Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 20/05/2020, a pag.25, con il titolo "Colonialismo e noia. Il Marocco visto da George Orwell" la recensione di Alessandro Gnocchi.
Alessandro Gnocchi
George Orwell
Ogni scritto di George Orwell ha qualcosa di sorprendente. I diari poi lasciano spesso interdetti. Il lettore de La fattoria degli animali odi 1984 si aspetterebbe illuminanti riflessioni, se non proprio una piena confessione autobiografica. Con qualche eccezione, non c'è nulla di tutto questo. Anzi, mano a mano che si procede negli anni, le annotazioni si fanno sempre più scheletriche e impersonali. Rimane il mistero dei diari sottratti di sovietici durante la guerra civile in Spagna. Nascosti in un archivio dell'NKVD, sarebbero riapparsi per un attimo alla metà degli anni Novanta, secondo la testimonianza dello storico Milos Kun, per poi tornare nei sotterranei e mai più riapparire, nonostante le ricerche di Peter Davison, curatore dell'opera completa di Orwell. Ora escono per la prima volta i Diari dal Marocco, a cura di Cecilia Mutti (in libreria da domani, Nuova Editrice Berti, pag. 144, euro 17). Orwell e la moglie Eileen (un personaggio tutto da scoprire) trascorrono un soggiorno di sei mesi in Marocco, dal settembre 1938 al marzo 1939. Orwell sta male, la tubercolosi inizia a piegarlo. Non si può dire che tra Orwell e il Marocco sia amore a prima e neppure a seconda vista. Il diario è zeppo di lamentele per il caldo, la noia, l'arretratezza del Paese africano. Ci sono rapidi passaggi sulla situazione politica, tutti hanno ben chiaro che ci sarà una guerra con la Germania nazista, ma tutto sommato non sono così preoccupati: ai francesi d'Africa non toccherà la prima linea, non subito almeno.
La copertina (Nuova Editrice Berti)
L'agricoltore Orwell, interessato a sistemi di irrigazione, prende nota più volentieri del numero di galline superstiti e del numero di uova prodotte (raramente più di tre al giorno). Allora dove risiede l'interesse dei diari? Beh, cambiano completamente aspetto nel momento in cui si mettano in relazione con quanto Orwell scrive sull'altro tavolo, quello riservato alla narrativa e al giornalismo. Questi appunti sparsi diventeranno Marrakech, opportunamente collocato in fondo al volume dei diari: un incredibile articolo pubblicato nel Natale del 1939 su New Writing. Davanti all'esercito di neri al servizio dei francesi, Orwell si chiede quanto ci metterà, quello stesso esercito, a puntare giustamente le baionette contro gli sfruttatori colonialisti. Facciamo ora un salto in avanti, e andiamo ai diari di Orwell del 1947 e 1948. Lo scrittore è a Jura, isole Ebridi. Orwell mostra alcune fissazioni singolari: dal numero di uova prodotto dalle galline fino alla presenza costante dei topi. Un esempio, 12 giugno 1947: «I ratti hanno aggredito a Ardlussa due bambini, come sempre hanno attaccato il viso». In quei giorni, Orwell sta lavorando come un pazzo al suo nuovo romanzo, il suo testamento, 1984, che all'epoca si intitolava L'ultimo uomo in Europa. La scena chiave? La tortura che attende il ribelle Winston Smith nella terribile stanza 101. Infilare la testa in una gabbia di topi.
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