L’islam in Italia che sembra non interessare a nessuno
Analisi di Carlo Panella
Ha dell’incredibile il totale disinteresse di tutti i media italiani e del nostro mondo politico per l’intensissimo dibattito sull’islamismo radicale che si svolge da settimane nella vicina Francia. Lo stesso presidente François Macron ha aperto di fatto una decina di giorni fa la sua campagna elettorale per la riconferma con un penetrante discorso sulla legge contro il separatismo, nel quale non solo ha ovviamente ribadito l’intensità del contrasto al terrorismo islamico, ma ha soprattutto denunciato il separatismo, la pretesa di tanti Musulmani radicali -ma certo non terroristi- “di fare prevalere la sharia sulle leggi della République”. Macron ha orgogliosamente rivendicato il “diritto alla blasfemia” come essenza dell’ésprit républicain, ha dichiarato che “l’Islam è in crisi” e ha preannunciato una dura legge contro il separatismo islamico, le scuole coraniche, il rifiuto di praticare la parità assoluta tra uomo e donna, le prepotenze diffuse di tanti musulmani impiegati nei servizi di applicare contro le francesi la sharia, il finanziamento estero delle moschee, insomma contro la deriva shariatica che attinge tanta parte dei più di 5 milioni di musulmani che vivono in Francia.
L’orripilante decapitazione del professore Samuel Paty, che aveva portato in classe le vignette su Maometto di Charlie Hebdo, ha poi naturalmente intensificato in tutta la Francia questo angosciante dibattito: Charlie Hebdo prepara una grande manifestazione e l’ex premier Manuel Valls ha proposto che le vignette su Maometto siano presentate in tutte le classi. Di questo parla tutta la Francia e su questo si interroga con angoscia, tanto che è chiaro che questo sarà il tema portante dell’imminente campagna per le presidenziali. Nulla, assolutamente nulla di tutto ciò in Italia, neanche un lontano eco. Irresponsabilmente. Per una ragione: nel nostro paese si parte dal falso presupposto che solo l’immigrazione clandestina ponga un problema e che gli immigrati, inclusi i 2 milioni e mezzo di musulmani “regolari” si siano perfettamente integrati. Non è così, non è assolutamente così. Tutto indica che tra poco tempo si presenteranno anche nel nostro paese e con la stessa intensità i fenomeni di separatismo shariatico che affliggono la Francia (come il Belgio, la Gran Bretagna, la Germania, ecc…). Non vi è alcuna ragione per la quale le seconde generazioni di musulmani che lentamente -e in ritardo rispetto agli altri paesi europei- maturano in Italia non pongano gli identici e drammatici problemi di non integrazione e di separatismo che ovunque pongono. Un fenomeno che sta maturando, esattamente come in Italia sta incombendo il pericolo di attentati islamisti, tanto che una decina sono stati sventati negli ultimi anni dai nostri servizi di sicurezza. Il separatismo è praticato e teorizzato in molte comunità e moschee in Italia. Addirittura vi è una organizzazione, il Caim, che pretende di imporre la norma shariatica della poligamia (ovviamente non della poliandria) come legge della Repubblica. Rivendicazione più volte avanzata da Davide Piccardo.
Il separatismo shariatico e sociale è praticato da molte organizzazioni islamiche su base etnica, a partire da quella, consistente, del Bangladesh. Quanto alle vignette su Maometto e alla strage di Charlie Hebdo, un sondaggio tra i musulmani italiani darebbe esiti sconvolgenti. Ma il tema non interessa al nostro mondo politico e men che meno ai media, il fenomeno è nascosto sotto il tappeto. Esemplare è stata nella scorsa legislatura la fine della legge contro il jihadismo e la radicalizzazione (alla quale chi scrive ha dato un forte contributo) che non è stata approvata in seconda lettura al Senato a fine legislatura perché le sono state preferite in quei tempi stretti una legge sui parchi e una sull’assunzione del personale nella pubblica amministrazione. Men che meno si provvede in Italia ad una regolarizzazione dei rapporti con le organizzazioni islamiche, nonostante che (a differenza della Francia) sia prevista dalla nostra Costituzione la procedura dell’Intesa, che obbligherebbe le organizzazioni islamiche a sottoporsi alla valutazione del Parlamento circa la compatibilità del loro messaggio religioso con i principi costituzionali e a una grande trasparenza. Compatibilità assolutamente assente nell’insegnamento dell’Ucoii, organizzazione incredibilmente favorita dal Pd, dai media, dalla sinistra e anche dalla Comunità di Sant’Egidio: la piena giustificazione e leggimitá del Jihad, la inferiorità della donna rispetto all’uomo, la blasfemia come peccato più grave dell’omicidio e un vigoroso antisemitismo sono infatti codificati a chiare lettere nel Commento al Corano pubblicato da questa organizzazione. Nei fatti, l’Ucoii e i suoi dirigenti sono maestri nella pratica islamica della Taqyya, della dissimulazione, nella quale tanti sindaci di sinistra, a iniziare da Nardella a Firenze cadono improvvidamente.
L’Ucoii, peraltro, si presenta come la più grande organizzazione islamica in Italia, ma mente. Raduna al massimo infatti 70 moschee, ma i suoi dirigenti sono molto bravi nei rapporti con i media. Invece, più grande e attendibile organizzazione islamica in Italia con più di 250 moschee aderenti e decine di migliaia di affiliati, è la Confederazione Islamica Italiana, che è egemonizzata dalla dirigenza della Moschea di Roma diretta da Abdellah Redouane e che è una filiazione del Marocco, unico paese musulmano a democrazia matura e compiuta il cui Islam, caso unico al mondo, è aperto a un prudente e lento, ma sicuro, riformismo (non a caso in queste settimane sta maturando a Rabat la decisione di aderire al Patto di Abramo con Israele, come già hanno fatto gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein). Ma gli sforzi della Moschea di Roma (unica istituzione islamica dotata di personalità giuridica con decreto della presidenza della Repubblica) per aprire la procedura di Intesa sono ancora frustrati dal burocratismo del Ministero degli Interni (nel quale per ragioni incomprensibili ha sempre trovato buona accoglienza l’Ucoii. Come si è detto, agiscono poi tra i 2,5 milioni di musulmani in Italia, organizzazioni su base etnica o nazionale (Bangladesh, Pakistan, Tunisia, Albania ecc…), alcune moschee salafite (quindi pericolose) finanziate dall’Arabia Saudita e una organizzazione dal rivendicato islamismo shariatico fuoriuscita dall’Ucoii, il Caim, di nessuna rilevanza numerica. Discorso a parte per la Coreis (molto attiva nel dialogo inter religioso e amica dell’ebraismo e dello stesso Israele) che però è composta solo da convertiti italiani, non ha neanche una moschea ufficiale e non ha nessun seguito tra gli immigrati. Dunque, un quadro complesso, un elemento di forte crisi incombente rappresentato dai milioni di musulmani nel nostro paese, al quale nessuno a sinistra, tranne pochi, come Marco Minniti ed Emanuele Fiano, danno il dovuto peso, mentre la destra si focalizza unicamente sul tema degli irregolari. Fino a quando non ci si renderà conto che è troppo tardi.
Carlo Panella
Giornalista, scrittore, autore de “Il libro nero del Califfato”