L'Iran colpisce una nave cargo israeliana Editoriale del Foglio, ma per Farian Sabahi è un generico 'scontro'
Testata:Il Foglio - Il Manifesto Autore: Farian Sabahi Titolo: «La guerra navale tra Israele e Iran - Guerra via cargo, scontro a distanza tra Iran e Israele»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 26/03/2021, a pag.3, l'editoriale "La guerra navale tra Israele e Iran"; dal MANIFESTO, a pag. 7, con il titolo "Guerra via cargo, scontro a distanza tra Iran e Israele", il commento di Farian Sabahi.
La tecnica di Farian Sabahi è ben nota a chi si occupa di informazione sul Medio Oriente e ai dissidenti persiani: presentare una parte della dissidenza accettata dal regime degli ayatollah in modo da far apparire l'Iran teocratico come non liberticida. La realtà, però, è differente. Farian Sabahi quando collaborava con La Stampa manipolò un'intervista a Abraham B. Yehoshua, il quale smentì con una lettera pubblicata sul quotidiano torinese. In quella circostanza Sabahi fu allontanata dalla Stampa. Poi ha cominciato a collaborare al Corriere della Sera e al Sole 24 Ore propagandando l'immagine di un Iran moderato che è lontanissima dalla realtà: un "Iran-washing" con cui cerca di ripulire il regime degli ayatollah dai crimini che quotidianamente compie. Oggi la vediamo scrivere sul Manifesto: il posto più indicato per le sue idee. Per avere maggiori informazioni sul lavoro da lei svolto in Italia, è utile sentire l'opinione dell'opposizione iraniana in esilio nel nostro Paese.
Nel pezzo di oggi Sabahi scrive genericamente di "scontro" tra Iran e Israele, quando la notizia è invece che l'Iran ha colpito una nave cargo israeliana.
Ecco gli articoli:
IL FOGLIO: "La guerra navale tra Israele e Iran"
La nave israeliana colpita
L’attacco missilistico iraniano a un'imbarcazione battente bandiera israeliana dà l'impressione di essere un'azione volta a testare le capacità e la volontà di reazione dell'occidente e in primo luogo della nuova Amministrazione americana. Anche per questo è importante che non passi sotto silenzio, tanto più ora che Joe Biden, nel suo abbraccio transatlantico, è disposto ad assecondare almeno in parte le richieste europee per una restaurazione dell'accordo sul nucleare da cui l'America di Trump era uscita unilateralmente rendendolo di fatto inutile. Ieri Channel 12 ha lanciato la notizia: un missile iraniano ha colpito un cargo israeliano di XT Management che stava andando dalla Tanzania all'India. Qualche giorno fa, su questo giornale avevamo ripreso un'inchiesta del Wall Street Journal che, citando fonti regionali e americane, diceva che negli ultimi 18 mesi Israele aveva attaccato una decina di navi iraniane dirette verso la Siria. Il regime di Teheran non aveva reagito pubblicamente e questo ha fatto pensare che su quelle navi si trasferissero armi e greggio destinati alle Guardie della rivoluzione. Un'indagine del quotidiano Haaretz pubblicata venerdì scorso diceva che la rappresentazione del Wall Street Journal era parziale: la guerra navale tra Israele e Iran è ben più larga di così. Il mese scorso, una nave commerciale israeliana è parzialmente esplosa nel Golfo dell'Oman. Israele aveva accusato l'Iran, l'Iran aveva negato. Sul missile di cui si è saputo ieri non ci sono ancora stati commenti, e anche il ministero degli Esteri di Israele ha detto che sta controllando i resoconti dei media. Ma questi scontri sono la versione navale di quel che già avviene anche sulla terraferma: ogni mese i raid aerei israeliani distruggono carichi militari arrivati in Siria dall'Iran. E' in questo contesto che deve operare l'Amministrazione Biden e decidere che cosa fare con l'accordo sul nucleare iraniano.
