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Il Manifesto - Il Quotidiano del Sud Rassegna Stampa
17.09.2020 Pace a Washington: la parabola di Alberto Negri
Che disinforma con il solito Michele Giorgio, diventati guerrafondai

Testata:Il Manifesto - Il Quotidiano del Sud
Autore: Michele Giorgio - Alberto Negri
Titolo: «Palestinesi increduli, la leadership a un bivio - La Nato araba di Trump sulla pelle dei palestinesi»
Riprendiamo dal MANIFESTO, oggi 17/09/2020, a pag. 8, con il titolo "Palestinesi increduli, la leadership a un bivio", il commento di Michele Giorgio; dal QUOTIDIANO del SUD, a pag. 14, l'articolo "La Nato araba di Trump sulla pelle dei palestinesi" di Alberto Negri.

I pezzi di Giorgio e Negri sono come al solito contro Israele, Emirati e Bahrein, accusati di aver "dimenticato" i palestinesi. Il Manifesto titola addirittura con la parola "circo" un altro articolo, che non riprendiamo, riferito alla pace di Washington al solo scopo di svalutarla.

Finito sul Quotidiano del Sud invece Alberto Negri dopo essere passato da Sole24Ore e Manifesto. Non a caso questa testata è guidata da Roberto Napolitano, ex direttore del Sole. Analogo al percorso di Negri sarà forse quello di Bernardo Valli, che ieri ha annunciato di lasciare Repubblica perché il giornale, da quando è direttore Molinari, sarebbe troppo vicino a Israele. Ecco a destra il titolo che riporta le parole di Valli. E' questa la strada tipica dei vari Negri, Valli, Lerner eccetera.

Ecco gli articoli:

Risultati immagini per Due pesi e due misure

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Palestinesi increduli, la leadership a un bivio"

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Michele Giorgio

Si respirano atmosfere diverse a cavallo delle linee tra Israele e la Cisgiordania occupata. Titoli e commenti nei quotidiani israeliani celebravano ieri la firma alla Casa Bianca degli Accordi con Emirati e Bahrain. Esperti e analisti spiegano le opportunità che gli accordi aprono allo Stato ebraico nel nuovo ordine mediorientale. Qualcuno ha provato a sollevare dubbi sulle intese con le monarchie arabe che chiudono in un cassetto la rivendicazione dei palestinesi di vivere come un popolo libero dopo decenni passati sotto occupazione militare. Ma la tensione con Gaza risalita martedì sera dopo il lancio di razzi palestinesi verso Ashdod seguito da pesanti bombardamenti aerei israeliani sulla Striscia - mentre negli Usa si firmava l'Accordo di Abramo - ha offerto il motivo per accusare i «terroristi» di «minacciare il progresso della pace». «Hanno sparato contro Israele durante una cerimonia storica. Vogliono far retrocedere la pace, ma non ci riusciranno», ha avvertito il premier Netanyahu.

A RAMALLAH il clima è pesante. Nell'ufficio del presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen ieri ha regnato per ore un silenzio carico di tensione. «Il problema principale è la sofferenza del popolo palestinese. Nessuna pace sarà possibile se non si metterà fine all'occupazione israeliana», ha ribadito martedì il leader dell'Anp mentre nelle strade di Ramallah e di altri centri centinaia di persone protestavano contro la «pugnalata alle spalle» inferta da Emirati e Bahrain. «La fiducia nei paesi arabi era crollata da tempo ma la normalizzazione (con Israele) senza attendere la fine dell'occupazione e l'indipendenza palestinese è ugualmente un duro colpo da assorbire - spiega al manifesto Fadi Aruri, giornalista e noto attivista della sinistra palestinese - Credevamo di aver compattato la Lega araba dietro al rifiuto dell'annessione della Cisgiordania (a Israele) e non ci aspettavamo che gli Emirati, in questa fase tanto delicata, potessero decidere di avviare rapporti con l'occupante israeliano». Riemergere da questa nuova crisi non sarà facile, avverte Aruri, «mentre il campo politico palestinese resta spaccato tra Fatah (di Abu Mazen) e (il movimento islamico) Hamas che controlla Gaza».

ED È UNA IPOTESI CONCRETA, aggiunge, che i ricchi Emirati, in risposta alle contestazioni palestinesi, decidano di interrompere il flusso di donazioni all'Anp già con le casse vuote perla crisi economica dovuta al Covid-19 e alla rottura quasi completa dei rapporti con Israele. Decine di migliaia di dipendenti pubblici da mesi ricevono solo metà dello stipendio. «Una situazione del genere - prevede il giornalista - rischia di pregiudicare una risposta efficace dell'Anp alla crisi dei rapporti con i paesi arabi, ammesso che ne abbia in cantiere». Sentimenti di rabbia, frustrazione e rassegnazione attraversano la popolazione palestinese. Critiche e condanne non risparmiano nessuno. A cominciare dal presidente Abu Mazen, accusato di aver scelto nel 1993, con i leader dell'epoca, di andare alla normalizzazione con Israele senza avere nulla di concreto in mano. Un sondaggio pubblicato dal Centro palestinese per Ricerca politica rivela che se le presidenziali si tenessero oggi in Cisgiordania e Gaza le vincerebbe il leader di Hamas Ismail Haniyeh con il 52%. Il 61% degli intervistati vuole che Abu Mazen si dimetta. I162% attribuisce al fallimento della diplomazia palestinese la virata di Emirati e Bahrain verso Israele. Immutato il carisma di Marwan Barghouti, alto dirigente di Fatah incarcerato da 18 anni in Israele e considerato il «Nelson Mandela» della Palestina. Se fosse lui e non Abu Mazen a sfidare Haniyeh riceverebbe 55% dei voti.

