lunedi` 23 dicembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
09.10.2020 Trump vs Biden, prosegue lo scontro
Cronaca di Anna Lombardi, la disinformazione sulla Stampa con Paolo Mastrolilli, Gianni Riotta

Testata:La Repubblica - La Stampa
Autore: Anna Lombardi - Paolo Mastrolilli - Gianni Riotta
Titolo: «Usa, scontro sul dibattito virtuale Biden ci sta, ma Trump si ribella - 'Un mostro ed è comunista': Trump insulta Kamala e rifiuta il duello con Biden - Quegli sbalzi di umore di Donald che spaventano l'America»

Riprendiamo oggi, 09/10/2020, dalla REPUBBLICA, a pag.12, la cronaca di Anna Lombardi dal titolo "Usa, scontro sul dibattito virtuale Biden ci sta, ma Trump si ribella"; dalla STAMPA, a pag. 16-17, gli articoli " 'Un mostro ed è comunista': Trump insulta Kamala e rifiuta il duello con Biden", "Quegli sbalzi di umore di Donald che spaventano l'America" di Paolo Mastrolilli, Gianni Riotta.

A destra: Donald Trump, Joe Biden

Mentre Anna Lombardi si limita a riportare i fatti, i pezzi della Stampa continuano la crociata contro Donald Trump. Basta leggere i titoli dei pezzi per rendersi conto della campagna unidirezionale contro Trump condotta da tempo dal quotidiano torinese. Attribuire a Trump "sbalzi di umore" significa cercare con ogni mezzo di delegittimare il candidato repubblicano; ancora peggio è ricondurre a Trump frasi come 'Un mostro ed è comunista', riferito a Kamala Harris. Ma la Stampa di Massimo Giannini non si ferma di fronte a niente pur di seminare odio e menzogna contro Donald Trump, che ha dimostrato con i fatti in questi quattro anni di riuscire a dare una svolta alla politica americana.

Ecco gli articoli:

La RepubblicaAnna Lombardi: "Usa, scontro sul dibattito virtuale Biden ci sta, ma Trump si ribella"

Anna Lombardi, La Repubblica - YouTube
Anna Lombardi

La spilla con la bandiera a stelle e strisce sul petto di entrambi, come solo elemento comune. A segnalare che a scontrarsi mercoledì sera sul palco della Kingsbury Hall di Salt Lake City, nello Stato mormone dello Utah, erano i volti, pur diversissimi, di una medesima America. Divisa su tutto. Ma capace, almeno per una notte, di contenere le differenze nella cornice di un dialogo civile, solo a tratti sopra le righe. Il mattino dopo, è acqua passata. Donald Trump riporta l’attenzione su di sé, sviandola dai sondaggi che danno a Harris la vittoria del match fra i numeri due, rifiutando di partecipare al prossimo dibattito in forma virtuale, come invece deciso ieri dalla commissione organizzatrice dell’evento, in virtù della malattia del presidente. La Town Hall del 15 ottobre, con le domande del pubblico, doveva tenersi all’Adrienne Arsht Center for the Performing Arts di Miami, in Florida. Secondo il nuovo piano, sul posto rimanevano gli spettatori e il moderatore Steve Scully della rete C-Span. Ma coi due candidati a rispondere da casa. «Sto bene, non sono più contagioso », ha dunque tuonato Trump, che d’altronde, a dispetto delle sue condizioni di salute, vuol già riprendere a fare comizi. «Non sprecherò tempo dietro a un computer». Joe Biden, pronto ad accettare l’invito, fa ora sapere che per quel giorno risponderà a domande degli elettori da Philadelphia per un evento organizzato da Abc . «Gli elettori devono poterci porre domande dirette. Sarebbe vergognoso se Trump rifiutasse temendo di dover rispondere sulla sua gestione fallimentare del Covid e dell’economia». «Donald Trump non decide i dibattiti, lo fa la Commissione. Abbiamo accettato tre date: il 29 settembre e il 15 e 22 ottobre. Trump ha scelto di ritirarsi dal dibattito del 15. Il suo comportamento non gli consente di riscrivere il calendario. Parteciperemo al dibattito finale il 22 ottobre. Può presentarsi o no. È una sua scelta», tuona lo staff dem. Intanto l’ennesima boutade presidenziale spinge la speaker della Camera Nancy Pelosi ad evocare lo spettro del 25esimo emendamento, quello usato quando il presidente non è più in grado di svolgere il suo incarico. «Dobbiamo conoscere le sue condizioni reali» dice ai giornalisti durante un briefing. «Ne riparliamo domani». Basta con le bizze. The Donald è avvertito.

