Israele, obiettivo il vaccino per tutti i cittadini Commenti di Sharon Nizza, Fiammetta Martegani
Testata:La Repubblica - Avvenire Autore: Sharon Nizza - Fiammetta Martegani Titolo: «Così la campagna per i vaccini unisce palestinesi e soldati israeliani - Il rebus dei vaccini per i palestinesi. Che provano a muoversi da soli, con Sputnik»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/01/2021, a pag. 13, con il titolo 'Così la campagna per i vaccini unisce palestinesi e soldati israeliani', l'analisi di Sharon Nizza; da AVVENIRE, a pag. 7, con il titolo "Il rebus dei vaccini per i palestinesi. Che provano a muoversi da soli, con Sputnik", l'analisi di Fiammetta Martegani.
Ecco gli articoli:
LA REPUBBLICA - Sharon Nizza: 'Così la campagna per i vaccini unisce palestinesi e soldati israeliani'
Sharon Nizza
Le immagini delle sommosse che hanno infuocato in passato Jabel Mukaber sembrano lontane anni luce mentre giri per le strade con i soldati del Pikud haoref, che distribuiscono ai bambini braccialetti con su scritto, in arabo, "mascherina, distanza, igiene". Siamo in uno dei quartieri di Gerusalemme Est da cui, durante l’intifada dei coltelli, sono partiti diversi attentati e dove vedere soldati in divisa a passeggio era impensabile un tempo. Dal virus che non distingue tra religioni, qualcosa di buono sembra essere uscito, almeno per il complesso rapporto tra le autorità israeliane e Gerusalemme Est, dove vivono oggi 370.000 palestinesi. Questa parte della città, conquistata dalla Giordania quando contava 70.000 abitanti, fu annessa da Israele subito dopo la guerra del ‘67, a differenza di quanto accaduto con la Cisgiordania. Ai palestinesi venne data la residenza, con la possibilità di richiedere la cittadinanza e da allora, nonostante per Israele sia la capitale unica e indivisibile, di fatto le autorità l’hanno trascurata visibilmente. «Tu mi pari un poliziotto buono», dice ridendo uno dei bambini a Esam Saleh, che cammina con noi. Serve nella polizia di quartiere, una sorta di anello di congiunzione tra forze dell’ordine e territorio, a cui, da aprile, si è aggiunto il Pikud haoref, il Comando interno dell’esercito israeliano, la Protezione Civile di qui. «All’inizio siamo venuti senza divisa, per superare la diffidenza», dice Jonathan Ventura, professore di design industriale nella vita civile, maggiore di questa unità da riservista. Per lui, che ha deciso volontariamente di prolungare il periodo di riserva e da 180 giorni serve qui, è una missione e un’esperienza di vita. «Abbiamo creato legami forti con la gente, ci invitano a pranzo». Per arrivare a questa sinergia è stato fondamentale il coinvolgimento dei mukhtar e degli imam dei 16 quartieri di Gerusalemme Est. Molti di loro collaboravano già con il comune, attraverso la rete dei centri comunitari, come quello di Sur Baher, a sud della città, dove incontriamo Ala Dabash, che gestisce l’unità di crisi Covid. Prima della riunione di routine, si siede con i soldati a mangiare humus e ci raccontano del lavoro fatto insieme: distribuzione di cibo e medicine ai quarantenati, isolamento in hotel Covid e tamponi, e molta operazione di convincimento per ridimensionare i matrimoni, la causa principale della diffusione del virus. «Ho cercato su google cosa fosse Pikud haoref, non immaginavano che l’esercito potesse venire per aiutare », dice Ala. Ali Khaled, volontario del Magen David Adom (la Crocerossa israeliana), ha collaborato in passato con il Pikud haoref per corsi di formazione in gestione di emergenze «e così non siamo stati presi del tutto alla sprovvista». Il generale Ben Zvi Eliassi, a capo dell’unità creata ad hoc su richiesta del sindaco Moshè Lion, ora è concentrato a promuovere la campagna vaccini, che in tutte le comunità arabe va a rilento rispetto alla media nazionale, per via dell’ampia circolazione di fake news. «Con i leader comunitari che si va ccinano diffondiamo video spiegando che il vaccino non è pericoloso. Dall’inizio della campagna il 27 dicembre, i numeri sono in crescita». Se questo nuovo idillio influirà sul futuro dei rapporti tra residenti e autorità è ancora presto per dirlo. Il sindaco Lion, nei due anni di mandato, ha dato prova di voler fare dei cambiamenti, uno dei più significativi è la moratoria, in vista dell’approvazione di un nuovo piano regolatore, delle demolizioni di abitazioni illegali nel quartiere di Issawia, la piaga principale di quest’area. Un altro indicatore del vento di cambiamento è il costante aumento delle domande di cittadinanza israeliana. Per molti è un tabù, perché si rischia di essere minacciati in quanto «collaborazionisti della potenza occupante ». Ma, come osserva uno di loro, «il passaporto lo metti in tasca e non lo vede nessuno». L’avvocato Khalil Alian di Bet Safafa ringrazia «il coronavirus per averci dato l’opportunità di unirci». Anche questi paradossi accadono nella città santa.
AVVENIRE - Fiammetta Martegani: "Il rebus dei vaccini per i palestinesi. Che provano a muoversi da soli, con Sputnik"
Fiammetta Martegani
In Israele la distribuzione dei vaccini anti-Covid (finora solo della Pfizer, da questa settimana anche di Moderna), è cominciata il 20 dicembre e procede in modo spedito. Grazie a un sistema basato sulle assicurazioni sanitarie obbligatorie, distribuite su tutto il territorio, in tre settimane sono state somministrate dosi a oltre 1,8 milioni di persone: circa il 20% su un totale di quasi 9 milioni di abitanti. Un meccanismo ormai ben collaudato prevede di operare 24 ore su 24, in centri allestiti capillarmente in tutto il Paese. Si prevede di vaccinare l'intera popolazione entro la fine di marzo. Il 23 marzo il Paese si recherà alle urne per la quarta volta consecutiva in meno di due anni. Più complicata la situazione dei 5 milioni di palestinesi che vivono tra Cisgiordania e Gaza. Secondo le convenzioni internazionali, Israele è tenuto a proteggere la salute e la sicurezza di tutte le persone che vivono nei territori sottoposti al suo controllo. Per assicurare che il vaccino sia loro disponibile, sarà necessaria una seria cooperazione con le autorità palestinesi. Una collaborazione con il ministero della Salute dell'Anp è già stata avviata. Il team sta lavorando a stretto contatto con l'Oms e altri partner di un fondo speciale internazionale al fine di garantire chele prime dosi di vaccino, commissionate ad AstraZeneca, arrivino a Marzo. Ieri, però, il ministero della Sanità dell'Anp ha dato la sua approvazione all'uso del vaccino russo Sputnik V, che potrebbe essere disponibile nei Territori già a febbraio. Il fondo russo Rdif, che ha finanziato il farmaco ed è responsabile della sua commercializzazione all'estero, ha fatto sapere che entro i primi quattro mesi dell'anno dovrebbero essere consegnate le dosi necessarie. La distribuzione sarà fondamentale per la ripresa del turismo, un elemento determinante per i palestinesi ma anche per gli israeliani, poiché la maggior parte dei pellegrini e dei turisti viaggiano tra entrambe le zone. Senza contare i moltissimi palestinesi che dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est entrano tutti i giorni nello Stato ebraico per lavorare, la maggior parte come operai nei cantieri edili. Più incerta la situazione nella Striscia dove, nonostante un mese di lockdown, oggi i contagi superano i 43.000 casi su circa 1,8 milioni di abitanti. La distribuzione del vaccino sarà vincolata al controllo delle merci operato dal Cogat (Coordinator of Government Activities in the Territories), l'ente che si occupa delle attività governative nei Territori, e verrà organizzata attraverso l'Unrwa (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees). Ma il problema è l'approvvigionamento: il disastrato sistema sanitario locale non è certamente in grado di coprire i costi autonomamente, senza l'aiuto del governo israeliano. E Israele, nel portare aiuto ai civili, potrebbe anche spingere le autorità locali a una forma di negoziazione. Alcuni media hanno riportato che l'intelligence israeliana starebbe trattando con i leader di Hamas per il rilascio di due israeliani in ostaggio a Gaza dal 2015 e per i corpi di due soldati uccisi durante l'operazione Margine di Protezione, nel 2014. Altri sostengono invece che Hamas, pur di non dover scendere a compromessi, si stia già organizzando per ottenere Sputnik V. Arrivati i vaccini, l'altra grande sfida sarà quella di sensibilizzare la popolazione di queste aree. Per esempio, nel nord di Israele, dove la maggior parte dei residenti sono arabi-israeliani, il 50% dei cittadini è restio al vaccino. La comunità araba, fin dall'inizio della pandemia, si è sempre dimostrata piuttosto scettica rispetto alle misure restrittive. E il ruolo della autorità sanitarie, in questo caso, e assai limitato, mentre diventa cruciale quello dei leader spirituali.
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