IL DATO PIU’ SIGNIFlCATIVO del sondaggio però è questo: Il 24% dei palestinesi si dichiara pronto a emigrare. «Non ne sono sorpreso - afferma Aruri - Gli occupanti e i loro alleati ci stanno rendendo la vita impossibile, è una strategia precisa. Convincere i palestinesi a non abbandonare la loro terra sarà uno dei compiti più ardui per i leader politici vecchi e nuovi».

IL QUOTIDIANO del SUD - Alberto Negri: "La Nato araba di Trump sulla pelle dei palestinesi"

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Alberto Negri

Qual è il significato geopolitico degli accordi tra Israele e gli arabi? Trump si sta disimpegnando dal Medio Oriente mettendo insieme una sorta di "Nato araba" a trazione ebraica in funzione anti-iraniana e forse anti-turca. Ai palestinesi non viene dato nulla in cambio da Israele, neppure un pollice di terra occupata. Questi non sono accordi di pace come viene strombazzato, tanto è vero che né gli Emirati né il Barhain sono mai stati in guerra con Israele: si tratta della definizione di nuovi assetti geopolitici che consentiranno di vendere armi ai Paesi del Golfo senza più limiti dovuti al boicottaggio anti-israeliano.

VOTO CASA BIANCA Incide la campagna per le presidenziali: Trump ha bisogno di successi, tanto è vero che dopo 19 anni di guerra ha avviato negoziati anche con i Talebani, e dà anche una mano a Netanyahu in crisi nera all'interno. Ma sui nostri giornali e in tv, al contrario di quelli americani e persino israeliani, bisogna scrivere e dire che inizia una nuova "era di pace" perché 1) nulla sanno di Medio Oriente 2) sono asserviti alla lobby americana e di Alberto Negri israeliana che influenza i mezzi di informazione. Alla Casa Bianca Trump, i ministri degli Emirati, del Bahrain e il premier israeliano Netanyahu hanno celebrato martedì il nuovo "ground zero" della pax americana. Come gli Emirati anche il Bahrain ha scelto di seppellire il piano saudita Abdallah del 2002, un testo di riferimento della diplomazia araba che condizionava la normalizzazione dei rapporti con Israele alla creazione di uno stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale. La dichiarazione comune, che parla di "un passo storico per far avanzare la pace in Medio Oriente", non include neppure un riferimento al progetto israeliano d'annessione della Cisgiordania, per cui gli Emirati avevano chiesto la sospensione (non la cancellazione) in cambio del riconoscimento dello stato ebraico. Siamo a un compromesso sempre più al ribasso, altro che accordo di pace. In poche parole Israele ottiene il riconoscimento dei monarchi del Golfo e il via libera a ogni mossa anti-palestinese in cambio di zero concessioni. Lo sottolinea anche l'International Crisis Group think tank di Bruxelles guidato da Robert Malley, figlio di rifugiati ebrei, assistente di Clinton e Obama per il Medio Oriente, considerato uno dei maggiori esperti americani della questione israelo-palestinese.

TERRE PERDUTE Non è vero che i palestinesi non perdono nulla dagli accordi di Washington. Sono passati 27 anni dalla stretta di mano alla Casa Bianca del 13 settembre 1993 tra Rabin e Arafat che sanciva la firma degli accordi di pace di Oslo e in questi decenni i palestinesi hanno ottenuto dei riconoscimenti almeno sulla carta, sono stati accolti in tante agenzie e organizzazioni internazionali e all'Onu ufficialmente esiste lo Stato di Palestina, tanto è vero che a Roma e in molte capitali c'è un'ambasciata palestinese. Oppure ce lo siamo già dimenticato? Ma ancora oggi i palestinesi restano prigionieri nella loro terra, chiusi in città e villaggi che ricordano i Bantustan, senza alcun prospettiva realistica di ottenere sovranità. Cosiddetti "esperti" si affannano a spiegare su media che i palestinesi "stanno perdendo un altro treno". In realtà i palestinesi il treno lo hanno perso da un bel pezzo. A loro è stato sempre offerto, da Oslo in poi, lo stesso o poco più di quanto Trump propone nel suo piano: uno staterello-fantoccio sotto il controllo di Israele in qualche porzione di Cisgiordania. Con Gaza isolata, prigione per gli islamisti di Hamas e i suoi 2 milioni di abitanti.

TRUMP INDIFFERENTE Ma a Trump di tutto questo non importa un fico secco: deve rivincere la corsa presidenziale, dare una mano a se stesso in primo luogo poi anche all'amico Netanyahu, contestato in patria, precipitato in un nuovo lockdown e sull'orlo di un'ennesima crisi di governo. La Casa Bianca ha persino arruolato i Talebani afghani per avviare un acrobatico negoziato di pace a Doha nel Qatar, figuriamoci se non è disposta a calpestare i diritti dei palestinesi e ogni risoluzione delle Nazioni Unite. Che poi questo gran parlare di pace avvenga nel Golfo del petrolio e delle armi, di fronte all'Iran, avversario di Israele e delle monarchie assolute, non é certo un caso. Sono loro, i petrodollari, che devono sostenere il finanziamento di tutta questa "pace" che nasconde un nuovo sistema di sicurezza e di alleanze internazionali, che prima viaggiavano sotto traccia e nelle segrete stanze e ora si dispiegano alla luce del sole. E' la "Nato araba" a trazione israeliana che tiene dentro monarchi e dittatori come Al Sisi.

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