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Il Giornale - Nazione/Carlino/Giorno Rassegna Stampa
26.09.2020 Parigi, torna il terrorismo vicino a Charlie Hebdo 2
Commenti di Gian Micalessin, Giovanni Serafini intervista Alain Rodier, ex dirigente dei Servizi segreti francesi

Testata:Il Giornale - Nazione/Carlino/Giorno
Autore: Gian Micalessin - Giovanni Serafini
Titolo: «Leggi deboli e islamisti forti: l'Europa non frena la sharia - 'Basta sottomissione all'Islam, leggi più dure'»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 26/09/2020, a pag. 15 con il titolo "Leggi deboli e islamisti forti: l'Europa non frena la sharia" l'analisi di Gian Micalessin da NAZIONE/CARLINO/GIORNO, a pag. 9, con il titolo 'Basta sottomissione all'Islam, leggi più dure', l'intervista di Giovanni Serafini a Alain Rodier, ex dirigente dei Servizi segreti francesi.

Ecco gli articoli:

IL GIORNALE - Gian Micalessin: "Leggi deboli e islamisti forti: l'Europa non frena la sharia"

Immagine correlata
Gian Micalessin

Abbiamo tagliato qualche testa, ma a venti anni, o quasi, dall'11 settembre continuiamo a far i conti con un'Idra pronta ad azzannarci ogni qualvolta abbassiamo la guardia e ci illudiamo di averla sconfitta. L'attentato di ieri a Parigi, davanti alla ex-redazione dove nel 2015 si consumò la carneficina di Charlie Hebdo, lo dimostra. La sconfitta di Al Qaida in Afghanistan, l'eliminazione di Osama Bin Laden, la disfatta dello Stato Islamico e l'uccisione del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi ci hanno consegnato solo vittorie transitorie e parziali. Ma la vittoria finale non arriverà finché combatteremo da soli. La storia di un'Italia dove i terroristi delle Br vennero eliminati solo quando il Pci si decise a chiamarli assassini anziché «compagni che sbagliano» è, al riguardo, esemplare. II Pci di oggi, seppur assai più diviso e frammentato, è la grande comunità (Umma) dell'Islam sunnita. Sconfiggere Al Qaida e Isis sarà impossibile finché l'Umma sunnita non si deciderà a mutare forma e natura della dottrina religiosa rinunciando alle parti del Corano e della predicazione di Maometto che incitano alla violenza e alla jihad contro gli infedeli. Ultimamente vi sono buoni segnali. Soprattutto se agli accordi di Israele con Emirati Arabi e Bahrain si aggiungerà un'intesa di pace esplicita con l'Arabia Saudita. Allora anche l'integralismo wahabita, fonte d'ispirazione per tanti militanti dell'Isis e di Al Qaida, potrebbe venir riformato e controllato. Continueremo però a far i conti con una Fratellanza Musulmana instancabile nel ribadire la superiorità della «sharia» sulle leggi dello Stato. Una predicazione difficilmente estirpabile finché i Fratelli Musulmani godranno dell'appoggio politico e dei finanziamenti di Turchia e Qatar. E finché la Fratellanza Musulmana opererà indisturbata in Europa non potremo mai illuderci di arrivare alla piena integrazione delle comunità islamiche. Studi e ricerche dimostrano che in Italia, come in Francia, Germania e Inghilterra almeno un terzo di queste comunità considera le leggi dell'Islam superiori agli ordinamenti degli Stati in cui risiedono. Quel 30 per cento fisiologicamente «non integrabile» rappresenta l'humus in cui crescono i «lupi solitari». Se un Islam fuori controllo nelle sue versioni più estreme è la condizione di fondo per il perpetuarsi del terrorismo la Rete continua ad essere, invece, il media più consono alla diffusione del suo messaggio. Un messaggio che, grazie a Internet e ai social, transita inosservato sotto gli occhi del grande pubblico, ma raggiunge direttamente gli esecutori della violenza islamista. Dunque solo con il pieno controllo di internet bloccheremo l'otturatore che spinge all'azione gli aspiranti «lupi solitari». Poi c'è la situazione contingente. L'impotenza di tanti Paesi deriva da legislazioni inadeguate a garantire l'arresto e la detenzione prolungata dei militanti dell'Isis tornati in patria. Gran parte degli ordinamenti giuridici europei non riconoscono valore probatorio alle informazioni provenienti dai canali d'intelligence militare. Questo rende impossibile dimostrare i delitti e le atrocità commesse dai militanti di Al Qaida e dell'Isis sul campo di battaglia. E così i terroristi rientrati in Europa difficilmente vengono condannati a pene superiori ai cinque anni. Insomma tutti i terroristi sopravvissuti ai campi di battaglia sono pronti a tornare tra noi per addestrare una nuova generazione di propri simili pronta, stavolta, ad operare non in Afghanistan, Siria o Iraq, ma direttamente nelle nostre città.

