Usa: Biden vince anche in Georgia, suo il Senato Commenti di Gaia Cesare, Angelo Zinetti
Testata:Il Giornale - Libero Autore: Gaia Cesare - Angelo Zinetti Titolo: «Biden strappa la Georgia (e il Senato) - Kamala, la padrona degli Stati Uniti»
Riprendiamo oggi 07/01/2021, dal GIORNALE, a pag. 17, con il titolo "Biden strappa la Georgia (e il Senato)", l'analisi di Gaia Cesare; da LIBERO, a pag. 9, con il titolo "Kamala, la padrona degli Stati Uniti", il commento di Angelo Zinetti.
Ecco gli articoli:
IL GIORNALE - Gaia Cesare: "Biden strappa la Georgia (e il Senato)"
È il trofeo per Joe Biden, nel disastro generale di un Paese che regala scene da «insurrezione», come lui stesso le definisce. Con il successo del reverendo Raphael Warnock sulla senatrice Kelly Loeffler (50,6% contro 49,4%) e con la vittoria di Jon Ossof su David Perdue (50,2% contro 49,8%), i democratici espugnano la Georgia, storica roccaforte repubblicana, e strappano il premio politicamente più importante nella partita per la Casa Bianca: un Congresso i cui numeri sono dalla parte del presidente, che potrà nominare in fretta la nuova squadra e attuare con minori ostacoli la sua agenda, dall'estensione dei sussidi sanitari federali all'aumento delle tasse per i ricchi. Con il doppio colpo in Georgia, la partita si chiude con il miglior risultato per Biden, un 50-50. Il Senato sarà composto da 50 democratici e 50 repubblicani, evento che si è verificato solo tre volte nella storia degli Stati Uniti: nel 1881, per circa due anni, e per pochi mesi nel 1954 e nel 2001. Come prevede la Costituzione, in caso di parità sarà decisivo il voto della vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris. Era da quasi trent'anni che i Dem non vincevano un seggio da senatore in Georgia. Ma non è il solo record di questi ballottaggi che fino a ieri hanno soffiato incertezza sui destini del futuro Congresso. Il reverendo Warnock, 51 anni, che per quindici ha guidato la chiesa battista di Atlanta in cui predicava Martin Luther King, diventa il primo senatore afroamericano ad arrivare da un ex Stato Confederato, l'undicesimo nella storia d'America. Jon Ossof, appena 33 anni, giornalista investigativo, diventa il primo senatore ebreo dello Stato e il più giovane dal 1973, da quando all'età di 29 anni fu eletto senatore proprio Joe Biden. Entrambi sono l'esempio di un elettorato che sta cambiando in alcuni Stati tradizionalmente conservatori come la Georgia e di una mobilitazione delle minoranze e dei giovani anche in questa tornata elettorale, come alle presidenziali del 3 novembre vinte in Georgia da Biden per 11,799 voti. «Ci avevano detto che non potevamo vincere questa elezione. Stanotte abbiamo dimostrato che con la speranza, il duro lavoro e la gente della nostra parte, tutto è possibile», ha detto Warnock, il primo a festeggiare la vittoria nella notte americana, la mattina in Italia. Più travagliata la battaglia di Ossoff, che intorno alle 7 americane ringrazia gli elettori dopo il sorpasso, nonostante il risultato sul filo, un duro testa a testa. «Stiamo uniti contro il Covid-19», dice promettendo di farsi paladino di aiuti al sistema sanitario e agli americani impoveriti. Con la sua vittoria, il Senato potrebbe aumentare subito da 600 a 2000 dollari l'assegno anti-Covid destinato ai cittadini. Ma il candidato sconfitto può richiedere il riconteggio se il margine di distacco è inferiore o uguale allo 0,5% e i repubblicani tenteranno di ostacolare come possibile l'ufficializzazione dell'elezione di Ossoff. Lo dicono i precedenti, le accuse di «vittoria rubata» che Trump ha ribadito drammaticamente ieri e gli scontri da guerra civile a Capitol Hill. A queste condizioni, in un clima che The Donald vuole tenere incandescente, la strada per Biden sarà meno faticosa ma per nulla in discesa. Il precedente incarico come vice di Obama e la ultratrentennale storia da senatore (1973-2009)fanno del «vecchio Joe» uno dei migliori mediatori del Congresso, l'uomo che aprì per quanto possibile a Obama un ponte con la controparte repubblicana anche negli ultimi due anni di mandato, quando i Dem persero la maggioranza in Senato. Ora Biden è il numero uno e certamente tenterà di insinuarsi nella frattura che si sta consumando all'interno del Grand Old Party fra i repubblicani fedelissimi alla linea delle «elezioni truffa» di Trump e i repubblicani convinti che contestare l'esito delle presidenziali sia un pessimo precedente da cui serve emanciparsi in fretta per ridare ossigeno al Paese travolto dalla pandemia. Non sarà facile. Gli scontri di ieri a Washington sono un segnale inequivocabile. Ma il Paese comincia ad aver un bisogno disperato di conciliazione.
LIBERO - Angelo Zinetti: "Kamala, la padrona degli Stati Uniti"
Joe Biden con Kamala Harris
E’ Kamala Harris la nuova padrona degli Stati Uniti. Con il successo dei due candidati Dem che si sta profilando nei ballottaggi in Georgia, al Senato la situazione sarà di pareggio: determinante per far passare i provvedimenti sarà quindi il voto del vicepresidente, ovvero della Harris. L'ex procuratore generale della California sta diventando per molti il vero ago della bilancia della politica americana. Se sarà così è poi tutto da verificare: le aspettative sulla "Obama Femmina" sono già altissime - si ricordi la copertina di Time che l'ha incoronata "persona dell'anno" - e il rischio di fallire è elevato. Già durante il dibattito tv dei primi di ottobre con Mike Pence, che non è una cima, la signora di origini caraibiche e indiane (tamil) ha fatto una figura mediocre. Di certo al momento non c'è nemmeno la vittoria della sinistra, ma Chuck Schumer, attuale leader della minoranza, - quindi non l'ultimo arrivato - ha dichiarato che i Democratici hanno vinto i ballottaggi in Georgia e conquistato il controllo della camera alta del Congresso.
Diamo per scontata la vittoria di Raphael Warnock, primo nero eletto senatore in uno degli Stati ritenuti più razzisti del Sud - mentre l'altro candidato democratico, Jon Ossoff, attualmente in vantaggio di una manciata di voti sul repubblicano David Perdue. Dovrebbe spuntarla perché i suffragi che mancano sono quelli dei "ghetti" afroamericani di Atlanta tradizionalmente favorevoli ai Dem. Però di questi tempi un ricorso e un riconteggio sono all'ordine del giorno. «Per la prima volta da sei anni, i Democratici avranno la maggioranza nel Senato degli Stati Uniti e questa sarà una cosa buona per gli americani», ha esultato Schumer e lo si può umanamente capire, dopo anni di schiaffoni presi dal GOP. Con la vittoria di Warnock e Ossoff l'equilibrio del Senato sarebbe di 50-50, ma è la vicepresidente Kamala Harris, che presiede i lavori della Camera alta, ad avere il ruolo di mettere l'ultimo voto nei casi di parità. Nell'ordinamento americano, il Senato ha dei poteri potenziati rispetto, per esempio al nostro, che è sia un doppione della Camera sia un cimitero degli elefanti. In America, invece, la Camera alta oltre a votare le leggi ha anche poteri esecutivi che spesso entrano in collisione con quelli presidenziali. Ad esempio, è il Senato che ratifica i trattati internazionali e le nomine dei giudici federali e degli alti funzionari, tra cui gli ambasciatori nelle sedi estere più importanti. E poi, mentre i deputati sono dei peones del voto, i senatori formano una specie di aristocrazia. Restano in carica più a lungo, sei anni invece di quattro, hanno budget personali notevoli e mettono il becco anche negli affari degli Stati esteri. Per andare alla Casa Bianca devi essere governatore di uno Stato o senatore (oppure ricco di tuo, ma questo è un altro discorso). Per questi motivi il controllo del Senato è importante di per sè. Ora poi il duo Biden-Harris lo potrà sommare al già consolidato dominio sulla Camera dei deputati. Solo la Corte Costituzionale è decisamente in mano ai conservatori. Si annunciano anni facili per Kamala e Joe. Per questo la signora sembra si stia lasciando un po' andare a eccessi di narcisismo. Ha suscitato un bel po' di polemiche la sua intervista al settimanale Elle in cui raccontava un ricordo di infanzia Kamala sarebbe stata portata dai genitori ancora in passeggino a una manifestazione peri diritti civili dei neri e - alla domanda di mammà: che cosa vuoi, piccina? - la Harris avrebbe risposto: «La libetà!» («Fweedom!»). Una storiella divertente e commovente insieme, peccato che lo stesso aneddoto compaia raccontato da Martin Luther King (chi se non lui?) in una intervista a Playboy del 1965. Kamala è del '64. Le possibilità sono due: o è lei la bimba che ispirò il paladino dei diritti neri. Oppure la Harris racconta balle.
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