Abdel Shaari, è morto il complice imam milanese Commento di Alberto Giannoni
Testata: Il Giornale Data: 20 settembre 2020 Pagina: 1 Autore: Alberto Giannoni Titolo: «Shaari, l'architetto dell'islam»
Riprendiamo dal GIORNALE - Milano di oggi, 20/09/2020, a pag.1, con il titolo 'Shaari, l'architetto dell'islam', il commento di Alberto Giannoni.
Alberto Giannoni
Abdel Shaari
Un imam-politico capace di sedere ai tavoli istituzionali ma anche di affiancarsi a personaggi inquietanti. «Personaggio enigmatico, laico eppure per 25 anni è stato la faccia di una delle moschee più radicali d'Europa» osserva lo studioso milanese Lorenzo Vidino. Ci sono tutte le stimmate e tutti i limiti dell'islam politico italiano nella controversa figura di Abdel Shaari, morto quattro giorni fa all'età di 75 anni. Nato a Derna, in Libia nel 1945 e giunto a Milano nel 1967 per studiare architettura al Politecnico, Shaari aveva ottenuto la cittadinanza italiana ed era stato direttore della Camera di commercio Italo-araba e della Camera di commercio del Golfo. Nel 1997 era diventato presidente dell'Istituto di cultura islamico di viale Jenner, fondato nove anni prima e ospitato in una sorta di capannone-garage a Milano, dalle parti di Dergano. Shaari era arrivato dopo anni a dir poco burrascosi per il centro milanese, pesantemente attraversato da movimenti legati al nascente islamismo. Nei primi anni Novanta l'area balcanica era incendiata dalle guerre etnico-religiose e l'allora imam, l'ingegnere egiziano Anwar Shabaan era partito per i Balcani come guida spirituale del battaglione dei mujaheddin stranieri impegnati in Bosnia: un po' arruolamento, un po' missione umanitaria. Ma, per gli esperti, il «network» di Milano aveva prodotto anche quello che deve essere ricordato come il primo attentato suicida di matrice jihadista in Europa, nel 1995 a Fiume/Rijeka. E per simili collegamenti, il dipartimento del Tesoro Usa a suo tempo aveva definito il centro «la principale base di Al Qaeda in Europa». Abdel Shaari era altra cosa: era un politico, e del politico aveva l'abilità e la vocazione. Eppure non seppe o non volle mai vedere oltre certi retaggi, pro generazione di musulmani immigrati in Italia, quella che ha sempre tirato i fili anche all'Ucoii. «Sempre in piedi pur nella tempesta», così in un articolo per «La Luce» lo ricorda Hamza Piccardo, già sostenitore della poligamia in Italia. Piccardo spiega che «in tutti quegli anni Shaari, rimase al suo posto, cercando di ripristinare l'onorabilità di quell'associazione e mantenerla nella legalità nonostante tutto». In quel momento, in effetti, come ammette Piccardo le inchieste imbarazzavano il centro, «fino alla condanna dell'imam Abu Imad a 3 anni e 8 mesi di reclusione per "associazione per delinquere aggravata dalla finalità di terrorismo». Piccardo minimizza («niente di davvero concreto era emerso contro di lui») ma l'imam condannato venne espulso dall'Italia, ed era lo stesso che aveva guidato la preghiera-manifestazione «pro Palestina» - in realtà anti-Israele - che il 3 gennaio 2009 aveva invaso il sagrato del Duomo. Le acque poi si placarono, anche se nella fase dei «foreign fighters» si è tornati a parlare di strane presenze in viale Jenner e - in un caso - di una denuncia con la cacciata di un aspirante combattente. Shaari nel frattempo si era impegnato nella vertenza per una vera moschea e aveva portato i fedeli in strada, ottenendo solo una sistemazione provvisoria (tale per 10 anni) al Palasharp. Nel 2010 annunciò perfino una lista alle Comunali, poi arrivò il bando per la moschea ma fallì, e con esso il «sogno» di un «Duomo musulmano», che Shaari conservò fino al momento della malattia e dell'addio.
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