La festa dei tifosi dell'Inter in Israele Cronaca di Fabrizio Guglielmini
Testata: Corriere della Sera Data: 05 maggio 2021 Pagina: 5 Autore: Fabrizio Guglielmini Titolo: «L'ambasciatrice Sharon e i nerazzurri d'Israele: 'Un ponte con Tel Aviv'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - Milano di oggi, 05/05/2021, a pag.5, con il titolo "L'ambasciatrice Sharon e i nerazzurri d'Israele: 'Un ponte con Tel Aviv' ", il commento di Fabrizio Guglielmini.
«Appena si è saputo dello scudetto, sui social hanno cominciato a scrivermi i tifosi da Israele per chiedermi di spedire le nuove maglie "I M scudetto" che a Tel Aviv non si trovano». Sono infinite le vie del tifo calcistico e Sharon Ifrah — israeliana e milanese d'adozione dal 2004 — è diventata una delle anime cosmopolite dell'Inter club Banda Bagaj, fondato da Massimiliano Rezza e da Virginio Motta nel 2006. Un club divenuto improvvisamente noto nel 2009 quando, durante il derby meneghino, alcuni ultrà rossoneri aggredirono Virginio fino a fargli perdergli un occhio. Una vicenda che avrà un tragico epilogo con la sua scomparsa nel 2012. Il club però non si è fermato e anno dopo anno ha rilanciato i valori della non-violenza: anche con l'arrivo di Sharon Itzah, irriducibile tifosa che ha creato un «ponte» fra i tifosi di Tel Aviv e il club che oggi conta 25o tesserati di cui una settantina sono israeliani, residenti a Milano o in patria, oltre ad arabi e musulmani, drusi e cattolici che formano un composito gruppo di «interisti a distanza» che in tempi pre-Covid erano a San Siro almeno tre volte all'anno. «Quando ho conosciuto Sharon — dice Massimiliano, presidente del club — ci siamo subito trovati d'accordo nel pensare a una tifoseria pacifica, senza distinzioni religiose o politiche. Col tempo Sharon è diventata il faro per i tifosi israeliani: è lei a trovare biglietti e merchandising per accontentare tutti». Per Banda Bagaj (bagaj sta per ragazzino in dialetto milanese) conta solo la squadra: «Forse più di altri, il nostro club accomuna persone diverse che condividono i valori alla base di ogni sport — racconta Sharon che si è trasferita in Italia nel 2004 dove ha conosciuto il marito, Cristiano Pravettoni, anche lui interista doc. C'erano anche loro a festeggiare domenica per lo scudetto anticipato di un mese, ma in un punto più defilato rispetto a piazza Duomo: «Volevamo esserci ma senza correre rischi inutili, così ci siamo fermati in Cordusio per rispettare le distanze ed evitare gli assembramenti». Da quando si è iscritta al club nel 2014, Sharon si è messa a disposizione di chi vive lontano da Milano e che via Facebook vuole sentirsi vicino alla squadra attraverso ambasciatori della tifoseria come lei. «Ci sono stati momenti che non esito a definire storici — ricorda Sharon — come la trasferta di qualche anno fa per Beer Sheva-Inter. Beer Sheva è una cittadina da 40mila abitanti e ha un solo 4 stelle. Per conoscere l'allora manager Fabio Pinna abbiamo pernottato anche noi lì e da allora è nato un rapporto di stima e continuità». Del club fanno parte anche iracheni che vivono in Olanda e che in tempi pre-Covid ogni tanto erano sugli spalti di San Siro per seguire la squadra. «Le occasioni per fare amicizia con persone che la pensano in modo diverso da te sono tante — conclude Sharon — l'Inter ci accomuna e le distinzioni restano fuori dalla porta».
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