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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.10.2022 I soldati russi si ritirano
Due servizi di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 ottobre 2022
Pagina: 10
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «La nuova ritirata di Mosca: gli ucraini riprendono Lyman - Vivere nella Mariupol russificata: 'Il nostro terrore? Essere reclutati'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/10/2022, a pag.10-12, con i titoli "La nuova ritirata di Mosca: gli ucraini riprendono Lyman", "Vivere nella Mariupol russificata: 'Il nostro terrore? Essere reclutati' " due servizi di Lorenzo Cremonesi.

Ecco gli articoli:

"La nuova ritirata di Mosca: gli ucraini riprendono Lyman"

Immagine correlata
Lorenzo Cremonesi

La bandiera gialla e azzurra da ieri è tornata a sventolare su Lyman. Non si ferma la spinta dell’avanzata ucraina mirata a riconquistare l’intero Donbass e ricacciare indietro le truppe russe addirittura oltre le posizioni da cui iniziarono l’invasione lo scorso 24 febbraio. Si tratta di una clamorosa sconfitta militare, politica e morale per Vladimir Putin e il suo entourage: subito dopo il referendum farsa (considerato illegale e condannato da larga parte della comunità internazionale) e la dichiarazione in pompa magna di due giorni fa a Mosca dell’annessione delle regioni occupate, le forze armate di Kiev dimostrano con i fatti che la realtà militare sul campo è radicalmente diversa da quella sbandierata dai russi. Non c’è annessione sulla carta o dichiarazione unilaterale che tenga: semplicemente, gli ucraini combattono meglio e con maggiore determinazione dei russi, le armi fornite loro dagli alleati occidentali, Stati Uniti in testa, garantiscono una superiorità che i soldati russi non sono in grado di contrastare. Lo conferma del resto anche lo scarno, ma realistico comunicato degli alti comandi di Mosca, che ieri, soltanto a poche ore dell’annuncio da Kiev circa i successi delle sue truppe e appena dopo le foto diffuse sui social delle bandiere ucraine sui tetti della cittadina di Lyman, ha ammesso che i suoi soldati stavano «ritirandosi per evitare di rimanere circondati e rischiare la cattura». E aggiungeva: «Nonostante le perdite subite, i nostri nemici, superiori per armamenti e numeri di forze, hanno continuato ad avanzare».


La porta del Donbass
Così la riconquista ucraina di Lyman, alle porte del Donbass centro-settentrionale, assume un significato fondamentale proprio per il momento in cui avviene e sembra preannunciare nuove sconfitte da parte russa. Per comprenderne la portata occorre ricordare che Lyman era stata occupata a metà maggio. Per Putin era il momento della vittoria, gli ultimi resistenti di Mariupol si erano appena arresi e le avanzate nel Donbass cancellavano le memorie delle sconfitte nel settore di Kiev a marzo. Oltre la metà dei circa 20.000 abitanti di Lyman erano fuggiti, ma i russi l’avevano trasformata in centro logistico e ferroviario che serviva da raccordo e punto di distribuzione dei rifornimenti per le truppe operanti nel Lugansk sulla direttrice settentrionale verso Izyum e Kharkiv e su quella del Donetsk centrale per Zaporizhzhia e Dnipro. Ma già a fine luglio era cominciato lo stallo. I lanciarazzi Himars, assieme ai droni e all’artiglieria pesante fornita via via agli ucraini dagli Usa assieme agli alleati Nato, stavano facendo la differenza.

 L’appello ceceno
La svolta è avvenuta nella seconda settimana di settembre, quando le colonne ucraine hanno sfondato da Kharkiv verso Izyum, sferrando un colpo mortale al morale e alle capacità offensive nemiche. I russi si attendevano un attacco nel Sud contro Kherson e sono rimasti spiazzati nel Nordest. In meno di due settimane hanno perso molto più territorio di quanto non ne avessero conquistato tra fine aprile a inizio settembre. Si erano allora illusi di poter resistere nelle foreste molto fitte attorno a Lyman, dove entrambi gli eserciti hanno perso centinaia di uomini: con l’arrivo del gelo invernale magari gli ucraini si sarebbero a loro volta trincerati. Ma così non è stato e la ritirata russa rischia di diventare una rotta nel cuore di quelle stesse terre che adesso Putin dichiara essere «parte integrante del Rusky Mir», il mondo della Russia. Ricorrerà davvero ad «ogni mezzo» per difenderle, incluso l’utilizzo di armi nucleari, come minaccia ormai apertamente? A sventolare lo spauracchio atomico si è aggiunto anche il leader ceceno Ramzan Kadyrov, che ieri ha consigliato di utilizzare «bombe tattiche a bassa intensità» e chiesto le dimissioni del comandante russo della piazza di Lyman, il colonnello Alexander Lapin.

Nuovi obiettivi
Certo è che le opzioni convenzionali si stanno drasticamente riducendo per i generali del Cremlino: i 300.000 e forse più nuovi reclutati negli ultimi giorni necessiteranno di mesi per essere addestrati ed equipaggiati, inoltre spostare unità scelte dal settore di Kherson rischia di causare un tracollo anche nel Sudovest. Gli ucraini intanto sembrano puntare sulla città di Svatove, nel cuore del Lugansk. Qui i segnali di panico e caos tra i russi stanno moltiplicandosi: lo provano, come al solito, gli attacchi contro i civili. Ieri le autorità ucraine hanno ritrovato i cadaveri di almeno 25 civili, tra loro 13 bambini e una donna incinta, massacrati dai proiettili nel loro convoglio di auto che da Svatove cercava di raggiungere le linee ucraine attorno a Kharkiv. In serata giungevano inoltre notizie di possibili nuovi raid ucraini contro le basi russe in Crimea.

"Vivere nella Mariupol russificata: 'Il nostro terrore? Essere reclutati' "

Ukraine war: What might tip the balance? - BBC News

Cosa capita a Mariupol il giorno dopo la dichiarazione di Putin dell’annessione alla Russia? «A dire il vero non molto. Io sono stato a lavorare tutto il giorno oggi e tornando a casa non ho visto cose nuove. Ma la vera paura degli uomini in età di leva come me è che adesso il governo russo ci imponga di fare il militare e andare a combattere contro l’esercito ucraino. Ne parliamo di continuo, un vero incubo. Io mi consolo pensando che non ho ancora il passaporto ucraino e dunque in teoria non possono reclutarmi, ma in realtà non so, viviamo nella totale incertezza». Così ci ha risposto ieri sera il 42enne Vladimir per una quarantina di minuti via Telegram da Mariupol, la città martire devastata dai combattimenti da marzo a maggio. Non possiamo rivelare il suo cognome o qualsiasi dettaglio che possa permettere alla polizia russa di identificarlo. «Sono pittore. Ma adesso mi è molto difficile lavorare, faccio piccoli lavoretti di edilizia. Sono divorziato, senza figli, mia madre e mio fratello sono rimasti qui, solo nostro nipote è stato accolto in Finlandia come profugo», dice e così spiega come mai non è scappato quando era ancora possibile: «Ho pochi soldi, non sapevo dove andare». Come è andato il referendum a Mariupol? «Si è svolto in modo molto discreto. Ho visto due donne che giravano con l’urna e le schede in una borsa, stavano nei cortili dei palazzi, non passavano casa per casa, fermavano chiunque passasse. Le scortava un soldato armato. Nessuno ha bussato alla mia porta e io ho fatto di tutto per evitarli, considero il referendum una cosa stupida, vuota. Ho visto anche donne e soldati con le urne di fronte agli alimentari e agli uffici pubblici. Ma tanti rifiutavano, non votavano. Così non ho creduto a una parola dei notiziari russi, che poi hanno esaltato l’affluenza. Tutte menzogne». Ma ti rendi conto che per Putin da giovedì sei un cittadino russo in terra russa? «Impossibile da accettare, sono contrario, mi rifiuto». Sul terreno la situazione sembra cambiata di poco, dice di non vedere pattuglie russe che obbligano ad andare nelle caserme. «Ma la sera meglio non stare in strada, specie se ubriachi o senza documenti, non sai cosa può capitarti», aggiunge. Conosci per caso qualcuno mobilitato con la forza? «Nessuno — risponde —. Ci hanno detto che chi si è dato da fare per ripulire Mariupol dopo la fine dei combattimenti sarà esentato dalla leva. Ma non ne sono affatto sicuro». Nella città ci sono acqua, elettricità e cibo. «Ma i prodotti alimentari sono triplicati di prezzo e da oggi sono ammessi solo i rubli. Le banche cambiano ancora le grivne, ma per un terzo del valore. Le medicine sono rare». Vladimir racconta che in teoria si può lasciare la città, ma solo dopo il passaggio dai centri di filtraggio. «E si rischia di sparire nelle loro celle». Peraltro ora sarebbe permesso solo il passaporto russo, quello ucraino è carta straccia. Chi vive in città non ha accesso ai media stranieri, Internet è controllata, sostanzialmente può vedere soltanto i media russi. E cosa pensa degli ultimi successi militari ucraini? Pensa che anche Mariupol possa venire liberata? «Ne parliamo. Ma temiamo la guerra. Io stesso sono stato ferito dalle bombe. Qui c’è gente che per mesi ha vissuto nelle cantine. Nessuno vuole ancora la guerra in casa».

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