IL MANIFESTO - Farian Sabahi: "Guerra via cargo, scontro a distanza tra Iran e Israele"
Farian Sabahi
La scorsa settimana il quotidiano israeliano Haaretz scriveva che negli ultimi anni lo Stato ebraico sarebbe riuscito a colpire una dozzina di petroliere iraniane, infliggendo perdite a Teheran per miliardi di dollari. Ora, l'emittente tv israeliana Channel 12 rende noto che un missile iraniano avrebbe colpito un cargo di proprietà della società XT Management presieduta dall'imprenditore israeliano Udi Angel. Navigava dalla Tanzania verso l'India, nel Mare arabico.
AVREBBE SUBITO danni lievi e ha continuato la navigazione. Le autorità israeliane stanno verificando, per ora non ci sono reazioni ufficiali. Nessun commento nemmeno da Teheran. Un mese fa si era verificato un episodio simile davanti alle coste dell'Oman (a sud dello stretto di Hormuz): un'esplosione aveva danneggiato la Mv Elios Ray, battente bandiera panamense e di proprietà di un armatore israeliano. Lo Stato ebraico aveva accusato l'Iran. Due settimane fa era stata la portacontainer Shahr-e Kord di proprietà della Iran Shipping Lines Group a essere colpita e danneggiata mentre era in navigazione nel Mediterraneo. L'incendio era stato domato dopo poco tempo, senza che nessuno dell'equipaggio fosse ferito e il cargo aveva proseguito il viaggio. L'Iran aveva puntato il dito contro Tel Aviv. Non lo dicono, ma Israele e Iran sono in guerra. In questi anni il Mossad ha assassinato diversi scienziati nucleari iraniani e — come ha rivelato due settimane fa un'inchiesta del Wall StreetJournal—negli ultimi due anni 12 petroliere iraniane, per lo più dirette in Siria, sono state oggetto di attacchi o hanno avuto guasti improvvisi ai macchinari riconducibili ad Israele. Secondo Haaretz, grazie a questa lunga catena di attacchi e di sabotaggi è stato inferto un duro colpo ai finanziamenti iraniani destinati al potenziamento militare degli Hezbollah libanesi.
E CI SONO ANCHE i danni ambientali, ma non sarebbero dovuti ad attacchi: secondo Greenpeace all'origine della marea nera che a fine febbraio ha inquinato la costa mediterranea di Israele potrebbe esserci la petroliera iraniana Romina e non, come sostiene la ministra israeliana dell'ambiente Gila Gamilel, la Emerald di proprietà libica partita dall'Iran. In entrambi i casi, la strumentazione di trasmissione era rimasta spenta a lungo e le navi non erano state sottoposte a una manutenzione rigorosa. Per Israele, si tratterebbe di «terrorismo ambientale». Nel Golfo persico e nel Mediterraneo la saga delle petroliere va avanti da anni e coinvolge, oltre all'Iran e a Israele, altri paesi. Nel 2019 i pasdaran sono stati accusati di aver preso di mira le petroliere emirati ne e saudite, danneggiate da mine magnetiche. Accuse che Teheran respinge. L'energia costituisce da sempre un fattore competitivo strategico e per questo finisce nel mirino, ma quando sale la tensione sullo scacchiere mediorientale a pagare il conto è il consumatore.
DURANTE LA GUERRA Iran-Iraq (1980-1988) Saddam aveva colpito le petroliere e i pozzi iraniani, obbligando Teheran a importare energia e a razionare la benzina sul mercato nazionale. In questi decenni le forze armate iraniane hanno minacciato a più riprese di chiudere lo Stretto di Hormuz, da cui transita un terzo del gas liquefatto e un quarto del petrolio del pianeta. Nel settembre 2008 questo scenario aveva innervosito gli Emirati. Pur adoperandosi per trovare una soluzione diplomatica, avevano proposto di costruire un oleodotto per trasferire petrolio e gas dalle coste settentrionali del Golfo persico a quelle sud, per evitare Hormuz. Altri invece avevano proposto di tagliare un canale nel deserto per farvi passare le petroliere, sul modello dei canali di Suez e di Panama. Il costo, previsto in 200 miliardi di dollari, era però esorbitante.
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