Abilmente orchestrata e pianificata, l’ondata di odio che ha raggiunto e che sta attanagliando la Francia, le sue istituzioni e i suoi cittadini, non è iniziata con Charlie Hebdo e le sue vignette: queste sono solo il pretesto. Le sue origini invece si trovano nelle dichiarazioni rilasciate dal Presidente Macron il 2 ottobre del 2020 a Les Mureaux, un piccolo comune della vasta periferia di Parigi. In un discorso programmatico, lui ha fatto appello a contrastare il separatismo islamista e il suo progetto di “contro-società”. “In questo islamismo radicale, dal momento che è proprio questo il cuore della questione”, ha detto, “c’è una dichiarata volontà di mostrare un’organizzazione ben pianificata per contravvenire alle leggi della Repubblica e creare un ordine parallelo di altri valori , sviluppare un’altra organizzazione della società ”. Infine, ha annunciato il Presidente della Repubblica: “Il 9 dicembre, il Ministro dell'Interno e il suo Ministro delegato presenteranno al Consiglio dei Ministri un disegno di legge che, a 115 anni dall'adozione definitiva della legge del 1905, mirerà a rafforzare la laicità, a consolidare i principi repubblicani” . In nessun momento del discorso vengono citate le caricature. Eppure, il giorno dopo, Macron ha attirato l'ira del Presidente Erdogan che così lo attacca: “Questa è una chiara provocazione ... parlare di strutturare l'Islam è un abuso di potere e d’impertinenza da parte di un leader dello Stato francese” e termina con un clamoroso: “Ma chi sei tu per parlare di strutturare l'Islam?” Non è l'unico a essere indignato. Lo sceicco Ahmad Al Tayyeb, Grande Imam di Al Azhar, l’Università sunnita del Cairo, qualifica le dichiarazioni di Macron come “razziste” e “di incitamento all'odio”, mentre da Londra, dove gode di asilo politico, Ibrahim Mounir, Gran Maestro della Confraternita dei Fratelli Musulmani - un movimento bandito e definito come terrorista in Egitto - ricorda che la legge di Allah ha la precedenza sulla legge degli uomini e dichiara che la Fratellanza ha dimostrato in passato di essere in grado di abbattere i regimi che cercavano di costringere i musulmani ad abbandonare la loro religione, anche se ciò significa agire illegalmente o con la violenza. E’ stato allora che un giovane musulmano, la cui radicalizzazione mostra fin troppo bene quanto il Presidente Macron abbia ragione ad intervenire, assassina selvaggiamente Samuel Paty, un professore “colpevole” di aver mostrato in classe le vignette di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. Siamo il 16 ottobre. Lo shock è enorme e improvvisamente i circoli islamici estremisti si trovano sulla difensiva. All’estero piovono condanne; alcuni leader musulmani aggiungono, pro forma, la loro voce . Bisogna recuperare a tutti i costi la situazione. Ma come ? Si esamina febbrilmente l'elogio funebre pronunciato dal Presidente francese durante il solenne tributo reso nel cortile della Sorbona il 21 ottobre. “Samuel Paty è stato ucciso perché gli islamisti vogliono il nostro futuro e sanno che con eroi silenziosi come lui, non lo avranno mai”, dice Emmanuel Macron. Rivolgendosi poi agli insegnanti, colleghi del professore assassinato, annuncia con voce ferma: “ Noi difenderemo la libertà che voi insegnate così bene e porteremo in alto la laicità. Non rinunceremo né a caricature, né a disegni”. Non ha menzionato Charlie Hebdo e neppure il Profeta. Non importa. L'Islam radicale ha trovato la sua arma: capovolgerà il discorso per farne un grido di battaglia e inviterà i fedeli a protestare contro un attacco immaginario. Erdogan è lì pronto per alimentare il fuoco. Conosciamo il seguito. Sfortunatamente, i media francesi stanno per lanciarsi in sterili discussioni sulle vignette, senza vedere che non è questo il problema.