Le ultime email di Samuel Paty Analisi di Stefano Montefiori
Testata: Corriere della Sera Data: 20 novembre 2020 Pagina: 21 Autore: Stefano Montefiori Titolo: «'Io, frainteso'. Le ultime email del professore decapitato»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di ieri, 19/11/2020, a pag.21, con il titolo "'Io, frainteso'. Le ultime email del professore decapitato", il commento di Stefano Montefiori.
Stefano Montefiori
Samuel Paty
«Terribile notizia». Si conclude così, alle 23 e 29 di venerdì 16 ottobre, lo scambio di email in corso da una settimana tra i colleghi della scuola media Bois d’Aulne di Conflans Sainte Honorine e il professore di storia e geografia Samuel Paty. Colui che da morto ha avuto uno straziante omaggio solenne alla Sorbona e avrà presto una strada di Parigi intitolata a suo nome, mentre da vivo ha goduto di un sostegno parziale, incerto, imbarazzato. Il professor Paty è stato decapitato alle 17 di quel venerdì, nei pressi della scuola, dal terrorista islamico ceceno Abdoullakh Anzorov, dopo una campagna d’odio che — si capisce dalle email — aveva lasciato l’insegnante prima stupefatto, poi mortificato, infine preoccupato. Paty aveva paura, e nelle parole scambiate con i colleghi — due dei quali lo attaccano apertamente — c’è tutto il drammatico dibattito che vive in questi giorni la Francia sulla difesa della laicità e il rischio di una più o meno consapevole sottomissione alla prepotenza degli islamisti. Martedì 6 ottobre Samuel Paty fa una lezione di «educazione morale e civica», prevista dal programma, sulla libertà di espressione e mostra in classe due caricature di Maometto. Attento, come sempre, alle diverse sensibilità degli allievi, dà il tempo di uscire a chi preferisce non vedere le vignette. La campagna d’odio comincia subito. Giovedì 8 ottobre, rivela Le Monde, la professoressa principale F. (scelta dal collegio di insegnanti ogni anno, secondo la consuetudine francese) scrive a Paty: «La situazione si è accelerata e aggravata oggi nel corso della giornata. Una persona ha minacciato di fare venire dei musulmani davanti alla scuola e di avvertire la stampa». Intanto il ministero manda un ispettore, vengono organizzate riunioni con i genitori per dare spiegazioni. Samuel Paty risponde: «Signora F., forse mi mancano alcuni elementi. (...) L’assurdità della situazione sfiora il comico!». Poi si dispiace per la dimensione che hanno preso gli eventi: «È davvero avvilente tanto più che la protesta proviene da una famiglia la cui figlia non ha assistito alla mia lezione e che io non conosco... Tutto questo diventa una maldicenza... Non c’è stata alcuna reazione negativa in classe quando ho fatto la mia lezione!». Ma fuori della scuola le proteste continuano, l'islamista Brahim Chnina, padre di quell’allieva, pubblica su Facebook appelli a farla pagare al professore, indicando nome e cognome. Il tono delle email di Paty da incredulo diventa afflitto. «L’anno prossimo mi occuperò della libertà di circolazione o, magari, della censura di Internet in Cina». E ancora: «Non parlerò più di queste cose». Samuel Paty non è un provocatore, e neanche un condottiero in difesa della laicità minacciata: ha solo impartito una lezione prevista dal programma parlando di valori in cui crede, certo, quelli della République. La professoressa principale, nelle email al collegio degli insegnanti, lo difende: «Il signor Paty ha riconosciuto di essere stato maldestro, ma non voleva discriminare nessuno. Ha vissuto una settimana difficile ed è importante che possa contare su ciascuno di noi». Nel weekend alcuni genitori scrivono a Paty per esprimere solidarietà, ma due colleghi invece si dissociano. «Non sostengo il nostro collega e voglio dirlo — scrive una professoressa di grande esperienza —. Rifiuto di rendermi complice con il silenzio di una situazione che altera il legame di fiducia con le famiglie e mette in pericolo tutta la comunità scolastica». Un altro insegnante, ancora più duro: «Il nostro collega ha dato argomenti agli islamisti e ha lavorato contro la laicità dandole l’aspetto dell’intolleranza». L’aspetto più stupefacente è che nelle email svelate da Le Monde l’odio e l’arroganza degli islamisti non vengono mai contestati ma presi come un dato di fatto, una circostanza incontrovertibile: quelli che si interrogano, che si scambiano accuse, che infine nel caso di Samuel Paty sono pronti persino a scusarsi e ciò nonostante ci lasciano la vita, sono i rappresentanti dello Stato e della democrazia.
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