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Corriere della Sera Rassegna Stampa
31.03.2021 Valigie, pentole, capelli: i depositi di Auschwitz
Commento di Paolo Conti

Testata: Corriere della Sera
Data: 31 marzo 2021
Pagina: 43
Autore: Paolo Conti
Titolo: «Valigie, pentole, capelli: i depositi di Auschwitz»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 31/03/2021, a pag.43, con il titolo "Valigie, pentole, capelli: i depositi di Auschwitz" il commento di Paolo Conti.

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Paolo Conti

Dario Venegoni nuovo presidente nazionale dell'ANED - ANED
Dario Venegoni

L’appuntamento è per oggi alle ore 18. A quell'ora, per iniziativa dell'Aned, l'Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti, presieduta da Dario Venegoni, sulla pagina Facebook dell'Aned stessa e sul canale YouTube Aned Deportazione, una guida di lingua italiana del Memoriale e Museo di Auschwitz-Birkenau mostrerà in diretta, con una telecamera, i depositi degli oggetti appartenuti ai deportati. La presentazione sarà di Elzbieta Cajzer, direttrice del Dipartimento delle Collezioni. Si tratta di un avvenimento senza precedenti anche per chi conosce molto bene Auschwitz-Birkenau, il campo di sterminio dove vennero uccisi (con una stima per difetto) un milione di ebrei su 1.100.000 deportati e complessivamente un milione e 100 mila persone su 1.300.000 deportati tra ebrei, rom, omosessuali, prigionieri polacchi e sovietici. Spiega Dario Venegoni, che introdurrà la diretta: «Un'occasione straordinaria per conoscere la storia del campo di sterminio e le condizioni in cui i prigionieri vivevano. Di solito nel Museo, attualmente chiuso al pubblico per l'emergenza Covid, si visitano solo le raccolte di oggetti esposte. Ma stavolta verranno mostrati i depositi con il materiale custodito. Chi seguirà la diretta scoprirà una sorta di "altra faccia" del campo di sterminio». La diretta offrirà, dopo l'illustrazione dei materiali, anche la possibilità di formulare delle domande: sulla pagina Facebook dell'Aned ci sarà ovviamente un'attenta moderazione per evitare l'incursione di estremisti, negazionisti, razzisti che purtroppo spesso compaiono in simili situazioni. Basta leggere la guida del Memoriale-Museo per avere una terrificante idea di ciò che i nazisti raccolsero e radunarono. Nei depositi sono custoditi complessivamente (come viene spiegato su www.auschwitz.org) oltre 8o mila scarpe, circa 3.800 valigie di cui 2.100 con scritte identificative, 12 mila pentole, 4o kg di occhiali, 46o protesi, 570 divise da prigioniero del campo a strisce verticali, 26o capi di abbigliamento civile, 260 scialli rituali ebraici, 4o metri cubi di metallo fuso dagli oggetti personali requisiti, 6 mila esemplari della collezione artistica tra cui circa 2 mila oggetti artistici realizzati dai prigionieri nei campi di concentramento (nei rari casi in cui riuscirono a crearli, nonostante la tragica situazione in cui si trovavano e la condizione di lavoro forzato). Sotto la tutela del Museo si trovano quasi due tonnellate di capelli tagliati alle donne deportate al campo. Un elenco agghiacciante che da solo restituisce l'orrore della deportazione e l'iniziale speranza, nutrita dai deportati, di affrontare un'esistenza accettabile, come dimostra il gran numero di pentole portate con sé. In molti casi gli oggetti (soprattutto le valigie) hanno il nome del loro proprietario appena arrivato al campo. Racconta Dario Venegoni: «Era, in qualche modo, un processo di rassicurazione dei deportati anche per evitare possibili sommosse, atti di ribellione. L'indicazione di lasciare il nome sui propri oggetti prometteva un futuro rilascio dopo la detenzione». Un appuntamento tragicamente immaginario. La tappa immediatamente successiva sarebbe stata invece la morte, nel giro di pochissimi giorni (anziani, bambini più piccoli, ammalati, chiunque fosse inabile al lavoro) oppure lunghi anni di lavori forzati al gelo, soffrendo la fame e le malattie. Tra i tanti oggetti restaurati nelle collezioni del Museo negli ultimi tempi compare anche un numero di matricola su stoffa appartenuto a una detenuta politica (come certifica il simbolo del triangolo rosso; mentre il triangolo giallo o la stella di David indicavano gli ebrei, il triangolo nero gli «asociali» e i rom, il triangolo verde i criminali, il triangolo viola i Testimoni di Geova, il triangolo rosa gli omosessuali). La sigla è IT (Italia, sul triangolo rosso) 76472. All'Aned risulta che sia appartenuta a una ragazza di appena 19 anni e già ritenuta politicamente pericolosa, Silva Kovac Ercigoj, una ragazza istriana poi «italianizzata» in Silvana Fabretti. Apparteneva allo stesso gruppo deportato in treno da Trieste il 29 marzo 1944 di cui facevano parte le sorelle Andra e Tatiana Bucci che ebbero i numeri 76483 e 76484. Avevano rispettivamente 4 e 6 anni, non vennero uccise subito come gli altri bambini perché furono scambiate per gemelle e tenute in vita per possibili esperimenti del dottor Joseph Mengele. Sopravvissero miracolosamente e cominciarono a raccontare solo moltissimi anni dopo. Dice Tatiana: «Non ricordo nulla di questa ragazza, sarebbe stato impossibile per la nostra età e per la condizione in cui ci trovavamo...». L'Aned ha cercato si rintracciarla, ma senza successo. La ragazza certamente sopravvisse e tornò ma la sua terra apparteneva ormai all'allora Jugoslavia e qualsiasi ricerca, al momento, è stata infruttuosa. Tatiana ha promesso che seguirà la diretta. Nemmeno lei ha mai visitato quegli atroci depositi.

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