella notte) di Mohammad-Reza Shajarian (inviso al regime per aver appoggiato il Movimento verde): parla di una «ragazza che gronda sangue», come Mahsa Amini. E poi c’è Bella Ciao: riscritta da due sorelle di Rasht, descrive il grano che cresce e ha bisogno di acqua per resistere. Alla sua popolarità potrebbe aver contribuito il film There is no Evil di Mohammad Rasoulof (Orso d’Oro 2020), in cui un soldato rifiuta di giustiziare un condannato a morte e fugge con l’amata sulle note di Bella Ciao.
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