Guerra per le strade a Digione: oggi in Francia, domani in Italia? Cronaca di Stefano Montefiori
Testata: Corriere della Sera Data: 17 giugno 2020 Pagina: 15 Autore: Stefano Montefiori Titolo: «Kalashnikov, incendi e guerriglia. Le gang seminano terrore a Digione»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/06/2020, a pag.15, con il titolo "Kalashnikov, incendi e guerriglia. Le gang seminano terrore a Digione", la cronaca di Stefano Montefiori.
La violenza urbana che ha sconvolto Digione dovrebbe essere un monito anche per l'Italia, che se non prenderà le misure necessarie verrà investita dalla medesima ondata che ha colpito la città francese. Il Presidente francese Macron, giustamente, non ha esitato a inviare le teste di cuoio per sedare i disordini. Se a farlo fosse stato invece Trump le critiche sarebbero immediatamente piovute, evidenziando il doppio standard di giudizio di molti media...
Ecco l'articolo:
Stefano Montefiori
Guerra tra ceceni e nordafricani per le strade di Digione
Per legge, in Francia, le comunità etniche non esistono. Non possono neanche essere oggetto di studio e statistiche, è vietato per esempio indagare se i francesi di origine africana siano disoccupati o incarcerati più degli altri perché in teoria «esistono francesi e basta». Nei giorni in cui questo universalismo di principio vacilla sotto le proteste Black Lives Matter, ecco un altro richiamo alla realtà: a Digione, la città di provincia che l’immaginario associa al vino di Borgogna e alla mostarda, gli abitanti sono terrorizzati dal regolamento di conti tra concittadini che si autodefiniscono «i ceceni» contro «gli arabi». Uomini vestiti di nero con giubbotti antiproiettile mostrano fieri i loro kalashnikov e sparano in aria, distruggono le videocamere di sorveglianza, danno fuoco alle auto, bruciano la spazzatura in mezzo alla strada e gridano minacce davanti ai telefonini, diventando protagonisti immediati dei social media. Sono «gli arabi» o «i maghrebini» del quartiere Grésilles, alla periferia di Digione, che sfidano «i ceceni»: «Venite, venite se avete il coraggio, vi aspettiamo per finire il lavoro di Putin, viva la Russia, Allah Akhbar». I disordini sono cominciati venerdì scorso, quando «un 16enne» (in realtà 19enne, si scoprirà poi) della comunità cecena è stato picchiato da un gruppo di arabi. Sullo sfondo, la rivalità per il controllo del territorio e il traffico di stupefacenti. I ceceni hanno reagito con la prima di quattro spedizioni punitive: la sera stessa si sono diretti verso il Black Pearl, il «bar à chicha» dove gli arabi fumano il narghilé, in boulevard de la Trémouille, pieno centro di Digione, da dove erano partiti gli aggressori del ragazzo. Decine di ceceni che impugnavano sbarre di ferro, mazze da baseball o da golf e coltelli hanno marciato con calma lungo il boulevard, senza curarsi della polizia, sotto gli sguardi increduli degli altri digionesi alle finestre, per andare a sfasciare la vetrina del locale urlando — anche loro — «Allah Akhbar!». Due camionette della polizia sono arrivate, in ritardo, e hanno comunque preferito non intervenire. Sabato e domenica gli incidenti sono continuati. I ceceni hanno chiamato a raccolta i «fratelli» di tutta la Francia per accorrere a Digione e vendicare il pestaggio. I rinforzi sono arrivati anche dal Belgio, nel week end gli uomini della comunità cecena per strada erano almeno 150. Chi non ha potuto andare a Digione ha tenuto a mostrare comunque solidarietà: a Nizza, nel quartiere dei Liserons, sono scoppiati scontri tra ceceni e maghrebini con colpi di arma da fuoco e sei feriti. Le dimostrazioni di forza delle due bande avrebbero potuto produrre una tragedia gravissima domenica, quando sempre nel quartiere Grésilles di Digione i ceceni occupavano ancora le strade agitando minacciosi le sbarre di ferro. Su di loro è piombata a tutta velocità un’auto che sembrava destinata a colpire nel mucchio, poi all’ultimo momento ha cambiato direzione ribaltandosi. La folla si è avventata sui due maghrebini che occupavano la macchina. Il conducente, già rimasto ferito nell’incidente, è ricoverato in gravi condizioni. Il passeggero è stato trascinato fuori dall’auto e pestato. «Il quartiere è impazzito, non ho mai visto una cosa simile — dice al telefono Françoise Michel, che abita da anni alle Grésilles —. Restiamo chiusi in casa e speriamo che la polizia alla fine faccia qualcosa». I feriti sono una decina. Nel fine settimana, a Parigi, il tribuno populista Jean-Luc Mélenchon chiedeva di disarmare la polizia perché non potesse più commettere soprusi; lunedì lo stesso Mélenchon ha invocato l’ intervento immediato della polizia a Digione «per disarmare le gang». Le nuove scene di guerriglia urbana arrivano in un momento molto delicato, perché il movimento anti-razzista si fa sentire anche in Francia e mette sotto accusa l’operato della polizia, giudicata troppo violenta e aggressiva. Il ministro dell’Interno Christophe Castaner nei giorni scorsi ha promesso di punire «tutti i casi accertati di violenze o razzismo», provocando l’indignazione dei poliziotti che si sono sentiti abbandonati e hanno a loro volta manifestato gettando a terra le manette in molte città di Francia. Prima di rientrare in azione, di nuovo, ieri a Parigi contro i black bloc che usurpavano la manifestazione pacifica di medici e infermieri. Occupato a dibattere sul ruolo delle forze dell’ordine nella società, solo lunedì sera il governo ha inviato gli agenti speciali del RAID per riportare l’ordine a Digione. Ieri pomeriggio è arrivata anche Marine Le Pen, accolta dai petardi dei manifestanti e dai lacrimogeni della polizia: «Non si capisce se siamo nel Far West o a Bagdad», ha detto la leader del Rassemblement National, che il sindaco socialista François Rebsamen aveva poco prima dichiarato «persona non gradita».
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