NAZIONE/CARLINO/GIORNO: Giovanni Serafini: 'Basta sottomissione all'Islam, leggi più dure'

Attentato a Parigi.
Alain Rodier, ex dirigente dei Servizi segreti francesi

II suo ultimo libro, L'Islam radicale in Francia, evoca lo spettro della 'sottomissione', di una società presa in ostaggio e obbligata a capitolare. «Bisogna cambiare le regole. Rendere più severe le sanzioni, certo. Ma anche avviare un dibattito di fondo sulla dottrina islamica e i motivi della sua espansione nei territori perduti della Repubblica. Bisogna smontare pezzo per pezzo la mitologia dell'Islam e far conoscere alle popolazioni musulmane altre religioni, altre spiritualità, di cui non hanno la minima idea».
Alain Rodier, ex dirigente dei Servizi segreti francesi, direttore del Centro CF2R che si occupa di terrorismo islamico e criminalità organizzata, è convinto che sia venuto il momento di cambiare le regole. Un attentato all'arma bianca davanti alla ex sede di Charlie Hébdo. Si ricomincia? «Difficile dirlo. Non sembra un lavoro da professionisti se si fa un confronto con l'attentato di 5 anni fa. Quello fu un attacco preparato all'estero, i killer si servirono di armi potenti e contro obiettivi. L'attentato di oggi (ieri per chi legge, ndr) sembra opera di dilettanti».
Due terroristi improvvisati? «Improvvisati no, visto che hanno agito proprio nel momento in cui si celebra il processo contro gli assassini di Charlie Hébdo».
Allora diciamo maldestri: non sapevano nemmeno che il giornale ha cambiato sede. «Guardi che il nuovo indirizzo di Charlie Hébdo è top secret. I redattori vivono come in un bunker, protetti dalla polizia, quasi senza contatti con il mondo esterno. Ma un attacco in questo momento era nell'aria, visto che giravano da tempo appelli di Al Qaida contro la Francia in occasione del processo. È chiaro che abbiamo a che fare con fanatici influenzati dalla campagna di odio lanciata da Ayman Al-Zawahiri».
Oggi in qualsiasi luogo e momento nella civilissima Parigi rischiamo di uscir di casa e prenderci una coltellata... «Purtroppo è cosi. Non può essere diversamente quando si consente che le campagne d'odio irrompano liberamente nei social. Quanti potenziali terroristi sono pronti a raccogliere gli appelli sanguinari? Migliaia e migliaia, probabilmente».
Marine Le Pen ha detto che se ci fosse una politica meno compiacente nei confronti degli immigrati avremmo meno crimini. «Lascio a Marine queste considerazioni. Trovo che le personalità politiche hanno dato prova d'incompetenza nell'affrontare il dossier Islam. Dobbiamo difenderci, è ovvio. Occorre più severità. Non si può accettare, com'è accaduto pochi giorni fa, che la presidente di un sindacato studentesco, l'Unef, entri in Assemblea nazionale indossando la hijab. Non è tollerabile che nelle banlieues gli islamisti dettino legge, che nelle moschee si predichi in arabo per inveire contro la Repubblica, che in nome dell"islamicamente corretto' venga messa al bando ogni critica nei confronti dell'Islam».
E allora? Che fare? «Non basta punire. Bisogna impedire ad ogni costo il proselitismo. Fare opera di pedagogia. Creare corsi di contro-informazione religiosa e spirituale. Colpire senza pietà i violenti, smantellare gli ecosistemi islamici ma soprattutto educare gli altri, la grande massa che può essere ancora recuperabile».

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