LA STAMPA - Paolo Mastrolilli: " 'Un mostro ed è comunista': Trump insulta Kamala e rifiuta il duello con Biden"

Immagine correlata
Paolo Mastrolilli

Nel vortice ormai quotidiano di sorprese che è diventata la campagna presidenziale americana, non abbiamo fatto in tempo a vedere il dibattito di mercoledì sera tra i vice Pence e Harris, che già ieri mattina è scoppiata una nuova tempesta sulla prossima sfida fra Trump e Biden. E in questo clima sempre più teso, l'Fbi ha arrestato sette membri di una milizia che voleva rapire la governatrice democratica del Michigan Whitmer. In teoria il confronto era in programma il 15 ottobre a Miami, ma visto il contagio di Donald, la commissione organizzatrice aveva deciso di trasformarlo in formato digitale. C'era anche un precedente, perché nel 1960 il terzo dibattito fra Nixon e Kennedy si era svolto solo in tv, col primo in California e il secondo a New York. Il capo della Casa Bianca però si è rifiutato di partecipare, regalando così al suo avversario la giustificazione per evitare un confronto che non gli conveniva, visto il suo vantaggio nei sondaggi. Una scelta emotiva, che ha sorpreso gli stessi repubblicani. La Speaker della Camera Pelosi ne ha approfittato per dire che vuole discutere il 25° emendamento della Costituzione, che consente di sostituire i presidenti incapacitati. Al di là della teatralità della sua uscita, non mancano gli alleati di Trump preoccupati perla possibilità che le medicine prese per curare il Covid, come gli steroidi, abbiano effetti collaterali sulla sua stabilità. II dibattito tra i vice, come previsto, si è concentrato sul Covid. «Il popolo americano - ha detto Harris - ha testimoniato il più grande fallimento di qualsiasi amministrazione presidenziale nella storia del nostro paese». Poi si è discusso di molti altri temi decisivi per le elezioni del 3 novembre, in maniera assai più civile di quanto non fosse accaduto a Cleveland fra Trump e Biden, tipo sanità, economia, ambiente, Corte Suprema e aborto, alleanze internazionali, legalità delle presidenziali. Ma col presidente ancora malato, e la Casa Bianca focolaio di infezione, era inevitabile che il virus fosse in primo piano, dove resterà fino al voto. Molti hanno sottolineato che è stato noioso, rispetto a Cleveland, e verrebbe voglia di rispondere meno male. Almeno così gli elettori hanno potuto sentire le risposte, e forse capirci qualcosa in più. Kamala poi è stata molto rispettosa, perché conosce i pregiudizi radicati contro le donne nere, considerate arrabbiate e minacciose. Però resterà nella memoria il modo in cui ha reagito a Mike che la interrompeva: «Sto ancora parlando, ok?». Ieri mattina Trump l'ha attaccata ferocemente, definendola «un mostro» e «una comunista» durante un'intervista con la Fox. Così ha confermato tutti questi pregiudizi, peggiorando anche il «gender gap», che è già molto forte e sta allontanando sempre più le donne dall'idea di votarlo. Nel frattempo è scoppiata la nuova tempesta sui dibattiti. Dopo il contagio di Trump, la Commission on Presidential Debates si era posta il problema di come continuare il dialogo tra i candidati, senza rischiare la vita di chi partecipa. In calendario erano rimasti due appuntamenti, il 15 ottobre a Miami e il 22 a Nashville, e almeno il primo era in bilico, perché fra sette giorni il capo della Casa Bianca potrebbe ancora essere infetto. Quindi la Commissione, che è bipartisan, ha deciso di seguire quanto stanno facendo imprese, scuole e istituzioni, organizzando la prossima sfida per via virtuale. I partecipanti e il moderatore dovevano rimanere a Miami, per fare le domande in formato town hall, mentre i due candidati sarebbero stati in altri luoghi, separati, ma collegati via video. Ciò avrebbe evitato il rischio di contagi, e consentito di controllare meglio il comportamento di Trump, che a Cleveland aveva continuamente interrotto il rivale. Il presidente però ha subito bocciato l'idea: «Non perderò il mio tempo con un dibattito virtuale. Meglio fare comizi». E l'agenda della campagna infatti dice che il 15 anziché a Miami il presidente farà un town hall. Biden ha colto al volo l'occasione, dichiarando che vista l'assenza di Trump, neanche lui parteciperà: se il presidente lo vorrà, si tornerà a discutere nel dibattito dei 22. Anche secondo i sondaggi dell'amica Rasmussen Donald è indietro di 12 punti, e quindi ha bisogno di occasioni per affrontare Joe e recuperare. Invece gli ha regalato la scusa per evitare la sfida che non voleva.

