Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/07/2020, a pag.14 con il titolo "Le dimissioni dei reporter per non cedere a Orbàn" il commento di Paolo Valentino.
«Democracy dies in darkness», la democrazia muore nelle tenebre, è il motto scelto tre anni fa dal Washington Post. Ed è esattamente quello che sta succedendo in Ungheria. L'ultima voce dell'informazione libera e non controllata dal governo si sta spegnendo. Oltre 70 giornalisti del quotidiano online Index.hu, il sito di notizie più letto del Paese, si sono dimessi in seguito al licenziamento del direttore Szabolcs Dull, deciso dal gruppo che controlla il giornale e che è molto vicino al premier Viktor Orbán. In un comunicato diffuso nel fine settimana, tre vicedirettori, anche loro dimissionari, hanno denunciato una «chiara ingerenza» politica da parte del Fidesz, il partito di Orbán, spiegando che la cacciata di Dull minaccia l'indipendenza professionale e lo stesso futuro della testata. Migliaia di persone sono scese in strada venerdì sera a Budapest, radunandosi davanti al Palazzo della presidenza, per protestare contro quello che viene considerato ratto finale dell'assalto alla libera espressione da parte del tribuno magiaro. È da anni che Index.hu è nel mirino del regime autoritario di Orbán, a causa delle sue inchieste e dell'atteggiamento fuori dal coro, in un paesaggio mediatico ormai sotto il pieno dominio di Fidesz. Più volte il premier lo ha definito una «fabbrica di fake news».
Victor Orban
L'autonomia del giornale era fin qui stata assicurata da una fondazione, dove sono rappresentati in modo paritetico proprietà e giornalisti. Ma la svolta decisiva è avvenuta pochi mesi fa, quando Miklos Vaszily, imprenditore vicino a Orbán, ha acquistato la maggioranza del gruppo che controlla pubblicità e introiti del sito. Già proprietario di una televisione privata, Vaszily è considerato una longa manus del premier nel mondo dell'informazione. La conseguenza è stata un aumento delle pressioni per imporre una linea favorevole al governo, che il direttore ha denunciato apertamente nelle scorse settimane, facendo anche cambiare il «barometro della libertà», pubblicato ogni giorno sulla home page, da «indipendente» a «in pericolo». È stato questo il detonatore del licenziamento di Dull. Di fronte al rifiuto di ritirarlo del presidente del board Lazslo Bodolai, chiesto dall'intera redazione, sono scattate le dimissioni di massa. Se Index.hu dovesse essere chiuso, non rimarrebbe più in Ungheria nessuna testata giornalistica, radio o tv non controllata da Orbán e dai suoi scherani. La beffa per il popolo ungherese e per l'Europa democratica, è che ciò avvenga a pochi giorni dal Consiglio europeo di Bruxelles, da dove il premier è tornato trionfante annunciando di aver ottenuto la promessa di un ritiro delle procedure di infrazione per violazione dei diritti fondamentali, aperti dalla Commissione e dall'Europarlamento ai sensi dell'articolo 7 dei Trattati. Probabilmente non è andata così, ma è certo invece che Orbán al vertice abbia incassato una formulazione vaga e ambigua sul vincolo tra stanziamento dei fondi comunitari e rispetto dello Stato di diritto. Nella fretta di portare a casa il Recovery Act, l'Europa ha voltato lo sguardo da un'altra parte.
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