Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/12/2020, a pag.21 con il titolo "Impiccato il reporter. Il giallo della trappola per riportarlo in Iran" il commento di Guido Olimpio.
Guido Olimpio
Ruhollah Zam
«Corrotto sulla Terra». È l'accusa con la quale il regime iraniano manda gli oppositori sul patibolo. E la stessa accusa ha tolto la vita a Ruhollah Zam, impiccato ieri dal boia della Repubblica islamica. Esecuzione che ha provocato reazioni da parte di Amnesty International e dell'associazione a tutela dei reporter, compatte nel denunciare un «atto brutale» per intimidire chi non è in linea. Figlio di un esponente religioso riformista, 47 anni, il giornalista era diventato famoso per il suo impegno al fianco di chi protestava. Nel 2017 aveva lanciato su Telegram il canale AmadNews che diffondeva informazioni e sosteneva le dimostrazioni di piazza in Iran, una sollevazione repressa duramente con migliaia di arresti e vittime. Un'attività condotta dalla Francia dove si era trasferito con la moglie per poter continuare a diffondere messaggi riscuotendo un certo seguito.
II successo lo ha trasformato in bersaglio. Era protetto dalla sicurezza francese, uno scudo rafforzato dopo che erano aumentate in modo consistente le minacce dirette e indirette. Ma il pericolo non lo aveva scoraggiato e neppure la sconfessione pubblica da parte del padre Mohammed lo aveva indotto ad assumere un profilo più cauto. Forse si sentiva al sicuro tanto da allarmare le maglie della difesa, cose ha accettato di partire per un viaggio in Medio Oriente. È l'ottobre del 2019 quando Zam raggiunge Amman, Giordania. A convincerlo — scrive il quotidiano The Times che cita proprie fonti — è una donna che è entrata nel suo giro da due anni, le ha promesso di aprire un contatto con l'ayatollah iracheno Sistani, una delle figure più rispettate nel mondo sciita e su posizioni indipendenti rispetto a quelle di Teheran. Una volta in territorio giordano, però, l'interlocutrice spiega a Zam che è necessario recarsi in Iraq. L'oppositore compie un secondo errore, perché va ad infilarsi in un'area dove gli iraniani sono di casa. Drammatico il seguito. Il giornalista scompare, sembra nella città santa di Kerbala, per riapparire in stato d'arresto in Iran. Un giallo accompagnato da diverse versioni. Si ipotizza un passaggio dalla zona curda, nascono sospetti sull'entourage di Sistani e su ambienti iracheni, pronti a collaborare con un Paese con grande influenza. Non manca la voce di negoziati riservati con Parigi per ottenere la liberazione di una coppia di accademici finiti in prigione in Iran sempre per le solite accuse di spionaggio. Ma non c'è baratto e i servizi francesi ribadiscono di aver messo in guardia Zam sui pericoli di recarsi all'estero. Ci pensano i pasdaran a raccontare la loro verità, semplice e complicata allo stesso tempo. In un comunicato attribuiscono la cattura ad una «trappola» ben organizzata, «professionale ed elaborata», condotta con «metodi moderni e tattiche astute».
L'astuzia è un'allusione alla donna? I guardiani, del resto, in questi ultimi anni sono riusciti a rimpatriare con la forza altri esuli e spesso hanno messo in piedi manovre articolate, grazie alla connivenza di governi oppure perché hanno beffato i controlli. Turchia, Emirati, Oman hanno fatto da teatro a colpi di mano filati via senza conseguenze, usati dalla teocrazia per intimorire e, in questo episodio, per dimostrare fermezza all'indomani dell'uccisione dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh. Ora c'è grande attenzione perla sorte del ricercatore Ahmadreza Djalali, basato in Svezia, con attività professionali anche all'Università del Piemonte Orientale. È rinchiuso nel carcere di Evin perché bollato come spia. E stato condannato a morte, ma Teheran potrebbe volerlo scambiare con un suo agente segreto sotto processo in Belgio in quanto aveva progettato un attentato contro una manifestazione di oppositori in Francia.
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