LA STAMPA - Gianni Riotta: "Quegli sbalzi di umore di Donald che spaventano l'America"

Immagine correlata
Gianni Riotta

“Liberate il Michigan!» invoca in aprile via twitter il presidente repubblicano Donald Trump, insofferente alle norme anti Covid-19 imposte dalla governatrice democratica Gretchen Whitmer allo stato che, per soli 10.704 voti, gli assicurò la Casa Bianca. E ieri l’Fbi incrimina in Michigan sei terroristi, accusandoli di voler sequestrare la Whitmer, occupare il Parlamento locale, far saltare la villa della governatrice, mentre altri sette miliziani vanno a processo per i reati di insurrezione, guerra civile, violenza. Fino a 200 guerriglieri erano mobilitati per il colpo di stato, prova generale il 14 maggio quando i çommandos Wolverine Watchmen, divisa paramilitare e armi da guerra, avevano assediato il Campidoglio del Michigan. Questa l'aria negli Stati Uniti, a 25 giorni dal voto • che oppone l'ex vicepresidente Joe Biden a Trump, e nulla lascia presagire che si vada a una distensione. Il dibattito di mercoledì sera tra il vicepresidente repubblicano Mike Pence e la candidata democratica, senatrice Kamala Harris, aveva ritrovato una qualche dignità istituzionale, Pence, pur interrompendola spesso, aveva complimentato la rivale, senza la sprezzante ira di Trump contro Biden. Ma subito, ancora malato di Covid-19, sottoposto a pesanti terapie di steroidi, isolato alla Casa Bianca, il presidente fa terra bruciata. Prima definisce in diretta «Quel mostro» la senatrice Harris, strappo alla cortesia politica che si stenta a ritrovare in passato, poi cancella il secondo faccia a faccia con Biden, perché lo si vuol condurre in remoto, infine investe i suoi collaboratori, con la foga riservata agli avversari. Trump da giorni, sui social media e nelle interviste condotte con l'ansimare tipico dei pazienti Covid, intima al ministro della Giustizia William Barr di incriminare l'ex presidente Obama, l'ex Segretario di Stato Clinton, lo stesso Biden, per presunti reati commessi contro di lui. Per il Guardasigilli è impossibile, pur nel caos, mandare a giudizio i leader dell'opposizione senza che si gridi al colpo di stato, e stavolta non con i brigantelli del Michigan ma con il governo al comando. E quindi il presidente investe il Segretario di Stato Mike Pompeo, fedelissimo mandato allo sbaraglio a Roma dove si è visto rifiutare l'udienza da Papa Francesco, per gli sgangherati attacchi su Cina e Chiesa. Vuole che Pompeo scopra fantomatiche e-mail della Clinton, in uno scandalo che non sa archiviare, e Barr, imbarazzato, nicchia. La campagna repubblicana, da quando il presidente si è ammalato, ha perso direzione e strategia. Trump annuncia di esser pronto a vincere in California e New York, dove è indietro di 31 e 28 punti, di voler tomare ai comizi, mentre i medici scrollano la testa, di aver suggerito da solo «la cura» anti Covid, bocciando e poi promuovendo lo stimolo fiscale contro la pandemia, con Wall Street in affanno, insomma la sua è ormai una comunicazione incoerente, secondo alcuni esperti riconducibile alle reazioni al farmaco Regeron che assume, capace di indurre nei pazienti cicli di euforia, umori estremi, depressione. È naturalmente impossibile, umiliante direi, ridurre l'analisi del voto Usa a bugiardino di farmacia, dunque non resta che affrontare i fatti quotidiani, per quanta assurdità da Hellzapoppin emanino. Il capo dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell, che deve trovare i voti per confermare la giudice alla Corte Suprema Coney Barrett, ammette di non andare alla Casa Bianca da mesi, per paura di contagiarsi, come è capitato a un ammiraglio che ha costretto quindi l'intero Stato Maggiore alla quarantena da marmittoni di leva. E Nancy Pelosi, Speaker democratica della Camera, annuncia, quasi per caso, di voler tenere presto un discorso sul XXV emendamento alla Costituzione, che permette di destituire il presidente, se incapace per infermità fisica o mentale di governare. I sondaggi tormentano Trump, la Pelosi gli fa perdere le staffe, i suoi ultimi alleati sono isolati o confusi, l'establishment del partito lo sostiene in pubblico - magari sperando in un colpo di scena finale, come qualche sondaggio controcorrente promette - , i democratici giocano di rimessa, l'intero paese trattiene il fiato, tra tentativi di putsch armati, bollettini medici amletici, dibattiti politici che nessuno più ascolta: perfino l'ultimo degli indecisi, in questo autunno di fuoco, ha già scelto.

Per inviare la propria opinione, telefonare:
La Stampa: 011/65681
La Repubblica: 06/49821
oppure cliccare sulle e-mail sottostanti

rubrica.lettere@repubblica.it
lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT