Hong Kong: addio alla libertà, arrestato l'editore-simbolo.Le democrazie tacciono Commento di Manila Alfano
Testata: Il Giornale Data: 11 agosto 2020 Pagina: 13 Autore: Manila Alfano Titolo: «Scure cinese su Hong Kong. Arrestato il re degli editori: 'Addio libertà di stampa'»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 11/08/2020, a pag. 13 con il titolo "Scure cinese su Hong Kong. Arrestato il re degli editori: 'Addio libertà di stampa' " l'analisi di Manila Alfano.
Il silenzio delle democrazie occidentali è indecente. Lo stesso silenzio che circonda il destino del Venezuela
Jimmy Lai
Jimmy Lai era nel mirino della polizia da tempo. Accusato di aver ispirato le grandi manifestazioni del 2019 era già stato imputato per assembramento illegale e intimidazione di un reporter governativo. Lo avevano fermato a febbraio ma era riuscito a scamparla grazie al sistema garantista modellato sul common law britannico di Hong Kong. Questione di tempo e comunque lo avrebbero catturato. Lo sapeva bene anche lui, questo miliardario 72enne dalla parte della democrazia, passato dalla moda alla stampa. Lui che era rimasto sconvolto da Piazza Tienanmen, nel 1989. Allora si era deciso a scendere in campo, a dedicarsi alla pubblicazione di giornali indipendenti. «Collusione con potenze ed elementi stranieri» è l'accusa che ieri lo ha portato in cella e può diventare carcere a vita. L'accusa è basata anche sui viaggi americani dell'editore, che l'anno scorso ha incontrato il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence e il segretario di Stato Mike Pompeo a Washington che si è detto «profondamente preoccupato dell'arresto, un'ulteriore prova che il Partito Comunista cinese ha sventrato le libertà e i diritti del suo popolo». Ma dagli scontri di febbraio a oggi tutto a Hong Kong è cambiato: il 1° luglio è infatti passata la nuova legge sulla sicurezza nazionale cinese; 66 articoli divisi in sei capitoli con un unico scopo: normalizzare Hong Kong, sottoporla alla stessa legge sulla sicurezza nazionale cinese che impedisce ai cittadini della Repubblica popolare di manifestare dissenso dall'operato del Partito-Stato.
Lai è il primo arresto importante dopo l'approvazione della legge ma non l'unico. Ieri mattina dopo aver fatto irruzione a casa del magnate e aver arrestato anche due dei suoi figli, oltre un centinaio di poliziotti è entrato nella sede di Next Digital, la società di proprietà di Lai che edita il tabloid Apple Daily, da sempre molto esplicito nel supportare le proteste e criticare l'establishment pro-Pechino e la Cina. Gli agenti hanno iniziato a perquisire gli uffici dell'azienda e del quotidiano, immagini filmate dai giornalisti e trasmesse in diretta Facebook. Anche l'attivista pro-democrazia Agnes Chow, che con Joshua Wong fondò il partito sciolto a fine giugno Demosisto, è stata arrestata dalla polizia di Hong Kong per sospetto di violazione della legge sulla sicurezza nazionale. «Un giorno orribile, è la fine della libertà di stampa», ha detto Wong. A fine giornata, il bilancio parla di dieci persone arrestate. Sono «agitatori in collusione con forze straniere», e Jimmy Lai ne è «una figura rappresentativa», che ha «usato i suoi media per creare e diffondere voci, incitare e sostenere la violenza, e contribuire al caos anti-cinese a Hong Kong e alle forze pro-indipendenza», ha commentato Pechino. L'Unione Europea ha chiesto il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella città, mentre Londra ha attaccato la nuova legge come «un pretesto per zittire l'opposizione» dell'ex colonia. Hong Kong, però, è sempre più terreno di scontro tra Cina e Stati Uniti, che venerdì scorso hanno sanzionato undici funzionari cinesi perla repressione delle libertà: Pechino ha risposto annunciando sanzioni per altrettanti cittadini statunitensi, tra cui i senatori Repubblicani Marco Rubio e Ted Cruz.
Per inviare al Giornale la propria opinione, telefonare: 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante