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La Repubblica - Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.05.2021 Monte Meron: una tragedia annunciata
Cronaca di Sharon Nizza, Davide Frattini intervista Yossi Klein Halevi

Testata:La Repubblica - Corriere della Sera
Autore: Sharon Nizza - Davide Frattini
Titolo: «Israele, strage tra gli ultraortodossi nel primo raduno post lockdown - 'È necessario trovare una via tra modernità e tradizione'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 01/05/2021, a pag. 19 il commento di Sharon Nizza dal titolo "Israele, strage tra gli ultraortodossi nel primo raduno post lockdown"; dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, con il titolo 'È necessario trovare una via tra modernità e tradizione', l'intervista di Davide Frattini.

Il MANIFESTO titola oggi "Israele, 45 morti nella calca. Netanyahu sotto accusa". La colpa, per il quotidiano comunista, ricade immediatamente su Benjamin Netanyahu, additato come responsabile della tragedia anche se non ha c'entra per nulla. A questo porta la visione distorta del Manifesto.

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Sharon Nizza: "Israele, strage tra gli ultraortodossi nel primo raduno post lockdown"

A poche ore dalla tragedia, migliaia di persone ancora circolano tra i sentieri che circondano la tomba del Rabbino Shimon Bar Yochai tra le colline del monte Meron, in Alta Galilea. Alcuni si disperano, accendono candele commemorative, altri sono curiosi, molti cercando di spiegare la loro versione dei fatti ai giornalisti. La maggior parte continua ad arrivare in pellegrinaggio alla tomba del Rabbino, a cui si fanno risalire le origini della kabalah, la mistica ebraica. Vengono per celebrare la festività di Lag ba-Omer, che ricorda le vicende degli ebrei che si opposero alle legioni romani nel H secolo d.C., che proprio in questo giorno, secondo la tradizione, smisero di morire dopo settimane in cui venivano decimati da una pandemia. Nel 2020, la pandemia dei nostri giorni ha tenuto lontano centinaia di migliaia di fedeli che quest'anno sono giunti da tutto il Paese anche per festeggiare la fine del Covid, in quello che avrebbe dovuto essere il primo evento di massa senza restrizioni e si è trasformato invece nel peggiore disastro civile d'Israele. Almeno 45 vittime, tra cui quattro bambini tra i 9 e i 15 anni, 150 feriti di cui ancora una ventina in condizioni gravi, rimangono il ricordo indelebile di una notte finita in una tragedia di cui ancora nessuno sa dare spiegazioni. Dopo il momento più atteso della nottata, l'accensione del falò nell'area riservata a Toldot Aharon, una delle correnti più intransigenti della comunità ultraortodossa, era iniziato il flusso delle uscite dalla zona sovraffollata. Secondo le ricostruzioni, alcune persone sono scivolate su una rampa, creando un accalcamento che ha portato all'intasamento delle vie di fuga. Le vittime sono rimaste schiacciate e soffocate dalla ressa. Tutti i testimoni con cui parliamo puntano il dito contro la polizia che aveva posto nell'area delle transenne, apparentemente per veicolare la folla. «Non ci sono mai stati posti di blocco in passato, la polizia è responsabile di quanto accaduto», urla David. C'è chi dice che le transenne siano state inserite proprio per contingentare gli ingressi, perché, seppure Israele abbia da un mese La celebrazione Perla festività di Lag BaOmer, la comunità di riunisce sul sito della tomba del rabbino Shimon Bar Yochai, saggio talmudico del secondo secolo, per celebrarne l'anniversario della morte sollevato quasi tutte le restrizioni da Covid grazie a una campagna vaccinale da record, il ministero della Salute richiedeva delle misure cautelaci. E ora è in corso uno scambio di accuse tra i diversi ministeri e la polizia, che ha nel frattempo aperto un'indagine interna, con il commissario dell'unità Nord del Paese che «si assume la piena responsabilità degli eventi, nel bene e nel male». Giornalisti, ex ufficiali di polizia e funzionari governativi dicono che si tratta di una tragedia annunciata: un rapporto del controllore dello Stato già anni fa segnalava la carenza delle infrastrutture, non adatte a ospitare il più grande evento del Paese. Più voci invocano l'istituzione di una commissione d'inchiesta indipendente. Il tramonto, accompagnato dalla consueta sirena che segna l'entrata dello Shabbat, fa calare improvvisamente il silenzio anche sulle polemiche. Domani sarà giornata di lutto nazionale. L'identificazione dei cadaveri è sospesa nel rispetto delle tradizioni e riprenderà solo questa sera, insieme ai funerali. E alle accuse reciproche.

CORRIERE della SERA - Davide Frattini: 'È necessario trovare una via tra modernità e tradizione'

Yossi Klein Halevi - Home | Facebook
Yossi Klein Halevi

Si considera un ortodosso moderno. Così è cresciuto ed è stato educato in un quartiere a Brooklyn: immerso nella tradizione e allo stesso tempo nella vita corrente. E immigrato in Israele nel 1982 e da allora Yossi Klein Halevi non ha mai smesso di meditare (nei suoi saggi e nelle conferenze all'istituto Shalom Hartman) su come la religione possa rinnovarsi. «Nell'ebraismo abbiamo un detto: non si attacca una persona in lutto. In questo giorno siamo tutti in lutto e sono riluttante a sollevare i problemi che senza dubbio affliggono gli ultraortodossi e che la società israeliana deve affrontare assieme a loro».

Il permesso di organizzare il pellegrinaggio è stato concesso dopo trattative tra I rabbini e il governo. «Andranno individuate le responsabilità, tutti erano consapevoli dei pericoli, non sto parlando solo di quelli nuovi, del rischio di ammassare centinaia di migliaia di persone, quando il Paese sta cominciando a uscire dalla pandemia. Le vie strette, senza percorsi di sicurezza sono sempre state un rischio. Tutti dovranno guardarsi dentro, ma la ricerca più profonda dovrà avvenire tra gli ultraortodossi: non possono più aspettare e noi non possiamo più aspettare».

Lei ha scritto che I rabbini devono «abbandonare il pensiero magico», l'idea che la «religione sia una polizza di assicurazione», una protezione contro ogni evento. «Come reagiamo alle tragedie, le nostre responsabilità, quelle di Dio: la tradizione filosofica religiosa ha affrontato queste questioni per migliaia di anni. L'indagine deve essere razionale, soprattutto qui in Israele perché le risposte che ci diamo hanno conseguenze profonde per la nostra politica: II modo in cui viviamo il rapporto con la religione come popolo definirà l'evoluzione di questa nazione. II punto è fondamentale e non riguarda solo Israele, penso agli Stati Uniti con gli evangelici o all'India: come può riuscire una società moderna come quella israeliana e che possiede un profondo senso della tradizione a conciliare queste due sensibilità».

La frattura tra ultraortodossi e laici sembra diventare sempre più profonda. «Io sto dalla parte della Israele moderna, voto solo per partiti laici, voglio che questo Paese sia all'avanguardia, allo stesso tempo la mia vita di tutti i giorni è molto più vicina a quella dei pellegrini sul monte Meron. Non è facile, ma dobbiamo riuscire a trovare uno spazio comune».

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