Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/06/2020, a pag.17, con il titolo 'Ma Donald non taglierà mai la sicurezza. I generali ostili? Ci sarà una resa dei conti' l'intervista di Giuseppe Sarcina.
'Gli Usa di Donald Trump sotto attacco come l'Italia al tempo delle Br'. lucida definizione di Jeffrey Gordon
Giuseppe Sarcina
Jeffrey Gordon
«Gli Stati Uniti sono sotto attacco dall’interno. Qualcosa di simile a quello che avete sperimentato voi in Italia con le Brigate rosse». L’ufficio di Jeffrey Gordon, 52 anni, è al numero 1701 in Pennsylvania Avenue, pochi numeri più in là del 1600 occupato dalla Casa Bianca. Una prossimità non casuale. «Sono rimasto in contatto costante con l’amministrazione, sebbene questa volta non farò parte della campagna elettorale». Gordon, invece, era nella squadra del 2016, come responsabile dei dossier sulla sicurezza nazionale, sotto la supervisione di Jeff Sessions. È arrivato a Trump dopo 20 di carriera nelle forze armate. «Sono stato anche nella base della Marina militare a Napoli, che bella città». È stato portavoce del Pentagono dal 2005 al 2009, prima alle dipendenze del Segretario Donald Rumsfeld e poi brevemente con Robert Gates. Nel 2016 è stato sfiorato, senza conseguenze penali, dall’inchiesta sul Russiagate per i suoi contatti con l’ambasciatore russo a Washington, Sergey Kysliak e con Maria Butina, arrestata nel 2018 perché non si era registrata nell’elenco dei lobbisti stranieri. A Washington viene considerato uno dei pochi veramente a conoscenza di ciò che accade nel governo.
Ci sono ancora tensioni tra Trump e il Segretario alla Difesa Mark Esper, contrario a mobilitare l’esercito per arginare le manifestazioni. Come andrà a finire? «A questo punto è possibile che gli alti gradi del Pentagono, come il Segretario Esper possano essere licenziati o possano dimettersi. Il team originario della campagna elettorale di Trump è stato tenuto fuori dalle posizioni di responsabilità, fin da quando iniziò il mandato di questa amministrazione. Così al Pentagono comandano persone che non appoggiano Trump o che non credono nella dottrina “America First”».
Ma non era esagerato pensare di usare l’esercito? «L’America sta subendo un prolungato attacco dall’interno. È una versione un po’ più leggera di quello che è accaduto in Italia con le Brigate rosse. Il presidente Trump è stato eletto per proteggere il Paese da questo tipo di minacce».
Sta parlando delle manifestazioni per l’uccisione di George Floyd? «Penso che il presidente Trump abbia chiarito bene la posizione sulle proteste violente che hanno spazzato il Paese. Da una parte è comprensibile l’indignazione per la morte senza senso di George Floyd. Ma questo non giustifica i saccheggi di massa, i disordini e gli incendi che abbiamo visto nelle città».
Black Lives Matter, l’organizzazione guida del Movimento, è responsabile per questi incidenti? «Questa organizzazione è in realtà una rete senza una catena di comando e senza leader identificabili. Quindi toccherà ai legali del governo e alle Procure decidere, volta per volta, se l’organizzazione in quanto tale è responsabile per i disordini».
Non c’è un problema con la polizia? Non sono necessarie riforme? «Il presidente Trump è disponibile per avviare un negoziato e l’amministrazione è aperta a raccogliere proposte. Tuttavia il presidente non arriverà mai a togliere i fondi alla polizia come suggeriscono molti democratici. Non è un’opzione realistica. La mancanza di una forza efficace di tutori della legge è la strada che porta alla formazione di organizzazioni criminali come la mafia».
Ci sono molte congetture su chi conta di più nel circolo ristretto di Trump. Chi sono i consiglieri più influenti? «Sono tre. Jared Kushner (il genero-consigliere, ndr); il Segretario di Stato, Mike Pompeo e il consigliere per la Sicurezza nazionale, Robert O’Brien».
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