Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 20/10/2020 a pag.3, l'editoriale "Il Nyt e il prof decapitato"; dal MANIFESTO, a pag. 9, con il titolo "Le associazioni islamiste nel mirino" il commento di Anna Maria Merlo.
"La polizia francese ha sparato e ha ucciso un uomo dopo un attacco mortale con un coltello in strada": così il New York Times ha riportato la notizia della decapitazione di Samuel Paty da parte di un terrorista islamico. La testata della Grande Mela, riconosciuta come tra le più influenti del mondo, rovescia completamente la realtà, invertendo causa e effetto e trasformando il terrorista in vittima. Il Manifesto, invece di analizzare la diffusione dell'odio e del terrorismo islamico in Francia, per imitare il NYT, titola "Le associazioni islamiste nel mirino": anche in questo caso chi diffonde odio e sobilla i terroristi viene descritto come vittima. Le "associazioni islamiste" di cui scrive il quotidiano comunista, a partire da quelle legate alla Fratellanza musulmana, si pongono lo scopo di imporre la legge del Corano (sharia) e instaurare il Califfato. Ma questo viene sistematicamente omesso da testate come New York Times e Manifesto.
Quando i nostri media la smetteranno di citare il NYT come 'fonte autorevole'? le sue manipolazioni della verità sono al livello del 'Manifesto'.
Ecco gli articoli:
Un editoriale del Foglio è dedicato alla Fake News del New York Times
IL FOGLIO: "Il Nyt e il prof decapitato"
Quando ha iniziato a circolare la notizia della decapitazione di un uomo nella periferia nord di Parigi (era il prof. Samuel Paty) da parte di un uomo (era un ragazzo, Abdullakh Anzorov, di origini cecene) armato di coltello, il New York Times ha titolato: "La polizia francese ha sparato e ha ucciso un uomo dopo un attacco mortale con un coltello in strada". Un pochino dopo, quando si è capito che non si trattava di un "attacco con il coltello" ma di un rito di decapitazione in nome di Allah, il New York Times ha modificato il titolo: "La polizia francese ha ucciso un uomo che ha decapitato un insegnante per strada". Shadi Hamid, studioso della Brookings Institution, saggista e giornalista, ha scritto su Twitter a commento della titolazione del quotidiano newyorchese: "All'inizio non potevo credere che fosse vero. L'ho riletto parecchie volte, con molto stupore, chiedendomi se non stavo capendo qualcosa. Ma no, si tratta per davvero di un titolo del New York Times". Il tweet è stato ripreso molte volte: Andrew Sullivan, uno dei più brillanti commentatori e saggisti americani, ha scritto: "Incredibile, ma questo oggi è il New York Times". La crisi culturale (e generazionale) dentro al quotidiano americano è diventata nota al pubblico quando il capo della sezione degli editoriali ha dovuto dimettersi per aver pubblicato un articolo del senatore repubblicano Tom Cotton sulla gestione delle proteste americane ("Mandate le truppe"): si è scoperto che c'è un grande conflitto dentro al New York Times su quel che è lecito o non lecito pubblicare, e in che termini. Questo episodio sul titolo della decapitazione in Francia mostra che il conflitto è ancora in corso e non sta andando benissimo per i sostenitori del pluralismo nel dibattito. Ma ancor più incredibile del New York Times erano i commenti al tweet di Shadi Hamid al titolo che enfatizzava più l'uccisione da parte della polizia dell'attentatore che la decapitazione: qual è il problema?
IL MANIFESTO - Anna Maria Merlo: "Le associazioni islamiste nel mirino"
Parigi Domani sera alla Sorbonne ci sarà un omaggio ufficiale a Samuel Paty, il professore di storia e geografia ucciso venerdì scorso di fronte alla scuola media dove insegnava a Conflans-Sainte-Honorine, una cittadina a nord-ovest di Parigi. Emmanuel Macron ha ricevuto ieri la famiglia dell'insegnante, prima di incontrare all'Eliseo i rappresentanti del Consiglio francese del culto musulmano.
IL PAESE È SOTTO CHOC, è la seconda volta che la scuola è colpita, nel 2012 un insegnante e due allievi di una scuola ebraica erano stati massacrati a Tolosa, da Mohammed Merah, primo atto che ha poi aperto la stagione tragica degli attentati del 2015 e 2016, di cui oggi è in corso il processo per gli omicidi alla redazione di Charlie Hebdo e al supermercato kosher HyperCacher avvenuti dal 7 al 9 gennaio 2015. Al processo ieri è stato ricordato Samuel Paty.
