Marx, Engels e il razzismo, 3a puntata Commento di Spartaco Pupo
Testata: Il Giornale Data: 27 giugno 2020 Pagina: 31 Autore: Spartaco Pupo Titolo: «La difesa della 'razza' di Friedrich Engels: 'Fattore economico'»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 27/06/2020, a pag.31, con il titolo "La difesa della 'razza' di Friedrich Engels: 'Fattore economico' " il commento di Spartaco Pupo (terza e ultima parte).
La lettera di Engels, custodita presso la British Library di Londra, venne "scoperta" solo nel 1996, in occasione della celebrazione della vittoria ad Adua dell'esercito etiope (1896), e venne accolta - secondo la testimonianza dello stesso Jaffe - come «una piccola nuvola nel cielo immenso della celebrazione». Il documento storico, che di fatto attesta l'accettazione da parte di Engels del colonialismo italiano, è stranamente sfuggito alla storiografia ufficiale, pure attentissima in questi anni alla letteratura dei postcolonial studies, che, per usare un verbo caro a Walter Benjamin, «disseppelliscono» il fenomeno del colonialismo elevandolo a padre di tutti noi, discendenti della borghesia moderna e spietati dominatori dell'«Altro non-occidentale», del «subalterno», del «perdente della storia», del «barbaro», dello «schiavo», ecc. Un'attenzione, evidentemente, a fasi e contesti alterni, a seconda degli interessi di parte più che di scienza. La «razza», che era patrimonio «comune», è il caso di dire, nel pensiero e nella pratica occidentale, era allora intrinseca a quel sistema capitalistico-coloniale che Engels accettava come «necessità storica».
Friedrich Engels
Lo testimonia la lettera del gennaio 1894 a Walther Borgius, il quale, dopo una discussione con Werner Sombart, aveva chiesto a Engels di esprimersi sui condizionamenti dell'ambiente e della «razza» nei confronti dell'individuo. «Noi - rispose Engels - consideriamo le condizioni economiche come l'elemento determinante, in ultima istanza, dell'evoluzione storica. Ma la razza è essa stessa un fattore economico» (Lettere di Engels sul materialismo storico 1889/95). Dinanzi a un quadro così esaustivo, non bastano le ingenue acrobazie intellettuali dei marxisti contemporanei, più radical - che chic, comunque bianchi, impegnati o a silenziare, inquisire e condannare ogni pur timido tentativo di revisionismo storico, o ad assolvere Marx ed Engels, dall'altare della loro ferrea ortodossia, invitandoci a comprendere la natura «dialettica» delle loro posizioni e tentando di farci credere che gli ideatori del comunismo non intendevano veramente «significare» ciò che pure affermavano. Quanto accade in questi giorni nel mondo, al netto di una sempre più palese ignoranza della storia, dovrebbe indurci a superare definitivamente i metodi manipolatori e censori, per iniziare a valutare l'ipotesi, tutt'altro che peregrina, secondo cui l'internazionalismo di Marx ed Engels altro non è che un atteggiamento europeista e germanico, oltre l'ordinario giudizio politico e definibile, a tutti gli effetti, razzista. Un'attitudine in linea con il sentimento comune in tutta Europa, fino a buona parte del Novecento, per cui esistevano dei popoli in grado di civilizzarne degli altri sulla base di una presunta superiorità.
Per inviare al Giornale la propria opinione, telefonare: 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante