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La Repubblica - Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.10.2020 Francia, ancora terrorismo islamico: ecco perché le parole di Macron non bastano più
Due servizi di Stefano Montefiori, Anais Ginori intervista Caroline Fourest

Testata:La Repubblica - Corriere della Sera
Autore: Stefano Montefiori - Anais Ginori
Titolo: «Prof decapitato: mostrò in classe le vignette di Charlie Hebdo - Macron davanti alla scuola sfida il terrorismo islamico: 'L'oscurantismo non vincerà' - Fourest (Charlie Hebdo): 'La nostra libertà ossessiona questi fanatici'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/10/2020, a pag.19, con il titolo "Prof decapitato: mostrò in classe le vignette di Charlie Hebdo", la cronaca di Stefano Montefiori; con il titolo "Macron davanti alla scuola sfida il terrorismo islamico: 'L'oscurantismo non vincerà' ", il suo commento; dalla REPUBBLICA, a pag. 17, con il titolo "Fourest (Charlie Hebdo): 'La nostra libertà ossessiona questi fanatici' " l'intervista di Anais Ginori a Caroline Fourest.

La Francia, come e più di altri Paesi europei, sottovaluta il terrorismo islamico. Il risultato, negli ultimi anni, è stato la crescita della violenza terrorista, dell'odio e dell'antisemitismo. Per questo le parole di Emmanuel Macron non bastano: ad esse devono seguire fatti concreti, per evitare che gli assassini al grido di AllahU Akbar colpiscano sempre di più.

Ecco gli articoli:
Thierry Barrigue:

CORRIERE della SERA - Stefano Montefiori: "Prof decapitato: mostrò in classe le vignette di Charlie Hebdo"

Samuel Paty, professore di storia, geografia, educazione civica e morale alla scuola media Bois d'Aulne di Conflans, una calma cittadina a 20 chilometri da Parigi, il 5 ottobre scorso ha tenuto una lezione sulla libertà di espressione ai suoi allievi 13enni e ha mostrato loro alcune caricature di Maometto, quelle pubblicate da Charlie Hebdo. Ieri pomeriggio il professore è stato decapitato all'uscita da scuola, in mezzo alla strada, tra la folla. Abdullah, un ragazzo ceceno nato nel 2002 a Mosca, conosciuto alla polizia per piccoli delitti ma non per vicinanza agli ambienti islamisti, estraneo alla scuola, lo ha accoltellato alla gola con una lama lunga decine di centimetri, hanno raccontato i testimoni. Il ragazzo si è accanito fino a staccare il capo, gridando «Allah Akhbar”, ha fotografato il cadavere ed è scappato, a piedi. Prima di essere raggiunto dai poliziotti lui (o un complice) ha avuto il tempo di diffondere l'immagine della testa mozzata su Twitter, con insulti alla vittima e una minaccia al presidente francese: "Da Abdullah, il servitore di Allah, a Macron, il dirigente degli infedeli: calma i suoi simili (della vittima, ndr) altrimenti vi infliggeremo un duro castigo». Il ministero dell'Interno ha subito segnalato il tweet e il profilo è stato sospeso. Il terrorista ha fatto qualche centinaio di metri di corsa, è arrivato fino al comune vicino di Eragny dove alcuni passanti intorno alle 17 lo hanno visto con ancora in mano il coltello e lo hanno segnalato alla polizia. Appena arrivati gli agenti gli hanno ordinato di gettare l'arma ma lui si è rifiutato e ha continuato a proferire minacce. Gli hanno sparato una decina di colpi. È stato dichiarato morto dopo che gi artificieri hanno verificato che non avesse con sé una cintura esplosiva. Nella ormai lunga lista di orrori legati alla libertà di espressione esercitata da Charlie Hebdo e negata dagli islamisti radicali, ieri a Conflans-Sainte-Honorine si è consumata una tragedia senma precedenti. Dopo la strage del 7 gennaio 2015 e i 12 morti alla redazione del giornale, dopo l'attacco col machete di tre settimane fa davanti agli ex locali della rivista, adesso un insegnante della République viene decapitato per avere svolto quello che la Repubblica gli chiede nel programma scolastico, ovvero insegnare ai ragazzi i valori della laicità e del diritto alla blasfemia. Il 5 ottobre scorso l'insegnante ha cominciato il corso spiegando che avrebbe tenuto una lezione sulla libertà di espressione e le vignette di Maometto, permettendo agli allievi musulmani di uscire dalla classe se temevano di rimanere turbati. Poi ha mostrato alcune caricature. Il padre di un'allieva musulmana rimasta in classe ha organizzato una protesta, e registrato un video diffuso su Twitter e Youtube in cui definisce «una vergogna che un professore insegni queste cose ai nostri figli», parlando di una «immagine del nostro profeta nudo», e dichiarando che «bisogna cacciare questo insegnante dalla scuola». La sera stessa è stata presentata una denuncia contro il professore. In suo onore ieri sera i deputati dell'Assemblea nazionale si sono alzati in piedi denunciando «un attentato abominevole».

CORRIERE della SERA - Stefano Montefiori: "Macron davanti alla scuola sfida il terrorismo islamico: 'L'oscurantismo non vincerà' "

«Non è un caso che questa sera sia un insegnante a cadere», dice con la voce in affanno per l'emozione il presidente Emmanuel Macron, giunto alle 22 davanti alla scuola media teatro della tragedia. «Quel terrorista ha voluto abbattere la Repubblica nei suoi valori, e la possibilità di fare dei nostri figli dei cittadini liberi, da qualunque luogo provengano e a qualsiasi religione appartengano. Questa è la nostra battaglia esistenziale. E la vinceremo, restando uniti». Quasi 17 anni dopo la legge che proibisce i segni religiosi — e quindi il velo islamico — nelle classi di Francia, la scuola torna al cuore dello scontro. Tanti insegnanti hanno denunciato da tempo la difficoltà di parlare di temi come la Shoah o l'u settembre nelle classi di certi quartieri senza rischiare minacce, reazioni negazioniste o legate alle teorie di complotto. E in parallelo alcune famiglie islamiche radicali hanno preferito togliere i figli dalle scuole pubbliche per educarli a casa, o in un scuole coraniche più simili alle madrasse afghane che a istituti occidentali. Per questo due venerdì fa, ad appena 20 minuti d'auto dal luogo dell'attentato di ieri sera, a Les Mureaux il presidente Macron aveva già pronunciato un discorso storico contro «il separatismo» dell'islam radicale e politico, annunciando una serie di misure senza precedenti tra le quali la più importante è il divieto di educazione a domicilio, oggi seguita da circa 50 mila bambini in Francia. I tempi della tragedia sono impressionanti: il 2 settembre si apre a Parigi il processo per l'attentato del 2015 a Charlie Hebdo, che per l'occasione ripubblica le vignette su Maometto. Venerdì 25 settembre un pakistano ferisce a colpi di mannaia alla testa due ragazzi che fumano sul marciapiede in rue Nicolas-Appert a Parigi, credendoli giornalisti di Charlie Hebdo (che dopo l'attentato ha invece cambiato sede). Il venerdì seguente, 2 ottobre, Macron pronuncia il suo atteso discorso contro l'islam radicale per riaffermare la supremazia del valori della Repubblica a partire dalle scuole, alle quali viene affidato un ruolo essenziale nella lotta contro l'oscurantismo. Passato il weekend, al rientro nelle classi lunedì 5 ottobre, il professore di una scuola media vicina, a Conflans, segue l'incoraggiamento del presidente e tiene una lezione di educazione civica sulla libertà di espressione e il diritto alla blasfemia, garantiti dalle leggi francesi. La sera stessa, una famiglia musulmana lo segnala alla direzione della scuola e lo denuncia. Seguono giorni di minacce e intimidazioni. Ieri, venerdì 16 ottobre, ultimo giorno prima delle due settimane delle vacanze scolastiche di Ognissanti, il professore Samuel Paty viene decapitato al grido di «Allah Akhbar». L'assassino è un terrorista più o meno improvvisato e solitario, come è ormai abitudine in questi attentati privi di un coordinamento militare. Ma quel terrorista è anche la mano armata di un odio purtroppo più ampio, che attacca le basi stesse della Repubblica francese e delle società occidentali.

