Riprendiamo dalla REPUBBLICA online di oggi, 25/02/2021, il commento di Sharon Nizza dal titolo "Israele inaugura la 'diplomazia dei vaccini': donate 100mila dosi a venti Paesi"; da AVVENIRE, a pag. 2, la breve "Vaccinata oltre metà della popolazione. E in Israele ritorna la cultura col pubblico".
Ecco gli articoli:
LA REPUBBLICA - Sharon Nizza: "Israele inaugura la 'diplomazia dei vaccini': donate 100mila dosi a venti Paesi"
Sharon Nizza
Israele si appresta a donare 100mila dosi di vaccini anti Covid a una ventina di Stati, e tra questi alcuni con cui non intrattiene relazioni diplomatiche. “Alla luce del successo della campagna vaccinale in Israele, abbiamo ricevuto molte richieste di assistenza nella fornitura di vaccini”, si legge in una nota diffusa dal primo ministro Benjamin Netanyahu. “Israele non produce i vaccini e le dosi ordinate sono destinate all’inoculazione della nostra popolazione. Tuttavia, nell'ultimo mese, si è accumulata una quota limitata di dosi in eccesso e quindi si è deciso di assistere con una quantità simbolica il personale medico dell'Autorità Palestinese e alcuni Paesi che si sono rivolti a noi”. Secondo l’emittente israeliana Kan, tra i Paesi in questione vi sarebbe anche la Mauritania, con cui da mesi, sulla scia degli Accordi di Abramo, si prospetta la ripresa delle relazioni diplomatiche, avviate negli anni ’90 in seguito al processo di Oslo e interrotte nel 2010. Tra gli altri Stati menzionati vi sono anche San Marino, Uganda, Kenya, Etiopia, Ciad, Maldive, Guatemala, Repubblica Ceca e Honduras. Gli ultimi due Stati recentemente hanno annunciato l’intenzione di aprire sedi diplomatiche a Gerusalemme, cosa che il Guatemala ha fatto nel 2018 in seguito al trasferimento dell’Ambasciata americana da parte di Trump.
Netanyahu negli ultimi dieci anni ha investito molto nel rafforzamento delle relazioni diplomatiche con diversi Stati africani, nell’ambito di una strategia volta tra l’altro ad ampliare lo spettro delle alleanze a livello delle organizzazioni internazionali. La stampa israeliana parla quindi di una “diplomazia dei vaccini”, sottolineando come il premier stia utilizzando il vantaggio acquisito con l’approvvigionamento anticipato di milioni di dosi dei sieri Pfizer e Moderna per avanzare gli interessi diplomatici del Paese nell’arena internazionale. Sempre secondo la stampa israeliana, la decisione è stata presa da Netanyahu senza coinvolgere né il ministero della Difesa né quello degli Esteri, un’altra dimostrazione delle tensioni politiche con cui il Paese va incontro alle elezioni del 23 marzo, le quarte in meno di due anni. Israele ha già vaccinato più di 4,5 milioni di persone (su una popolazione di 9 milioni di abitanti) con il siero Pfizer. Le donazioni invece provengono da una scorta di 100mila vaccini Moderna, giunta a gennaio e finora inutilizzata, se non per un invio di 2,500 dosi all’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) il mese scorso. Lunedì, il segretario di Stato americano Antony Blinken, in una telefonata con l’omologo israeliano Gabi Ashkenazi, ha invitato Israele ad assistere l’Anp nella campagna vaccinale “come segno positivo di cooperazione tra israeliani e palestinesi”. Secondo un appello firmato da diverse organizzazioni internazionali, Israele sarebbe tenuta a garantire i vaccini anche ai palestinesi ottemperando “all’articolo 56 della Quarta Convenzione di Ginevra, per cui una forza occupante ha il dovere di assicurare l'adozione e l'applicazione delle misure profilattiche e preventive necessarie per combattere la diffusione di malattie contagiose ed epidemie”. Israele sostiene invece che a fare fede in ambito di questioni sanitarie è l’allegato 3, articolo 7 degli Accordi di Oslo firmati tra Israele e l’Anp nel 1995, che stabilisce che la questione sia di competenza del ministero della Salute palestinese, anche se lo stesso trattato invita le due parti a cooperare nella lotta contro le epidemie. Secondo quanto confermato a Repubblica dal portavoce del governo palestinese Ibrahim Milhem, l’Anp ha chiuso contratti con AstraZeneca e con la Russia, che nelle scorse settimane ha anche inviato una donazione di 10mila vaccini Sputnik. Giovedì scorso, una delegazione guidata da Hezi Levi, il direttore generale del ministero della Salute israeliano, si è recata a Ramallah per discutere con gli omologhi palestinesi la questione dei vaccini.
I funzionari palestinesi hanno avanzato la domanda di assistenza da parte di Israele con altre 100mila dosi, che è in questi giorni all’esame del governo israeliano, mentre è stato concordato che Israele vaccinerà i circa 100mila lavoratori palestinesi che quotidianamente attraversano il confine per lavorare nelle città israeliane. Un altro esempio della potenza della “diplomazia dei vaccini” si è avuto la settimana scorsa quando, nell’ambito di una trattativa mediata dalla Russia per fare tornare in Israele una cittadina che aveva oltrepassato il confine con la Siria, il governo israeliano ha acquistato 250mila vaccini Sputnik per il valore di un milione di dollari, che saranno a breve consegnati da Mosca a Damasco.
AVVENIRE: "Vaccinata oltre metà della popolazione. E in Israele ritorna la cultura col pubblico"
Dopo quasi un anno di chiusura a causa della pandemia di Covid-19, questa settimana in Israele molte istituzioni culturali hanno riaperto i battenti, accogliendo il pubblico. Non molte persone, e rigorosamente tutte provviste di “passaporto verde'', cioè il certificato vaccinale o di immunità. Il ritorno alla cultura è stato possibile grazie al fatto che avendo già vaccinato quasi la metà della popolazione, i tassi di contagio in Israele sono precipitati. Oltre alle attività culturali, hanno riaperto molte attività economiche, i centri commerciali, le palestre, gli hotel.
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