Il giorno in cui il leader islamista disse agli arabi israeliani di accettare Israele come stato ebraico
Analisi di Kenneth Jacobson
Kenneth Jacobson
Mansour Abbas
Mansour Abbas non cessa mai di sorprendere. Il leader del partito islamista israeliano, storicamente considerato fra i più estremisti dei partiti arabi israeliani, ha rilasciato una dichiarazione molto chiara in cui esorta gli arabi israeliani ad accettare la realtà e la legittimità di Israele come stato ebraico. La dichiarazione riflette un approccio pragmatico alla società e alla politica israeliani che aveva già fatto la sua comparsa nella storica decisione di aderire alla coalizione di governo guidata dal primo ministro Naftali Bennett. In quel momento aveva giustamente attirato molta attenzione il fatto che, per la prima volta nella storia di Israele, un partito politico arabo entrava come tale a far parte della coalizione di governo. E non solo a farne parte, ma a costituirne un cardine essenziale per la formazione e la sopravvivenza del governo stesso. Lo sviluppo era stato letto come un indicatore e un catalizzatore del miglioramento, da parte ebraica, delle relazioni con gli arabi all’interno della società israeliana. Meno analizzato, ma altrettanto importante, era il fatto che la decisione di Mansour Abbas di entrare nel governo costituiva un atto di fiducia da parte di un partito arabo che storicamente aveva assunto posizioni ritenute severamente critiche nei confronti di Israele. Con questo passo di grande momento, il partito ha dimostrato la volontà di stare con i suoi partner di coalizione anche durante periodi difficili, in particolare il test della discussa legge di bilancio che è stata da poco approvata a pieni voti. In effetti, la dichiarazione di Mansour Abbas sul fatto di venire a patti con l’esistenza dello stato ebraico può costituire, a lungo termine, un passo altrettanto significativo della decisione stessa di aderire alla coalizione di governo. Di fatto, può esercitare un impatto su quattro comunità. Innanzitutto, ovviamente, c’è il suo potenziale impatto sugli stessi arabi israeliani, ai quali Mansour Abbas ha rivolto le sue osservazioni. In pratica, ha detto alla sua stessa comunità: dobbiamo superare le vecchie controversie, riconoscere la realtà dello stato ebraico e andare avanti. Insito in tale approccio c’è sia una propensione a fare i conti con la realtà, con il fatto che Israele è qui per restare; sia un riconoscimento del fatto che continuare a mettere in discussione la legittimità dello stato ebraico non serve agli interessi dei cittadini arabi d’Israele. Strettamente collegata a questo concetto era la seconda parte della dichiarazione di Mansour Abbas, quando ha affermato che la questione che deve essere al centro dell’attenzione non è se debba esistere o meno uno stato ebraico, ma quale debba essere lo status e il ruolo della comunità araba israeliana all’interno questo stato ebraico. Questa è una domanda perfettamente legittima e importante. Affrontare la questione delle disparità che esistono di fatto nell’istruzione, nel lavoro e nell’ordine pubblico è estremamente importante per molte comunità arabe israeliane. Così come è importante migliorare le relazioni tra arabi israeliani ed ebrei israeliani. Continuare a battere sulla legittimità o meno dello stato ebraico non è servito ad altro che a ostacolare l’intervento su questi nodi, che spesso sono quelli che veramente al cuore delle rimostranze e dei risentimenti fra le due comunità.
L’approccio di Mansour Abbas potrebbe dunque rappresentare un passaggio liberatorio, foriero di un giusto equilibrio che possa offrire reali opportunità per apportare più uguaglianza e coesione sociale nella società israeliana, mettendo da parte il tema più divisivo che spesso ostacolava uno sguardo serio sulle disuguaglianze di tale società. Allo stesso tempo, le osservazioni di Mansour Abbas parlano alla maggioranza ebraica d’Israele, con la potenzialità di rappresentare una svolta per iniziare a mettere da parte le questioni ideologiche che hanno così spesso portato gli ebrei israeliani a esitare nell’affrontare le questioni della disuguaglianza della comunità araba, a causa appunto del radicato timore che l’obiettivo finale, almeno tra alcuni dei più rumorosi fra loro, non fosse migliorare, bensì snaturare o porre fine allo stato nazionale del popolo ebraico. Se il messaggio di Mansour Abbas prenderà piede tra i diversi gruppi ideologici, si potrà aprire la strada a una maggiore cooperazione tra le comunità ebraica e araba in Israele su problemi e sfide comuni. Va notato che già si vedono dei progressi, come testimonia l’impegno di questo governo a investire 10 miliardi di shekel nel settore arabo per creare migliori opportunità di istruzione e di lavoro. Ma al di là di Israele e delle sue comunità interne, ci si domanda se questo messaggio sarà ascoltato dai palestinesi. Il tema dell’abbandonare l’ideologia del rifiuto, che ha danneggiato innanzitutto gli arabi stessi, è ancora più significativo quando si tratta dei palestinesi. Guardando ai tristi precedenti è difficile credere che la dichiarazione di Mansour Abbas possa modificare il pensiero palestinese. Ma il fatto che un leader islamista abbia lanciato nel dibattito pubblico l’idea di accettare pienamente il concetto di uno stato ebraico potrebbe avere effetti a catena che non sono attualmente prevedibili. Infine, il messaggio di Mansour Abbas si inserisce chiaramente nel contesto degli Accordi di Abramo (con cui diversi paesi arabi sunniti hanno riconosciuto Israele ndr) e dà ulteriore peso ai crescenti passi intrapresi verso la soluzione di problemi reali, lasciando perdere le sterili controversie ideologiche che hanno a lungo avvelenato la regione. Plaudiamo dunque a Mansour Abbas e speriamo che il suo messaggio trovi eco in molti, molti ambienti.
(Da: Times of Israel)