Destinazione Jihad: preso in Siria terrorista italiano, si era convertito all'islam Cronaca di Andrea Pasqualetto
Testata: Corriere della Sera Data: 21 gennaio 2021 Pagina: 25 Autore: Andrea Pasqualetto Titolo: «In Siria con Al Qaeda, preso foreign fighter italiano»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/01/2021, a pag. 25, con il titolo "In Siria con Al Qaeda, preso foreign fighter italiano", la cronaca di Andrea Pasqualetto.
Non aveva nemmeno diciott'anni quando decise di partire per la Siria. Era il settembre del 2014 e Stefano lasciava genitori e fratelli nella loro casa di San Gallo, in Svizzera, dove erano emigrati dall'Abruzzo. «Mi aveva giurato che non sarebbe mai andato... "se sei un vero musulmano", gli dissi, "tieni fede alla parola data"», raccontò la madre al telefono senza sapere di essere intercettata. Ma Stefano Costantini, che si era convertito all'islam, aveva già deciso tutto: Bari, traghetto per Durazzo, Grecia, Turchia e, con l'amico Alperen, a piedi, in Siria, a Idlib, all'epoca roccaforte di Al Qaeda e punto di riferimento di molti miliziani stranieri. Da allora è tornato in Italia solo ieri, in manette, per aver combattuto a fianco dei terroristi di Jabhat al-Nushra, l'ala siriana di Al Qaeda. Costantini, che in Svizzera faceva il pugile, ha oggi 24 anni ed è considerato un foreign fighter, uno dei 146 italiani (o persone che hanno legami con l'Italia) ai quali sta dando la caccia la Direzione centrale della polizia di prevenzione diretta da Diego Parente.
Il suo periodo siriano è stato ricostruito dai magistrati dell'Antiterrorismo dell'Aquila e dalla Digos di Pescara, che hanno seguito i movimenti del giovane radicalizzato anche attraverso le conversazioni telefoniche di mamma, papà, fratelli e nonni, tutti al corrente della sua scelta estrema. Si scopre così che si è sposato prima di partire con una ragazza tedesca di origini turche, che l'ha raggiunto in Siria con un suo bambino, che da lei lì ha avuto altri tre figli e che dopo l'esaltazione iniziale per le conquiste dello Stato islamico, ha vissuto un periodo difficile. «Ero tanto giovane», ha sospirato all'aeroporto di Hatay, dove i poliziotti turchi lo hanno consegnato al colleghi italiani. «Attenzione però — avverte l'avvocato Massimo Solari che lo difende —. Lui non si riconosce come combattente, li faceva l'insegnante ai molti bambini rimasti orfani». Per gli inquirenti la verità è però tutt'altra: «Vi è il pericolo che ponga in essere la jihad, mettendosi a disposizione dell'organizzazione terroristica», conclude il gip Romano Gargarella che ha disposto il carcere. Per il capo della Digos di Pescara, Leila Di Giulio, ci sono le prove «del suo reale sostegno alle fazioni terroristiche». Dalle intercettazioni emerge tutta la preoccupazione dei familiari, a tratti commovente. «Fagli sapere che se può scappare scappi», dice la nonna. «Statte zitta, come fa a scappare adesso che come passa la frontiera lo arrestano», la riprende il nonno. La madre di Massimo, dice ai suoceri che «lavora come maestro di scuola e insegna matematica e inglese». Il nonno cerca rassicurazioni: «Non ha niente a che fare con la guerra vero?». Lui ricorda l'ultima volta che Stefano era andato a trovarli in Abruzzo: «Aveva una fissazione, guardava sempre per terra, voleva stare da solo». Il padre, preoccupato, gli mandava dei soldi in Siria: «Un tizio glieli porta giù , mille dollari, e lui poi me lo dice». Infine i quattro figli, rimasti con la madre in Turchia. «Mi mancano molto», ha detto al suo legale da una cella del carcere di Teramo.
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