I FERMI SONO SALITI A 18, tra cui 4 allievi della scuola media di Samuel Paty, che avrebbero preso dei soldi per indicare il prof all'assassino. L'inchiesta ha messo in luce che un tweet di Abdoullakh Abouyezidevitch Anzonov, 18 anni, di origine cecena, era stato segnalato di recente per incitazione all'odio, ma i servizi della piattaforma governativa Pharos non avevano considerato che ci fosse rischio di passaggio all'azione. Pharos ha individuato ieri più di un'ottantina di interventi in appoggio all'assassino e ci sono stati ulteriori fermi. il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, ha precisato che ci saranno nuove disposizioni per mettere sotto controllo la diffusione di messaggi di odio on line, che sarebbero all'origine della radicalizzazione di Anzonov. La sottosegretaria alla cittadinanza, Marlène Sciappa, riceve oggi i rappresentanti delle grandi multinazionali Usa dei social network per incitarli a una moderazione più attenta: è tutto quello che può fare nei confronti delle piattaforme statunitensi, che non hanno lo statuto di editori (quindi responsabili dei contenuti) ma che agiscono solo in caso di segnalazioni.
LA FRANCIA CERCA di cambiare la legge, dovrebbe tornare in discussione la proposta Avia (dal nome di una deputata) sull'odio online, che era stata bocciata dal Consiglio costituzionale in primavera. La legge Avia dovrebbe far parte della legislazione contro i separatismi, che sarà presentata dal governo a dicembre. Il primo ministro Jean Lastex ha precisato che verranno colpite anche le «associazioni nemiche della Repubblica». Darmanin ha parlato di «fatwa» contro l'insegnante e ha messo nel mirino 51 associazioni, tra cui BarakaCity e il Collettivo contro l'islamofobia in Francia (Ccif), nato nel 2003, che ha appoggiato le mosse dell'islami sta Abdelhakim Safrioni, l'uomo che ha accompagnato il padre di un'allieva di Samuel Paty quando si è scontrato a scuola con l'insegnante, prima di diffondere sui social il suo nome e l'indirizzo della scuola. Safrioni, che è alla testa del collettivo Cheikh Yassine (dal nome del fondatore di Hamas) e ha partecipato alla campagna elettorale del comico antisemita Dieudonné, fa parte anche del Consiglio degli imam di Francia (Cif). Ieri, 30 imam hanno denunciato la violenza: «Chiediamo ai giovani musulmani di rivolgersi a imam e teologi qualificati nella loro ricerca di spiritualità, per non cadere nell'oscurantismo». Il presidente del Consiglio francese del culto musulmano, Mohamed Moussaoui, ha definito «l'irruzione del terrorismo che fa riferimento all'islam, una pandemia mondiale feroce». Ghaleb Bencheikh, presidente della Fondazione dell'islam di Francia invita a «una rifondazione del pensiero», perché «ora basta, troppo è troppo». Ma la Francia resta divisa. La manifestazione parigina di domenica, a République, ha raccolto molte persone, ma il clima era diverso dal grande corteo dell'U gennaio 2015, meno unito. Dietro lo striscione al centro della piazza «è buio nel paese delle Lumières» c'era molta preoccupazione per le progressive derive, si sentiva un senso di impotenza e molta solitudine di una parte degli insegnanti. I presidi e il ministero dell'Educazione spesso non li sostengono a fondo, malgrado le belle parole. In classe è diventato sempre più difficile fare dei corsi sulla storia delle religioni.
IL MINUTO DI SILENZIO programmato per il rientro dalle vacanze il 2 novembre in tutte le scuole fa temere dissensi, come era successo nel 2015. I genitori sono aggressivi. La destra vuole un referendum per mettere al bando tutti i segni di appartenenza religiosa, a cominciare dal velo in strada. Marine Le Pen parla di «guerra».
LA FRANCIA SI INTERROGA, anche su se stessa, sulla semplificazione musulmani-vittime del colonialismo, e si divide. «La Repubblica si adagia» dice l'ex primo ministro Ps, Bernard Cazeneuve e se la prende con i «discorsi ambigui» di alcuni. Tra essi, Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise, che dribbla e se la prende con l'accoglienza riservata ai ceceni, «partigiani della guerra civile su sfondo religioso».
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