LA REPUBBLICA - Anais Ginori: "Fourest (Charlie Hebdo): 'La nostra libertà ossessiona questi fanatici' "

Caroline Fourest | Ojim.fr
Caroline Fourest

«Molti pensano che a Charlie siamo ossessionati dall’Islam. Sono i fanatici a essere ossessionati dalla nostra libertà di espressione. E che ci uccidono uno dopo l’altro: giornalisti, poliziotti, insegnanti». Caroline Fourest è una storica firma di Charlie Hebdo. L’intellettuale femminista impegnata contro gli estremismi vede l’attacco al professore di ieri come l’ennesima prova di un «ingranaggio infernale».

È il secondo attacco dopo la ripubblicazione delle vignette su Maometto. «Come un terrorista ceceno fanatico abbia potuto commettere questo crimine barbaro è qualcosa su cui dovranno rispondere i servizi dell’antiterrorismo. Da cittadina la mia rabbia va contro quei genitori di alunni che hanno chiesto la testa dell’insegnante, spalleggiati da qualche associazione di propaganda».

Quali associazioni? «Sempre le stesse, a cominciare dal Collectif contre l’islamophobie che non si occupa assolutamente di lottare contro le vere discriminazioni di cui sono vittime i musulmani ma è specializzato nell’incitare all’odio».

Quale deve essere la risposta? «Non confondere Islam e islamismo, o musulmani e terroristi. Ma ci troviamo di fronte ad altre persone che vogliono mettere sullo stesso piano libertà d’espressione e incitamento all’odio, o laicità e guerra contro l’Islam».

Lei ha spesso allertato sul pericolo di autocensura. «Il messaggio è terrorizzarci, metterci a tacere. È una battaglia impari. Noi abbiamo come arma solo parole e matite. Bisogna smettere di essere tolleranti con chi è intollerante, ma dobbiamo farlo restando calmi, pazienti e democratici».

La scelta di ripubblicare le caricature era doverosa? «La prima pagina “Tout ça pour ça” (tutto questo per questo, ndr) voleva ricordare che l’inizio della catena di morte è partita da qualche disegno. È un modo di resistere alle intimidazioni».

Anche lei ha ricevuto minacce? «Lavoro su tutti gli estremismi e sono abituata alle catene di insulti e minacce. Ma è vero che quando un linciaggio viene fatto in nome dell’islamismo può provocare omicidi».

Esiste un problema nelle scuole? «La scuola è il ricettacolo della radicalizzazione delle identità. Oggi i ragazzi si definiscono in modo incredibilmente settario in funzione della loro religione. Quindi ci sono tensioni quando si parla della Shoah o della libertà di espressione e di culto».

Il governo ha fatto qualcosa? «Il ministro dell’Istruzione è consapevole della necessità di proteggere le scuole dalle pressioni degli integralisti. Macron ha fatto un recente discorso sulla lotta contro il separatismo che non era incendiario, ma preciso e determinato».

Quando finirà? «C’è qualche segnale incoraggiante. Il nuovo rettore della moschea di Parigi ha difeso la libertà di espressione, compresa la blasfemia. Oggi ci sono più persone in Francia che sostengono Charlie, ma bisogna isolare i fanatici e chi li fiancheggia».

Come vive la redazione di Charlie Hebdo il nuovo attacco? «Chi lavora nella redazione vive sotto protezione e convive con la minaccia. Per noi la cosa più pesante non è solo l’idea di aver perso una vita normale, ma il pensiero che possa non servire a nulla».

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