Giorno della Memoria: la lettera di Emanuele Filiberto di Savoia Cronaca di Enrica Roddolo
Testata: Corriere della Sera Data: 23 gennaio 2021 Pagina: 25 Autore: Enrica Roddolo Titolo: «'Chiedo perdono ai fratelli ebrei'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 23/01/2021, a pag. 25, con il titolo 'Chiedo perdono ai fratelli ebrei', la cronaca di Enrica Roddolo.
Emanuele Filiberto di Savoia
“Condanno le leggi razziali del 1938, di cui ancor oggi sento tutto il peso sulle mie spalle», scrive Emanuele Filiberto di Savoia in una lettera indirizzata ai «Fratelli della Comunità Ebraica italiana», e anticipata da un'intervista esclusiva al Tg5 diretto da Clemente Mimun, con la quale il principe chiede «perdono, ma non mi aspetto perdono per ciò che fece re Vittorio Emanuele III. Una firma sofferta, dalla quale ci dissociamo fermamente, un documento inaccettabile, un'ombra indelebile per la mia famiglia, una ferita aperta per l'Italia intera ». «Scrivo a voi fratelli Ebrei, con viva e profonda emozione nel lancinante ricordo del rastrellamento del Ghetto avvenuto il 16 ottobre 1943. Scrivo nell'angoscioso ricordo delle troppe vittime che la nostra amata Italia ha perso», continua il principe a pochi giorni dal 27 gennaio, Giorno della Memoria. «Se è sincera, è una bella cosa per lui», commenta Andrée Ruth Shammah, direttrice del teatro Franco Parenti. «Mi sembra dovuto e naturale», nota Ricardo Franco Levi, presidente Aie. Figlio di Vittorio Emanuele di Savoia e nipote dell'ultimo sovrano, il «re di maggio» Umberto II andato in esilio dopo l'esito del referendum monarchia-Repubblica, Emanuele Filiberto dice di desiderare che la storia non si cancelli, che la storia non si dimentichi e che la storia abbia sempre la possibilità di raccontare quanto accaduto a tutti coloro che hanno fame e sete di verità: «Le vittime dell'Olocausto non dovranno mai essere dimenticate». Ci sono voluti 82 anni per fare i conti con la storia, e le leggi razziali firmate da Vittorio Emanuele III. Ma le parole del nipote dell'ultimo re esprimono chiaramente un sentimento di condanna pur «nel ricordo — continua il principe — dell'avo re Carlo Alberto che il 29 marzo 1848 fu tra i primi Sovrani d'Europa a dare agli italiani ebrei la piena uguaglianza di diritti». Anche casa Savoia è stata ferita negli affetti più cari, ricorda il principe: «Come dimenticare la tragica fine di mia zia Mafalda di Savoia, morta il 28 agosto 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald dopo un'atroce agonia? E che anche mia zia Maria di Savoia fu de portata con il marito e con due dei loro figli in un campo di concentramento?». Nel 2017, quando furono rimpatriate a Vicoforte nel Cuneese le salme dell'ultimo re e della regina Elena, il padre di Emanuele Filiberto, Vittorio Emanuele, ci aveva detto di «riconoscere l'errore della controfirma di Vittorio Emanuele III su quelle leggi, che non erano sue, ma volute dal governo Mussolini». Una distinzione che ancora copriva un atto imperdonabile da parte del sovrano che allora avrebbe dovuto rappresentare l'unità nazionale. E aggiunse: «Quando tornai nel 2002 mandai una lettera di condanna di quelle leggi, al Rabbino di Roma». «Non voglio essere perdonato, non pretendo questo — ribadisce oggi al Corriere Emanuele Filiberto —. Ma voglio prendermi adesso le mie responsabilità, condannare fermamente le leggi razziali». Un pentimento convinto, un passo oltre, parole senza se e senza ma rispetto a quelle del padre? «Mio padre Vittorio Emanuele mi lascia ora più libertà e voglio prendermi tutta questa responsabilità per avviare un dialogo futuro». Senza più equivoci.
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