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Avvenire - La Stampa Rassegna Stampa
28.03.2021 Cina-Iran, patto d'acciaio tra dittature
Commenti di Luca Miele, Giordano Stabile

Testata:Avvenire - La Stampa
Autore: Luca Miele - Giordano Stabile
Titolo: «Gli ayatollah iraniani si rifugiano sotto l'ombrello protettivo cinese - Cina-Iran maxi accordo su petrolio e infrastrutture»

Riprendiamo oggi, 28/03/2021, da AVVENIRE, a pag. 14, con il titolo "Gli ayatollah iraniani si rifugiano sotto l'ombrello protettivo cinese", il commento di Luca Miele; dalla STAMPA a pag. 9, con il titolo "Cina-Iran maxi accordo su petrolio e infrastrutture", la cronaca di Giordano Stabile. 

Solo pochi quotidiani oggi riportano notizia dell'accordo Cina-Iran. L'articolo di Avvenire fa intendere il pericolo di un accordo che cambierà la geopolitica globale: la Cina con i forzieri pieni di denaro occidentale investirà infatti in Iran e avrà in cambio il petrolio, portando ricchezza a Teheran e consentendo così agli ayatollah di proseguire la corsa al nucleare e investire in terrorismo. Cina e Iran sono due dittature foraggiate dall'Occidente che persegue una politica suicida. La Stampa chiarisce le conseguenze possibili della nuova alleanza, che fornisce nuovi strumenti ai due regimi. Stabile aggiunge che l'inviato cinese Wang ha fatto tappa in Arabia Saudita, negli Emirati e in Turchia per arrivare infine a Teheran: tappe che indicano chiaramente il progetto cinese, che potrebbe modificare la stabilità degli Accordi Abramo. Stupisce che una notizia di questa importanza sia uscita solo su pochi quotidiani e sia stata ignorata dai telegiornali di ieri sera.

Ecco gli articoli:

AVVENIRE - Luca Miele: "Gli ayatollah iraniani si rifugiano sotto l'ombrello protettivo cinese"

Iran, China Sign Controversial 25-Year 'Strategic Cooperation Pact'
Hassan Rohani con l'emissario cinese Wang

Focus Storia/2. Hitler e Stalin, l'Urss e le tentazioni imperiali sulla  rotta Pechino-Mosca – Barbadillo
Hitler e Stalin: tra dittatori sanguinari ci si intende


Quella che si sta saldando è una sorta di nuova "geopolitica"dei Paesi sanzionati. Dagli Stati Uniti. In prima fila c'è la Cina che, con la "benedizione" della Russia, sta spingendo gli equilibri mondiali verso una sempre più accentuata polarizzazione in chiave anti-statunitense. In mezzo c'è l'Iran, prima riabilitata dall'accordo sul nucleare siglato nel 2015, poi "inabissata" con la rottura dello stesso accordo, voluta dall'ex presidente a stelle e strisce Donald Trump. Ieri Pechino e Teheran hanno cambiato passo, firmando un accordo di cooperazione strategica globale di 25 anni. Nello stesso giorno Pechino ha annunciato l'imposizione di nuove sanzioni, questa volta verso «individui ed entità» statunitensi e canadesi. Nei giorni scorsi analoghe misure erano state prese da Pechino contro europei e britannici dopo la tornata di sanzioni occidentali verso la Cina per la violazione dei diritti umani della minoranza uighura nello Xinjiang. Le basi per l'accordo tra Pechino e Teheran sono state gettate nei 2016, durante un incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e il presidente Hassan Rohani nella capitale iraniana. La Cina poi, in qualità di principale partner commerciale dell'Iran e alleato «affidabile», soprattutto dopo le sanzioni statunitensi del 2018, aveva accettato di aumentare il commercio bilaterale di oltre 10 volte fino a 600 miliardi di dollari nel prossimo decennio. Nulla, insomma, di contingente. La relazione tra Iran e Cina, ha assicurato il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, in visita a Teheran, «non sarà colpita dalla situazione attuale, ma sarà permanente e strategica». «La cooperazione tra Iran e Cina aiuterà l'attuazione dell'accordo nucleare da parte dei firmatari europei e il rispetto degli impegni assunti nell'ambito dell'intesa», ha detto, a sua volta, il presidente iraniano Hassan Rohani. Una collaborazione che appare anche come una sorta di patto da "banco dei pegni", con tanto di copertura nel Consiglio di sicurezza Onu. Strangolata dalle sanzioni Usa, Teheran ha bisogno di vendere petrolio: le esportazioni di greggio sono in caduta libera dal 2018. La Cina, a sua volta, ha bisogno di saziare la sua fame di energia: il petrolio rappresenta circa il 20% del consumo energetico del gigante asiatico che dal 2017 è il più grande importatore mondiale di greggio. I risultati di questa reciproca convergenza di interessi sono già evidenti. Gli acquisti cinesi di petrolio iraniano sono schizzati a livelli record nel 2021. Negli ultimi 14 mesi, l'Iran ha inviato 17,8 milioni di tonnellate (circa 306.000 barili al giorno) di petrolio alla Cina. Secondo quanto anticipato dal sito "The Diplomar': il patto di cooperazione siglato ieri fornirebbe un afflusso di capitali cinesi per 400 miliardi di dollari alle (agonizzanti) industrie iraniane, alimentando i settori bancario, delle infrastrutture, delle telecomunicazioni e dei trasporti. Tutto questo in cambio di petrolio scontato. Ma l'accordo, secondo quanto trapelato, andrà oltre il commercio egli investimenti e aprirà la strada per un'ulteriore cooperazione militare tra i due Paesi. Cina, Iran e Russia hanno anche condotto esercitazioni militari congiunte senza precedenti nel Golfo di Oman e nell'Oceano Indiano alla fine del 2019, una mossa che ha sollevato forti preoccupazioni di Washington.Il "grande gioco"è, insomma, solo agli inizi.

LA STAMPA - Giordano Stabile: "Cina-Iran maxi accordo su petrolio e infrastrutture"

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Giordano Stabile

La Cina si inserisce nello stallo nelle trattative fra Iran e Stati Uniti e firma con la Repubblica islamica un patto venticinquennale che di fatto la trasforma in un suo centro logistico e di forniture energetiche. L'intesa, negoziata per cinque anni e finalizzata nel viaggio del pre Bidente Hassan Rohani a Pechino del giugno 2018, è stata firmata dai due ministri degli Esteri, Wang Yi e Javad Zarif. I dettagli non sono pubblici. L'obiettivo dichiarato è «decuplicare» l'interscambio, per arrivare a 600 miliardi entro il 2030, mentre lo Stato cinese s'impegna a investire 400 miliardi nei primi cinque, in infrastrutture, telecomunicazioni e settore energetico. Per l'Iran, soffocato dalle sanzioni Usa reimposte da Trump, è ossigeno. L'economia si è ridotta a soli 450 miliardi nel 2020 e l'iniezione di dollari freschi è vitale. Per la Cina, che ha un Pil di quasi 16 mila miliardi, è uno sforzo importante, con il principale obiettivo di ottenere una piattaforma strategica sicura lungo la nuova Via della Seta. E assicurarsi petrolio a prezzo di saldo, con sconti fino al 30 per cento rispetto ai prezzi di mercato. Teheran è già il suo primo fornitore, anche se sottobanco. Le forniture passano attraverso triangolazioni con altri Paesi, come la Malaysia, per eludere l'embargo. Le aziende cinesi avranno l'esclusiva nella costruzione oleodotti, strade, ferrovie, porti. E potranno schierare loro forze di sicurezza a sorvegliare le infrastrutture. Per Hesamoddine Ashena, consigliere di Rohani, è «un esempio di diplomazia di successo» ma ci sarebbero mal di pancia persino fra i Pasdaran, che non amano vedere stranieri in divisa sul proprio territorio. Per Rohani, negli ultimi mesi della sua presidenza, non c'erano altre scelte. E' in un vicolo cieco. Ha chiesto a Biden la fine immediata delle sanzioni, per riattivare il Trattato sul nucleare del 2015, senza successo. Una richiesta spalleggiata dalla Cina, che è fra i firmatari dell'intesa. Wang ha enfatizzato l'importanza di «resistere alle pressioni esterne e interferenze ed esplorare nuove vie di sviluppo che rispondano alle esigenze di tutte le parti». Come dire, con noi nessuna richiesta su diritti umani e politiche regionali, a differenza degli Usa. Wang è arrivato a Teheran dopo una tappa a Riad, e proseguirà verso Emirati, Oman e Turchia. Pechino gioca a tutto campo.

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